Il rumore non è forte e nemmeno fastidioso, niente fragore o rimbombo, nessun assordante brontolio, solo un piccolo ronzio, quasi un grattare, anzi uno scavare...frrr, frrr, frrr. E’ appena percettibile, dentro il cranio. Un tarlo instancabile che scava piccole gallerie nella testa, gallerie che portano a delle immagini sempre più nitide: una canna che piega, la frizione che canta, una fuga violenta, un grosso barbo nel guadino. Un caleidoscopio di fotogrammi che compongono una sola parola, grande e luminosa, come un neon pubblicitario perennemente acceso nel cervello...Po Fishing. Non so nemmeno io perché succede eppure succede. Posso prendere le scoppole più umilianti e dolorose dal fiume ma il primo pensiero è sempre quello: tornare il prima possibile. Domenica sono state 9 ore con tre pesci, concentrati in soli 40’ e nemmeno grossi. Non certo una delle mie migliori performance eppure non vedevo l’ora di tornare, forse non è un tarlo, forse è masochismo. Ho resistito lunedì e martedì, ieri non ce l’ho fatta. Tutto rema contro: temperature tropicali, pochissime notizie di catture, sponda al sole, acqua piena di ogni genere di detriti. Ma il rumore non smetteva...frrr, frrr, frrr e sono andato. Poco prima delle 15 sto già caricando la macchina, sotto un sole da cammelli e con un caldo insopportabile. Solo sull’argine mi rendo conto veramente di cosa vuol dire canicola estiva. Lascio la macchina sotto le banchine, come al solito, zaino in spalla e via pedalare lunga la ripida salita a oltre 300 metri dallo spot. Ho messo pantaloni lunghi e scarponcini, il sentiero non dovrebbe essere battuto e potrei dover fare i conti con rovi e ortiche. E’ proprio così con l’aggiunta di nugoli d’insetti di ogni genere, per lo più emofagi. La prismata è come una pietra lavica bollente, i larghi sassi sono sotto il sole a picco dal primo mattino, ci si potrebbe cuocere un uovo. L’ombra arriverà fra un’oretta e io devo montare tutto. Quando finisco sono devastato, potrei impastare il mix all’aglio con il solo sudore e la borraccia termica porta un solo litro di acqua. Sembra di essere sotto una doccia, non tira una bava d’aria, il riflesso è accecante, l’afa soffocante, gli insetti più che fastidiosi e il pesce latita. Dopo un paio di ore ho finito l’acqua, coraggio Sergio devi solo farne altre tre. Alle 20,30 chiudo mestamente. Mi concedo un solo autoscatto mentre smonto, scelgo il guadino non a caso, è nuovo, pulito, asciutto e questo la dice lunga sull’esito della sessione. Tornare alla macchina è un delirio, non ricordo di essermi sentito mai tanto stanco e demoralizzato. A casa serve una birra e un’intera bottiglia d’acqua per reidratarmi, mangio solo un po’ di frutta, troppo stanco perfino per masticare. Una doccia e dritto a letto, nel rassicurante abbraccio del condizionatore. Non ci vado più, questa volta è l’ultima, basta sessioni alla cazzo di cane, me lo ripeto più volte. Gli occhi si chiudono con questa convinzione ma nella solitudine del buio il rumore ricomincia, sottile, insistente, inarrestabile...frrr, frrr, frrr, il tarlo ha ripreso a scavare.
Attached Image: DSCN1036