Ma che cazzo ci faccio qui...me lo chiedo mentre percorro in totale solitudine o quasi l’A14, sono le sei e zero zero di una semi soleggiata domenica mattina. Ho sonno, come al solito non ho dormito una sega, un penoso girarsi e rigirarsi nel letto aspettando Morfeo che non arriva e la vescica che balla la samba strizzata dalla tensione crescente. Il cruise control piazzato sui 125 Km/h e il sordo brontolio del diesel come unico sottofondo, manco la radio ho acceso. L’occhio ogni tanto cade sul display del navigatore, e quel 330 Km all’arrivo che sembra un muro insormontabile...ma che cazzo ci faccio qui...Poi la mente corre a quella foto, alle mail rassicuranti di Francesco, maledetti social network e maledette foto a colori, quel verde e oro che riempie il cuore e la voglia che sale, inversamente proporzionale ai chilometri che calano. La prima sosta è dopo Rimini, scelgo l’autogrill più sfigato dell’intera rete autostradale, ho fretta e non posso perdere tempo. Nel parcheggio due pullman pieni di anziani in gita, la coda al bagno è lunga, quella alla cassa di più...maledetti gratta e vinci, nel cappuccino una volta si intingeva il cornetto non il gratta e vinci. Salta la colazione, la pisciata la faccio al volo scansando un paio di ottantenni che non riescono a trovare la cerniera dei pantaloni. Sotto Pesaro il deserto e un cielo che promette niente di buono...cosa ho lasciato a casa? Rapido ripasso mentale: il dentifricio, le mutande di ricambio e l’attacco per l’ombrellone, alla grande Sergio...sei un genio.
Sono le 8 quando Francesco chiama: “Dove sei Se’?” - “Mi manca un’oretta Fran” - “Bene io intanto me sistemo”. Fuori dall’autostrada è un attimo, arrivo al lago in perfetto orario e alla prima occhiata passa quasi la voglia di pescare. E’ tutto un tuffo, un salto, una cacciata in 6 metri di acqua potabile punteggiata dagli erbai, uno spettacolo incorniciato dalle prime colline marchigiane, un quadro che varrebbe da solo il viaggio. Fran è già sul panchetto, saluti di rito, due dritte e mi sistemo pure io. Lo faccio lentamente, cercando di gestire l’adrenalina che sale e non trova sfogo. La linea e sui 24 metri,
un buco incastonato fra due profondi e fitti erbai, mi accorgo che mi tremano le mani mentre impasto la dolce al pesce e servono tre tentativi prima di prendere e tirare la linguetta del barattolo di mais alla fragola. Sono pronto, non clippo la linea, provo a gestire il lancio con il riflesso della piccola isola di fronte, Fran 30 metri a monte dice: “Eccola” a ogni pesce, al 5° “Eccola” la calma va a farsi fottere, ora devo solo pescare. Per un’oretta non vedo una coda, Fran ha fatto il fondo molto prima di me ma questo non giustifica la cosa. Sparo un paio di foto mentre cerco di ragionare sul da farsi,
la prima piega mi trova quasi impreparato ma la vista del pesce che riparte in 4 metri d’acqua fa scivolare via ogni dubbio insieme a tutti i residui della fatica del viaggio. Il secondo pesce è un rissoso grosso cavedano ma le mie catture sono infinitamente più basse di quelle di Francesco. Verso mezzogiorno le nuvole si aprono e il sole mi fornisce un primo indizio insieme agli occhiali antiriflesso. Sono troppo lungo, praticamente ho pescato nell’erbaio per le prime due ore. Mi accorcio cinque metri e rifaccio il fondo. Cambio zavorra ed esca, passo a un method tradizionale innescando una band-um bilanciata, e il fattaccio succede quasi subito. La mangiata è leggera, prolungata, calma. Il vettino dell’hardy piega più volte, in quella che sembra un po’ più lunga delle altre gli tiro. Il peso da subito è importante, non può essere una tinca. Mi viene incontro ubbidiente come un cagnolino al guinzaglio, quando aggalla lo fa di pancia e il cuore si ferma, jurassik fish ed io monto una linea dello 0,22 con un barbless del 12...Fran spara scatti a ripetizione, se scappa almeno abbiamo la piega.
Sotto riva lo storione si stanca di giocare e comincia a fare sul serio...cazzo Fran non mi avevi parlato di storioni. La canna di schiena ne ha, è la mia che comincia a ululare per la tensione e l’acido lattico. Il problema è anche come salparlo. Fortunatamente ho con me il Korum da barbi portato pensando alle carpe, ma è corto, maledettamente corto. Spiego a Fran la tecnica della presa per la coda e ci proviamo, al primo tentativo lo blocco ma appena il muso sente il guadino riparte e sembra un fuoribordo. Ci vogliono altri 10’ per riportarlo sotto e ogni volta che riparte in tanta acqua limpida è adrenalina pura. Al secondo tentativo sembra davvero cotto, passa la canna a Fran, io mi stendo sul pontile, gli faccio scivolare la mano sotto la pancia e lo riblocco a presa doppia, Fran è rapido, prova a girarsi ma ormai è tardi...15,400 e l’urlo al cielo che libera la tensione.
Torno in pesca appagato, cinque minuti e la piega stavolta è secca. E’ grossa, molto,e mi godo ogni secondo del combattimento e il mio nuovo PB. Fortuna vuole che anche Francesco usi la digitale quasi come la feeder rod, e le foto rendono giusto merito alla signora dalle labbra arancio.
Basterebbe questo e invece non è finita. L’approccio è ancora lento, sulla ferrata ancora un peso enorme, richiamo Fran...”Secondo me è uno storione anche questo” - “Ma stai a scherza’?” ..purtroppo ho ragione. Io non ho energie fisiche e soprattutto mentali per rifare tutto, passo la canna a Francesco che se la gioca alla grande mentre io vado di foto, almeno abbiamo le pieghe.
Intanto arriva anche Nando, non fa nemmeno in tempo a parcheggiare che Fran gli passa la canna, solo che Nando ha meno pippe di me...lo storione è già sotto ma non sembra intenzionato a collaborare, frizione chiusa e via di antiritorno...non mi dilungo oltre, dico solo che per un attimo ho temuto veramente per la mia Hardy.
La manovra stavolta è collaudata, al primo tentativo è dentro...17,200 e adesso possiamo anche parlare dell’affidabilità degli ami barbless.
Io sono stravolto, Fran ricomincia a macinare tinche, Nando si fa il giro del lago a sondare le profondità con un attrezzo geniale per trovare la postazione del giorno dopo, prima di andare un paio di pesci anche per lui nel tramonto che incendia il lago.
nel materassino finale il mio apporto di tinche è modesto ma la faccia dice tutto
A tavola mi rendo conto solo all’arrivo della porchetta di aver saltato la colazione e di aver pranzato con un pacchetto di crakers, alle tagliatelle perdiamo ogni parvenza umana e il testa a testa con Nando mi vede sconfitto, sull’abbacchio andiamo con le mani giusto per onorare la grigliata. Due grappe dopo sono in camera nella solitudine del letto, mi addormento subito abbracciando un cuscino che somiglia tanto a un grosso storione...Alle 6 del giorno dopo siamo nuovamente in pol position, appena fuori dal bar quando arriva il “buona pesca” della proprietaria...maledetta, ma oggi ci fa paura nulla! Alle 7,00 riparte il concerto dei feeder, il primo a bollare è Fran,
Nando lo segue a ruota. Io qualche pesce lo faccio ma pago ancora il gap della pastura non proprio dolce anche se quasi due chili di cavedano rendono meno amaro lo stacco abissale che sto prendendo dai due “mostri” a monte.
Quando mi decido a scroccare un chilo di rossa a Fran accenno a un piccolo recupero ma non si può anche solo sperare di tenere testa ai due fenomeni specie in acqua ferma. Qui occorre una precisione maniacale, le zone libere da erbai sono pochissime, serve individuarle, pasturarci e lanciarci dentro ad almeno venti metri con il disturbo del vento e piccole zavorre che non brillano per precisione. Per me che sono abituato alla corrente del Sile o alla profonda vastità del Po non è semplice. Nando poi è una vera bestia, ha messo il culo sul panchetto alle 7 e lo ha tolto alle 17 perchè costretto dalle foto. Il bello è che tiene una sorta di radiocronaca di quello che fa, commentando ad alta voce ogni modifica tecnico/tattica che apporta al suo modo di pescare, descrivendo inneschi, mangiate, combattimenti nel classico slang romanesco, insomma un Nando Martellini del feeder. Tu provi a stargli al passo ma quando monti la sua esca lui ne ha già cambiate altre due, tu fai una tinca lui ne fa mezza dozzina, un pò come farsi una nuotata con Phelps e sperare di tenergli dietro. Se poi ti piazza anche la fully scalled...
Fran invece è un bambino, nel senso che come un bambino vive e ama la pesca a 360° entusiasmandosi per tutto quello che alla pesca gira intorno. Nel primo pomeriggio, forse stanco di umiliarmi a tinche, si è messo a fare i persici sole usando la commercial come una fissa, poi, attirato dal movimento dei predatori, ha catturato alcune gambusie con il guadino, ne ha innescata una e dopo 5’ mi ha chiamato per portargli il guadino, in canna aveva questo....
ed io? Io ho cercato di districarmi fra la beatitudine di un paesaggio mozzafiato e la necessità di dare un senso ai 700 Km del viaggio, godendo come un mandrillo per ogni immagine regalata da combattimenti in un’acqua da piscina. A fine pomeriggio, con tanta pastura ancora nel secchio, ho tentato il colpaccio. Fondo pesante a fionda alla ricerca del big che salvi non dico la bilancia ma almeno l’onore. Non ci crederete ma è arrivato al secondo lancio, e stavolta con la DM River da 80 gr. ci ho messo solo 20’....quasi 16 chili per l’ultimo regalo del lago.
al secondo giorno un minimo di esperienza aiuta a presentarsi alla foto finale con un cestino onorevole
il confronto con le nasse dei due "mostri" è impietoso...
Affronto il viaggio di ritorno con il cuore più leggero, le emozioni sono conservate gelosamente nel cassetto più importante della memoria insieme all’impagabile compagnia dei due ragazzi romani. Negli occhi il colore delle tinche, sulle mani il ruvido contatto delle placche ossee degli storioni, nelle orecchie la voce di Nando a incitare continuamente la truppa in pesca...”Dajè rega”!!!
Edited by sergio62 - 15/4/2014, 15:06