Forum LIDI (Lega Italiana per la tutela dei Diritti degli Introversi)

Posts written by Arta-ud

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    ribadisco il fatto che neanch'io forse conosco la mia vera natura e che in parte mi rivedo nel ruolo di "estroverso sfigato"(o porta sfiga, magari), quindi non proverei mai compassione per loro - o per nessun altro - perchè non vorrei che qualcuno ne provasse per me. in generale mi danno fastidio le persone che compatiscono, come quelli che fanno volontariato senza ammettere di voler esaltare, con l'attività-operosità, la loro condizione di superiorità molto presunta. ci sono stati periodi in cui tendevo ad evitare le persone e a sfogarmi in modo irrazionale non appena ne avevo l'occasione. dopo mi sentivo molto male...altri periodi di relativo equilibrio in cui parlavo abbastanza poco, e nonostante la tendenza all'immalinconimento restavo abbastanza chiusa. conosco benissimo la sensazione di non sentirsi adeguati "fisicamente" e psichicamente e mi pare che qui si generalizzi un po' e in modo molto superficiale (tipico degli estroversi, no?). quando ero molto giovane mi è capitato anche di sentirmi "puntata" dal tipico emarginato del gruppo perchè il resto della classe/gruppo non lo voleva e di sentirne il peso, ma è una sensazione che mi sembra molto infantile o al massimo adolescenziale. con la persona che ci si "attacca come una cozza" forse identifichiamo l'incombenza di molte altre "non scelte". ho conosciuto delle persone, da me giudicate senza pietà come molto stupide o sempliciotte, che mi hanno etichettato come una che fa l'introversa perché le conviene, perchè altrimenti dovrebbe accettare il rifiuto altrui. però ci ho pensato, e se fosse vero. in un film giovanilistico sul brutto anatroccolo che diventa cigno per ottenere ciò che vuole si dice una frase non sugli introversi, ma sui secchioni/studiosi/amanti del sapere: si dice che pensano a quello perchè non possono avere il resto. ma se fosse il contrario? se pensassero al resto perchè non possono avere altro?
    non so se i tipi di cui si parla qui sono introversi estrovertiti o persone che restano emarginate per un motivo (e magari un buon motivo, come l'aver fatto del male agli altri).
    io so che amo la moderazione...anche se alcune situazioni hanno un po' acuito alcuni "angoli2 del mio carattere. so che mi piacerebbe avere uno o due amici veri, e non ne ho. ma anche che non potrei mai avere a che fare con troppe persone insieme nello stesso momento, e che le situazioni in cui mi sono trovata erano spesso impostate su questa modalità veloce/facile/spossante di conoscenza

    p.s. qualcuno mi ha detto che non posso non essere estroversa perché sono del segno del leone. qualcun'altro, che ancora più colpevolmente vede qualcosa di scientifico negli astri, ha però rettificato dicendo che bisognerebbe guardare anche l'ascendente...
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    chi adotta deve avere al massimo 45 anni di differenza con il bambino da adottare, e visto che ad adottare è sempre una coppia si deve considerare l'età del coniuge più vecchio. l'adozione è molto difficile oggi in Italia, sostanzialmente perché i bambini hanno quasi sempre delle famiglie d'origine e si cerca in tutti i modi, fino alla fine, di tutelare il loro benessere non separandoli dal nucleo d'appartenenza. però credo che da una parte ci sia molta burocrazia e che nel voler tutelare il diritto (non solo dei bambini ma anche dei genitori naturali, anche quando si sono dimostrati palesemente dannosi per i propri figli) si faccia passare molto tempo, tempo che il bambino trascorre spesso negli istituti. e poi certamente costruire un rapporto con un figlio che ha già un vissuto importante alle spalle è più difficile che farlo con un neonato...circa 30 anni fa capitava spesso che coppie molto ricche riuscissero ad ottenere facilmente adozioni ed era quasi una moda recarsi nei paesi più indigenti ed adottare bambini sfoggiati poi come trofei esotici. conosco due ex bambine adottate in quel periodo, certamente sottratte ad una vita di stenti ma probabilmente mai amate come un figlio biologico. in un altro caso a me vicino invece la bambina era italiana, e ho l'impressione che i genitori, pur desiderosi di allevarla ed amarla, non ci siano riusciti perchè culturalmente incapaci di costruire un vero rapporto filiale, condizionati dall'idea di "fare beneficenza"
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    credo che tu abbia ragione, non c'è una regola generale. ho letto anche ciò che scrivi nell'altro thread (in risposta all'infermiere che vorrebbe cambiare lavoro) e se potessi dire di conoscerti forse saresti l'unico laureato in psicologia non estroverso tra le mie conoscenze. parlo proprio di estroversione, e non di superficialità. poi certo, durante gli studi si cambia ma non credo che tu all'inizio avessi una personalità completamente diversa. quanto alle facoltà scientifiche bisogna vedere cosa si intende...ho conosciuto molti studenti di ingegneria e l'unica cosa da cui erano accomunati (a parte pochi casi eclatanti, quelli "geniali") era la sensazione di sentirsi vincenti rispetto agli altri per aver fatto la scelta giusta. alcuni di loro erano persone "tagliate con l'accetta", altri molto orientati verso la riflessione e il mondo interiore, ma anche spesso disinteressati a ciò che studiavano e al campo in cui avrebbero lavorato. uno di loro in particolare, che mi riforniva di film (io ho fatto il Dams e ne sapevo meno di lui, ma probabilmente i miei professori stessi ne sapevano molto poco) e talvolta musica, era uno che si camuffava abilmente in ambito lavorativo, fingendosi "amico di tutti" e calato nella quotidianità. non so dire se fosse un estroverso o un introverso, posso dire solo che era tutt'altro che superficiale ma aveva l'abilità di mostrarsi tale, di essere come la maggior parte delle persone in ogni ambito di studio e lavorativo
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    un tempo tendevo a pensarla più come Ivanovic, tant'è che consideravo una perdita il non aver avuto internet in età adolescenziale, epoca in cui ero inibita in modo quasi patologico (dopo il liceo lo sembravo già molto meno) e molto annoiata...il virtuale in un certo senso è reale, o meglio tendo a pensare che il reale non sia poi così esente da mascheramenti e camuffamenti. incontrare una persona per una volta, due o anche di più non significa necessariamente conoscerla e non significa non incorrere nel rischio di considerarla una propria proiezione mentale. il problema è che semplificando in internet ci sono due tipi di approcci: o ci si diverte inventando un personaggio (cosa di cui non credo di essere capace) o ci si apre completamente pensando che l'altro potrà accoglierci. ci si sente più forti, soprattutto perchè scrivere permette di pensare e controllarsi di più e il non vedere una faccia ci da l'impressione di poter essere molto più aperti (forse non è così per chi ha cominciato ad usare internet molto tardi, magari perchè costretto da contingenze lavorative). però noi non siamo solo quelle persone forti, disciplinate e capaci che scrivono. siamo anche inibiti, fragili, evitanti come nelle relazioni faccia a faccia. insomma, parlando virtualmente si ingigantiscono alcuni aspetti e se ne omettono altri, anche senza volerlo. poi, personalmente, credo che il conoscere dal vivo persone con cui si parla qui non sia auspicabile. dal vivo siamo diversi, ed è difficile sia per noi sia per chi ci incontra conciliare le due (o le mille) facce. quel senso illusorio di vicinanza si potrebbe disperdere e lasciare una grande amarezza
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    è stato un leit-motiv della mia vita. hanno smesso quando ho cominciato ad essere una "signora" per loro (commessi, impiegati delle poste, medici). l'ultimo è stato un dentista abbastanza giovane: si stupiva dei miei 26 anni (probabilmente solo perchè ero andata accompagnata da mia madre la prima volta) e mi chiamava addormentata e "nosferatu". l'estroverso simpaticone mi ha anche rovinato un dente, tra l'altro, perchè era uno di quelli che lavorano sia dentro la struttura ospedaliera che fuori e quindi non hanno abbastanza tempo.

    credo che continuare a dire ad una persona che è addormentata, triste, rimbambita, la uccida a poco a poco. ci vuole davvero molta fermezza interiore per riuscire a convincersi di non esserlo. magari si è delle persone molto vitali, ma se gli ostacoli e le frustrazioni esterne sono eccessive (in minima parte fanno anche bene, le frustrazioni) si smette di esserlo
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    hai ragione, il mio problema è anche l'essere molto prolissa quando si tratta di me. riassumo: vivo uno stato di malessere intenso da molti anni, forse da una decina (inconsapevole anche da prima) ed ho smesso di pensare che le cose si aggiusteranno, da sole o per la mia volontà. ora ho una figlia ed è difficile ammettere di star male comunque, e in un certo senso di aver aggiunto un ulteriore senso di inadeguatezza.

    sono stata da almeno 7-8 psicologi diversi, talvolta sono stata seguita da psichiatri che mi hanno prescritto cure farmacologiche. a 14-15 anni sono stata da una psicologa della usl che mi ascoltava senza dire assolutamente nulla, fino a che non mi sono sentita "svuotata" dall'inutilità di ciò che raccontavo. più o meno nello stesso periodo una psichiatra ha detto a me ed ai miei che ero perfettamente normale. a 18 anni sono stata da una psicologa un po' dura negli atteggiamenti ma concreta nei metodi, forse avrei dovuto proseguire. mi ricordo che avevo improntato con lei una sorta di terapia comportamentale per aggirare le mie difficoltà sociali.

    dopo pochi mesi dall'abbandono si sono presentati i problemi di sempre, anche più forti, ma ho deciso di cercare altrove un po' per vergogna e un po'per mancanza di disponibilità della stessa psicologa. tralascio i tentativi più malriusciti - alcuni addirittura comici e ne cito due
    -dai 21 ai 23 anni circa sono stata in un centro per disturbi alimentari, in cui ero seguita da un'equipe; mi trovavo abbastanza bene con lo psicologo ma forse con il senno di poi non mi aveva aiutato molto. ho interrotto per un periodo e al mio ritorno alcune delle persone non c'erano più, poi me ne sono andata per incapacità di seguire le regole e la dieta- mi sentivo sporca, indisciplinata e infantile e mi hanno fatto capire che con me toglievano tempo ai casi più gravi (quelli di anoressia)
    - dai dai 25 ai 27 sono stata da una psicologa molto soft nelì'approccio, con cui all'inizio mi trovavo bene. ho interrotto, stavolta dopo molto tempo, quando ho avuto la sensazione di essere in un periodo di stallo. ho poi ripreso dopo un anno, ma la lontananza e la sensazione di stare sempre peggio mi hanno fatto desistere
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    personalmente rivendico la possibilità di diventare madri/padri quando si vuole, quando si è pronti. non sono assolutamente attratta da quelle culture - retaggio del passato - in cui non avere avuto un figlio a 22 anni é ancora considerato un fallimento. poi c'è anche molta ignoranza in merito, ovvero: tecnicamente si può restare incinte dalla prima mestruazione, ma è vero che:a)i caratteri sessuali secondari e in parte anche la data della prima mestruazione sono più precoci che in passato, questo è dovuto in gran parte alla nostra alimentazione sovraccarica di ormoni; b) il nostro corpo deve aspettare qualche anno per assestarsi dopo il menarca; c) il benessere psicologico e la possibilità di crescere prima come persone non mi sembrano di secondaria importanza. nella cultura rom si celebrano matrimoni (combinati) tra ragazzi di 13 anni o anche più giovani, ma il loro (generalizzando) non mi pare un modus vivendi rispettoso nè dell'infanzia nè dell'adolescenza

    però sono d'accordo con chi sostiene che questa crescita psichica ottimale oggi si raggiunga in età troppo avanzata - o non si raggiunga affatto - , con chi dice che la sicurezza economica influisce moltissimo e soprattutto solidale con coloro che avrebbero voluto avere figli presto ma sono state costrette ad aspettare da circostanze avverse. se proprio devo espormi credo chel'età ideale per cominciare ad avere figli sia 26/27 anni, ma è un mio sentire personale e non pretendo d'imporlo ad altri

    il punto è: meglio essere genitori consapevoli o inconsapevoli? nei genitori giovani c'è solo genuino entusiasmo, vitalità o anche volontà di uniformarsi o opporsi ad un modello sociale dominante? per fare un esempio: quelli che avendo un figlio in giovane età si uniformano sono quelli che lo fanno perché così hanno fatto i loro genitori, perché la vedono come l'unica forma di realizzazione possibile - soprattutto per le donne - o perché appartengono a culture ancora molto ancorate alla tradizione (come alcuni immigrati). poi ci sono quelli che lo fanno in modo oppositivo...mi viene in mente un film che ho visto di recente, in cui in un paesino francese una teenager rimane incinta e tutte le compagne decidono di fare lo stesso (il titolo è 17 ragazze) per accompagnarla nell'esperienza ma anche per sfidare il perbenismo del loro ambiente un po' provinciale, nonchè per riappropriarsi del proprio corpo in una maniera insolita-. le motivazioni sono certamente originali, ma non credo che siano più nobili di quelle della 40enne che sente la sua vita "mancante" di qualcosa.
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    è molto interessante quel che dici, e in un certo senso mi porta a rivedere i miei tanti pregiudizi sul mondo della vendita - e sull'inquinamento del marketing anche in settori che dovrebbero essere dominati da altro - e in fondo l'ho pensato anch'io. anni fa ho fatto un giorno di prova in un callcenter
    e mi sono stupita di quanto una persona, per me molto sgradevole nel modo di porsi e dotata di una voce terribile - riuscisse ad avere buoni esiti nella vendita del prodotto. e se avesse trovato dall'altra parte del ricevitore solo persone simili a me? forse si sarebbero sentite toccate dalla sua aggressività e avrebbero tentato di chiudere rapidamente, magari, paradossalmente, concedendole l'appuntamento (ma credo solo in una minoranza dei casi). forse però come dici tu la differenza sta nel prodotto: tu vendi qualcosa che ritieni un buon prodotto, qualcosa in cui "credi". in quel caso si tentava di convincere utenti telefonici a ritornare ad un vecchio gestore dopo averlo cambiato con un'offerta non esattamente vantaggiosissima, insomma una mezza truffa come quasi sempre accade
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    ad un introverso che deve scegliere cosa studiare consiglierei di certo una facoltà scientifica, forse perché come ha scritto qualcuno consente di incanalare in modo ordinato un mondo impulsivo e disordinato, ma soprattutto per motivi di ordine pratico. infatti, a differenza di quanto si pensi, accade soprattutto nel nostro paese - e forse anche altrove - che le facoltà scientifiche siano considerate le uniche serie e in grado di formare per una vita futura - lavoro, ma forse non solo. inoltre studiare materie scientifiche ti ancora maggiormente ai risultati, non c'è quel "filtro affettivo"che può condizionare sia gli studi sia il dopo, o almeno è molto meno influente. paradossalmente, proprio perché siamo un paese di "santi, navigatori, e poeti" tutto ciò che è legato all'arte e alla cultura è considerato appannaggio di tutti, non occorre essere formati per occuparsene, e credo che questo pensiero svilisca tremendamente queste discipline. gli estroversi hanno delle risorse psicologiche in più per affrontare la nebulosità del "dopo"o talvolta per supplire a capacità scarse con empatia sociale.

    detto questo, mi è capitato spesso di conoscere studenti di psicologia e di trovarli un po' superficiali, accentratori, e molto propensi alla banale categorizzazione delle persone. teoricamente dovrebbe essere una materia interessante per persone molto sfaccettate e introspettive, e invece ho la sensazione che molti la scelgano per incasellare con facilità il mondo che li circonda
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    CITAZIONE (PedroFighter_92 @ 29/4/2012, 14:47) 
    Non intendevo offendere nessuno dei due sessi con queste considerazioni. Biologicamente parlando, è un dato di fatto. Maschi e femmine delle specie più evolute hanno indole e psicologia diversa. Ciò dipende dalla funzione se così vogliamo chiamarla, che ciascuno ha in natura. La femmina è generalmente specializzata nella cura della prole e ha una forte sensibilità ai cosiddetti caratteri infantili, nonché di conseguenza un forte istinto materno e sensibilità ed empatia in genere superiori agli uomini. Nei maschi così come prova la struttura fisica in genere più possente la funzione biologica è la lotta e la difesa del proprio territorio nonché di prole e famiglia. Nelle lotte per l'accoppiamento l'aggressività dei maschi di molte specie è più che evidente. Aggressività insita geneticamente e scatenata anche dagli elevati livelli di testosterone. La prova? Un disturbo simile alla sindrome di Klinefelter, con cariotipo XYY. L'incidenza di questa sindrome si è rivelata sorprendentemente alta nelle carceri.

    Riassumendo dunque un cromosoma X in più conferisce indole più docile ed empatia. Uno Y accentua l'aggressività e l'impulsività. E' chiaro che non è detto che ciò sia vero in tutti i casi ma è molto frequente. Io stesso ho constatato di avere una sorta di adorazione per i bambini, di adorare ciò che e' dolce, romantico e fatto col cuore e avere persino un pizzico di vanità.

    il biologo sei tu, quindi non metto in dubbio tutto ciò che dici. però negli ultimi anni mi sono convinta che c'è molto di "culturale" anche in ciò che apparentemente non lo è. anche se statisticamente la maggior parte delle donne e degli uomini presentano quelle caratteristiche che hai elencato, la cosa deleteria è considerare queste
    "prevalenze" una regola, da imporre anche alle minoranze che non le presentano. è un po' come per la minoranza degli introversi: non si accetta che si possa avere un'indole diversa, quindi quelle persone considerate "strane" ne patiranno per sempre le conseguenze. l'educazione poi è sessuata fin dall'inizio, ed essendo noi esseri più evoluti - anche più di molti primati che condividono con noi gran parte del patrimonio genetico - siamo molto condizionati dall'educazione ricevuta. quanto all'istinto materno, ho sottolineato quel punto proprio perchè lo sperimento su me stessa: non esiste un vero e proprio istinto materno, ma la costruzione di un rapporto che per le madri è molto più simbiotico che per i padri, un po' per natura- li portiamo dentro e il rapporto si forma già nei 9 mesi precedenti la nascita - , un po' perchè sono queste le sollecitazioni che riceviamo dall'esterno. ho letto che da uno studio risulterebbe che un campione di persone diverse per età, sesso e condizione sociale, messe di fronte alle foto di bambini piccoli, sarebbero ugualmente sollecitate in una determinata area del cervello che manifesterebbe l'associazione dei tratti infantili ad una sensazione piacevole. la cosa strana è che questa sollecitazione sembrerebbe esserci anche in quelle persone che dichiarano assoluta indifferenza per i bambini e nessun desiderio di avere figli, sia uomini che donne.

    scusa l'ot. la cosa che mi incuriosisce è se la tua condizione - a me del tutto sconosciuta fin'ora - ti ha mai fatto soffrire. personalmente ho sempre trovato esteticamente piacevoli i tratti femminili in un uomo, mentre devo ammettere che ho una certa idiosincrasia per le voci molto acute - anche se voci di donna
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    non riesco a leggere. la mancanza di capacità di concentrazione e l'impossibilità di approfondire mi negano il resto, ed è forse per questo che sono una voyeur occasionale su questo sito, scoperto grazie ad una ragazza incontrata su un'altro forum. non so dove sia cominciata la mia disaffezione per la lettura - intesa proprio come atto fisico, tant'è che spesso tento di recuperare ascoltando i libri letti da una voce metallica - forse da quando ho scoperto che non riuscivo a leggere abbastanza in poco tempo, e che quindi le mie curiosità sarebbero rimaste sempre inappagate.

    sono iscritta da qualche anno ma non ho mai partecipato ad incontri e conferenze per pigrizia e mancanza d'organizzazione, ma nel frattempo accorgerndomi di stare male mi sono rivolta ad un'analista con la quale avevo già interrotto una terapia.
    non so se definirmi introversa, forse non lo sono. da bambina molto piccola ero certamente estroversa, almeno a detta dei miei parenti più prossimi che esaltano la caratteristica come auspicabile e irrinunciabile. poi forse, complice qualche piccolo "trauma" o semplicemente un'evoluzione della personalità, sono diventata introversa, o forse timida, o forse ancora sociofobica. con il tempo stavo imparando ad accettarmi così, oserei quasi dire che le persone con caratteristiche introrverse mi piacevano di più e anch'io mi piacevo di più. quando parlavo poco e gli altri mi vedevano anormale mi offendevo per questo, ma stavo meglio. ora parlo molto e mi capita di sfogarmi con chi non devo, ma non mi sento più io. la cosa buffa è che più la gente sembra accorgersi del miglioramento della mia personalità più la mia angoscia diventa profonda. del resto, come dice l'utente che ha aperto il thread provocatorio, qui ci si "piange addosso". per noi non è così, ma lo è per il 90% circa di chi ci circonda, quindi cosa importa?

    Insomma, anche se forse non posso definirmi introvesrsa mi rivedo quai in ognuno dei thread postati qui, e in varie aree, soprattutto questa, perchè in fondo io sembro essere "un disturbo", e qualcuno crede che in tale ammissione ci sia una sorta di autocompiacimento. beh, forse è stato vero ma avrei fatto volentieri a meno di tale compiacimento in cambio di una vita più piena.
    Per fare alcuni esempi: bulimia, depressione cronicizzata - al contrario dell'utente che ne parla non ci ho mai convissuto bene, credo che sia d'aiuto se temporanea ma insopportabile se eterna, la sensazione di non aver avuto scelte - poche occasioni ovviamente mai colte. Il piatto "dolce" è quella condizione che superficaialmente potremmo chiaamre depressione post partum. Perchè oltre ad accumulare complicazioni e angosce l'anno scorso sono rimasta incinta. All'inizio ero disperata, nonostante all'esterno fossi apparentemente serena per il lavoro - precario, potenzialmente rinnovabile ogni anno - appena trovato e per l'età "giusta", non ancora troppo avanzata. In realtà mi sentivo e in parte mi sento una bambina smarrita, e l'accettare la mia nuova condizione è stato lento e faticoso, con la sensazione di aver fatto la scelta più egoista e inconsapevole sempre in agguato. Quando ero ancora nella fase sognante della vita la possibilità di avere un figlio mi sembrava potenzialmente piena di gioie, la cosa più bella - ma mai l'unica. Poi qualche anno fa ho visto diventare madri alcune conoscenze poco più grandi di me, ed ho cominciato a vedere concretamente tutti gli aspetti negativi. In un certo senso diventare madre è stata una concessione, forse un po' infantile, al sogno adolescenziale, a quell'indefinitezza in cui mi immaginavo una persona nuova, una persona che non sono riuscita a diventare. Ora la mancanza di tempo è sempre più incalzante, e recuperare quello che non ho avuto è impossibile ma per questo più inaccettabile. L'avere la mia bambina non mi ha lasciata fredda, nonostante la stanchezza e la disperaizone di alcuni momenti, ma mi rendo conto che l'amore che avrei potuto darle sarebbe stato più pieno, e soprattutto che non posso vederla crescere e non posso aiutarla a farlo - io non l'ho fatto. Negli anni ho tentato più volte di farmi aiutare, e in parte attribuisco a me stessa il fallimento delle terapie, per la poca costanza e la sensazione illusoria di essere guarita. A volte però provo rabbia per quelle persone che mi hanno seguito, perchè non mi hanno spinto ad agire, a cambiare anche solo esternamente per ottenere giovamenti sullo stato interno delle cose.

    Ora, spesso, mi alzo la mattina sperando che il tempo si fermi per un po', che gli altri restino addormentati. Quando lei si sveglia mi sorride, e non poter rispondere sinceramente a quei sorrisi è la cosa più terribile. Non si può raccontare, perchè chiunque mi veda dal di fuori è convinto che la sua sola presenza dovrebbe spazzar via il resto. Ma non è così, e in fondo non voglio che lo sia - anche se, contraddicendomi, vorrei vivere almeno questa prima fase più intensamente, e non esser eun problema per mia figlia - perchè il "resto" sono io e ancora non riesco a cancellarmi.

    quello che cerco non è qualcuno con cui parlare - tipico della maggior parte delle terapie- ma qualcuno che mi aiuti a vivere il poco tempo che resta, anche se sarà poco. so che una personalità non si "corregge", ma forse ho ancora linfantile illusione che si possa stare un po' meglio di così
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    al di là del fatto di non poter definire con certezza se un cosiddetto "vip" sia introverso o meno (in un video postato qui ho scoperto, con stupore, che tra gli introversi famosi sono annoverati C.Aguilera e D. Letterman) avete citato Matteo Renzi. ebbene, secondo me ha poca importanza la sua azione singola - la visita ad Arcore - quanto la sua personalità che molto probabilmente lo classifica tra gli estroversi. non so se lo sia nel privato, ma il renzi "pubblico" è un personaggio estroverso. La politica oggi è fatta solo da personaggi simili, e trovo sia molto desolante non perchè un introverso sia necessariamente migliore, ma perchè l'estroversione e la capacità di vendersi in un pacchetto tutto compreso accattivante sovrastano qualsiasi dote o strategia politica. Renzi è uno che si vanta di essersi fatto da solo (io ci credo poco ma fin'ora non ho rintracciato raccomandazioni eclatanti nel suo caso), ma la sua modalità espressiva non è affatto originale e pagherebbe pegno a molte decadi di corruzione, false promesse, esibizionismo sfrenato. In questo sarebbe proprio un figlio del Berlusconismo, e a ben guardare anche nelle idee (il suo programma in 100 punti è stato confezionato a 4 mani con Giorgio Gori, noto azionista di _Mediaset). Scusate l'OT. Per quanto riguarda Travaglio, forse è proprio questa sua aura da santone e le schiere di "fan" improponibili che attira a renderlo meno forte di quanto potrebbe essere. Almeno ai miei occhi
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    elisabet, hai ragione anche tu...del resto anch'io sono rinunciataria per natura e non mi imbarcherei mai in un discorso che non porti da nessuna parte
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    sono entrata in questa discussione perchè interessata dalla questione...in particolare trovo interessante il punto in cui si rifiuta l'amore a pagamento non perchè, come direbbero molti loschi figuri e disonesti intellettualmente oggi, si è moralisti, ma per il semplice e fisiologico motivo che non si riesce ad andare con qualcuno che non solo non ci ama, ma non ci desidera (anche se è stato/a istruito/a a fingere a riguardo). trovo altresì condivisibile, anche se estrema, la sensazione di "perdersi" nell'innamoramento. cadere, dicono gli inglesi. io per me avrei desiderato una vita diversa da quella che ho avuto, sentimentalmente parlando, ma proprio la mia natura me l'ha impedito. non ho mai sognato l'amore assoluto, unico, nè tantomeno matrimoni e abiti bianchi, eppure ho avuto una relazione lunghissima e ci sono quasi arrivata, anche se con un amore non "classico", assoluto e annullante. ho paura dell'annullamento della persona, spesso identificata con la parte femminile della coppia: ma io in realtà vedo in giro maschi e femmine che si annullano, che si fondono o tentano di fondersi. il sesso è un'altra cosa: non so cosa significhi quello senza coinvolgimento e legami (che non coincidono con quell'amore idealizzato di cui sopra, non sempre), ho quasi paura che non possa esistere. il mio ideale sarebbe il sesso con un coinvolgimento "moderato", una specie di amicizia in cui non ci si sente necessariamente tutti i giorni e non si condividono progetti a lungo termine. il problema è che per me, anche da più giovane, è sempre stata un mistero l'interazione tra esseri umani, e non solo a scopo sessuale. per me è un mistero anche come si fa amicizia e come si intrattengono normali relazioni formali...in questo senso ovviamente non ho consigli da dare al ragazzo/uomo che scrive, ma credo anch'io che se si è liberi e relativamente giovani internet possa costituire una risorsa. con molti rischi, ma tentare approcci
    dal vivo la vedo molto più dura.
    concludo dicendo che le prime risposte all'utente in questione le ho trovate desolanti, offensive e di una pochezza sconcertante. tendo a solidarizzare con gli introversi, soprattutto se patologici, ma leggere in questo particolare momento storico di maschi - dire uomini sarebbe troppo - convinti che le donne cerchino il principe azzurro, e che dichiararsi antifemminista sia vincente (femminismo non è una parolaccia: è un insieme di teorie, pensieri e riflessioni lontano dal "credo" dogmatico di una religione, ed è quanto mai necessario in un'epoca e in un paese dove esiste una falsa parità che impedisce di conquistare quella vera) mi fa trincerare nel mio necessario razzismo ancora una volta. per non parlare dell'affermazione secondo cui una prostituta sarebbe più interessante di una donna comune, come se le prostitute condividessero con i clienti i loro interessi e la loro interiorità...se ci credete siete completamente scemi. mi stupisco come in questa discussione siano intervenute donne e non abbiano risposto minimamente a queste assurdità.
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    non sei stato affatto rude ma non sono molto d'accordo, soprattutto sull'ultimo punto: già provate le agenzie interinali.

    hai detto bene: probabilmente le aziende con lavoratori ignoranti e incapaci "non vanno avanti". sono abbastanza convinta che spesso l'ignoranza e la superficialità di capi e selezionatori tenda a premiare "chi sa fingere" di essere competente, questo accade fin dal colloquio. in questo modo molte delle persone assunte non si dimostreranno all'altezza delle aspettative, faranno del bene a se stessi ma non all'azienda, e di lì tante piccole crepe fino al fallimento.

    saranno almeno 4-5 anni che non idealizzo il mondo del lavoro, anzi, credo che una parvenza di felicità si possa trovare solo fuori. sul colloquio "obbligatorio" continuo a pensarla così. infatti non solo non mi sento ignorante, ma trovo addirittura ridicola la pretesa di chi, per lavori assolutamente non qualificati, si permette di guardare dall'alto in basso chi ha davanti (nella maggior parte dei casi più appari "preparato" più sei inadatto) e addirittura di "scegliere". odio l'ipocrisia del "cercasi persone serie e affidabili" quando poi, nei fatti, si perdono mesi per trovare qualcuno con cui si cerca un'improbabile empatia - tu dici che non si da importanza alla simpatia o alla personalità intima del candidato ma ad un'eventuale produttività, ma evidentemente se si fanno certe domande si tende a definire l'altro da ogni punto di vista. una faccia "allegra" è identificata, paradossalmente e cretinamente, con la produttività.
    mi dispiace ma preferirei un criterio di selezione automatizzato
25 replies since 4/12/2009
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