Il Mondo di Aresian

Posts written by * Lady Violet *

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    Per il logo si ringrazia sentitamente GioTanner.

    Capitolo 15 - La lama a doppio taglio del destino



    “Mia Signora, ve ne prego non potete andare in giro da sola. Non conoscete ancora i luoghi del vostro regno” disse Saga non appena raggiunta Nefertari che, a dire il vero, non è che si fosse allontanata di molto. La musica che tanto l’aveva incuriosita era cessata di colpo e lei ora osservava, gli occhi sgranati, una desolata landa di ghiaccio e solo grida di terrore e tormento giungevano ora alle sue orecchie. Spaventata, si portò entrambe le mani alla testa, non voleva poter sentire. Era talmente atterrita che non protestò quando lo specter, con un gesto reverente, le porse la mano per scortarla nuovamente all’interno del palazzo. Il volto pallido, cinereo, la giovane lo seguì, lo sguardo basso a fissare il terreno così che non potè vedere il lampo di vivida disapprovazione che attraversò le nere iridi di Lady Pandora, ma potè notarlo l’ex Saint di Gemini. Quella donna poteva diventare pericolosa, per sé e per i suoi piani.
    “Perdonate, Lady Pandora, credo che la nostra Regina abbia bisogno di riposo, ora” disse in tono sommesso ma lo sguardo azzurro era fermo e determinato. Con un secco cenno del capo la mora annuì non prima di avere sibilato un “Attento a non tirare troppo la corda, morto che cammina”. Saga parve ignorare l’esplicita minaccia ma Nefertari, seppur scombussolata, si rese conto che tra i due, come si suol dire, non correva buon sangue. Avrebbe potuto trarne qualche vantaggio? Al momento si sentiva solo sull’orlo del baratro della disperazione più nera.
    Una volta nell’ampia stanza, che fungeva da anticamera, la giovane si aspettava che lo specter si allontanasse in silenzio invece lo vide chiudere il battente e inginocchiarsi al suo cospetto.
    Per un attimo Nefertari rimase spiazzata da quel gesto. Chissà perché, nell’intimo, era convinta che una volta rimasti soli lui avrebbe gettato la maschera del compito suddito per mostrare il suo volto malvagio, quello che aveva anche troppo bene conosciuto al Grande Tempio, ma rimase turbata dalle sue parole. “Ve ne supplico, mia Signora. Prestate molta attenzione a come agite e vi muovete in presenza di Lady Pandora e degli specters a lei fedeli. E’ una donna molto potente in Ade, la Sacerdotessa di Hades stesso. In qualità di Moglie del Signore degli Inferi le siete superiore ma il cosmo non si è ancora risvegliato in Voi e siete esposta a pericoli. Non tutti in Ade possono vedere di buon occhio il ricongiungimento del loro signore con la sposa del mito” disse in tono basso e pacato, ma non per questo meno incisivo. “E tu da quale parte stai, Saga?” chiese in tono tagliente. Non poteva certo dimenticare il male che le aveva arrecato. Se con gli altri si trovava in difficoltà a dialogare, impaurita e confusa, per paradosso con lui poteva essere se stessa.
    “La mia vita appartiene ad Hades e potrà durare, il battito d’ala di un colibrì come l’eternità, a suo piacimento ed ho giurato che l’avrei messa interamente al servizio della Vostra persona” disse senza sottrarsi al suo sguardo scettico ed accusatorio. Per un attimo la fanciulla fu attraversata dal dubbio.
    “Potrei farti giustiziare” disse, consapevole che per quanto lo odiasse non sarebbe mai arrivata a tanto ma voleva provocarlo, voleva provare a capire. “Se è questo che desiderate, obbedirò” fu l’inaspettata risposta. Sgomenta lesse in quelle iridi di cobalto, prive di malizia o di scherno, che stava dicendo la verità. “Io… “ iniziò a dire sempre più confusa. Sembrava che il mondo avesse improvvisamente iniziato a girare alla rovescia.
    “Permettetemi di spiegare, mia Signora. Io ero presente e consapevole di tutti gli atti compiuti dal mio alterego, in vita, e so che sono stati essi a bloccare il Vostro cosmo rendendovi una vulnerabile umana. Arles, il mio “lato oscuro”, voleva dominarvi per avere il dominio di Ade quando ha avuto la consapevolezza che ciò non sarebbe stato possibile ha ordinato la vostra morte. Voi siete nata sotto le influenze delle stelle, e il vostro segno e il medesimo di cui sono stato custode. Anche se può sembrarvi impossibile le stelle di Gemini vi hanno protetta allora come vi proteggono ancora adesso, qui, in questo luogo. Io sono il loro tramite e sono pronto anche a subire privazioni, punizioni, combattere in vostro nome se questo può essere d’aiuto affinchè ritroviate voi stessa. Dovete capire che Voi … siete la divina Persefone”. Davanti a quelle parole la giovane vacillò. No, non voleva sentirsi dire che in lei dimorava una divinità perché per lei quella era una condanna atroce, significava dover rinunciare al suo amato Shaka per sempre. “No, non è vero. Stai mentendo” disse con la voce strozzata dal pianto, appoggiandosi ad un elegante tavolino rotondo di ebano intarsiato.
    “Mia Signora …” il tono dello specter era sommesso e preoccupato. Si era alzato in piedi e si era avvicinato pronto a sorreggerla, temendo che potesse perdere i sensi. “Stai lontano da me” ebbe comunque la prontezza di spirito di dire la giovane, levando una mano per allontanarlo, ma non fu necessario. Bastò l’ordine a bloccarlo sul posto. “So che soffrite per ciò che credete il vostro unico amore, quello terreno, quello che appartiene all’umana Nefertari ma nel momento in cui il vostro vero IO si ridesterà non ricorderete minimamente quanto accaduto e il dolore che ora provate, per quella che credete una crudele separazione, svanirà e proverete solo la gioia di avere ritrovato il Sommo Hades. Vorrei tutto ciò potesse non essere così straziante per Voi. Ditemi come posso alleviare la vostra sofferenza e lo farò” il tono di Saga era pregno di preoccupazione, a tal punto che Nefertari iniziò a provare l’agghiacciante sospetto che quanto tutti, in quel dannato luogo, le stavano dicendo corrispondesse a verità.
    “Shaka… lui… lo hai colpito” disse poi in tono d’accusa mentre gli occhi si riempivano di lacrime. Comprendendo cosa la stesse angustiando, in quel momento, le rispose con sicurezza. “Il Cavaliere di Virgo non è guerriero facile alla sconfitta. Se ciò che vi preoccupa è la sua salute, rassicuratevi. Egli è vivo, tuttavia non è prudente per voi continuare a manifestare tanto interesse per qualcuno che qui in Ade è considerato un acerrimo nemico…” si bloccò di colpo quando percepì il cosmo di Hades avvicinarsi. Pochi istanti dopo la porta si aprì lasciando passare il Signore degli Inferi, i neri capelli fluenti sulle spalle e le iridi scure fisse sul volto di Nefertari.
    “Le stanze sono di tuo gradimento?” chiese in tono gentile sondando l’espressione terrea della giovane i cui occhi neri sembravano due pozze di disperazione. “Io…” per Athena, sentiva di essere sull’orlo di una crisi isterica ma le parole di Saga, l’avvertimento che le aveva rivolto, le fecero mantenere quel minimo di sangue freddo necessario a dare una risposta “Non sono abituata a … ecco…” iniziò a balbettare insicura, salvo percepire nuovamente una strana sensazione di quiete che lentamente placò i suoi timori.
    Saga era rimasto in silenzio ad osservare la scena, prono innanzi ai due “Puoi andare” venne tuttavia congedato, senza che Hades lo degnasse di un solo sguardo. Nefertari, tuttavia, potè leggere nelle iridi azzurre dello specter un ammonimento. Quando quest’ultimo, obbedendo al comando, si allontanò lasciandoli soli la giovane rimase a fissare il volto cesellato e senza tempo dell’uomo, anzi della Divinità, che le sostava di fronte.
    “Hai l’aria stanca” interloquì a quel punto Hades, facendole cenno di sedersi sulla sedia che aveva accanto imitandola immediatamente pur se avendo cura di non sfiorarla. Una ruga di preoccupazione solcò la sua fronte. Aveva sperato così ardentemente che lei lo riconoscesse, che potessero subito ricongiursi anima e corpo ma era palese lo stato confusionale della ragazza. Avrebbe dovuto essere molto paziente con lei. “Parlami un po’ di te, ti va? Conosco così poco della tua vita umana ed ora essa è dominante in te” le suggerì poi, appoggiandosi contro la spalliera della sedia damascata, facendole un gentile cenno con la mano, un invito ad aprire un dialogo con lui. Nefertari si morse nervosamente le labbra, che fare? Cosa dire? Eppure non si sentiva minacciata da lui, nulla nella sua figura pareva disposto ad incuterle timore. Suo malgrado, sperando che si accontentasse solo del dialogo, narrò brevemente, e in modo alcquanto lacunoso e confuso, la sua vita all’orfanotrofio e come il Saint dei Ghiacci l’avesse salvata. A quel ricordo una solitaria lacrima scese sul suo volto bellissimo. Hades, con un gesto delicato e per nulla affrettato levò la mano verso il suo viso, vedendola sussultare, per poi asciugare quella perlacea gemma con un dito, in un brevissimo contatto che suo malgrado la giovane non riuscì a trovare spiacevole.
    Hades non si trattenne molto, non voleva stancarla le spiegò. Quel rituale si consumò anche nei giorni successivi. Per una mezz’ora, due volte al giorno, il Sommo Signore degli Inferi si recava da lei in visita sincerandosi di persona che nulla le mancasse. Peccato che la cosa che lei agognasse di più fosse la libertà e tornare da Shaka.


    Un gemito sommesso, di dolore, sfuggì dalle labbra del ragazzo. Tutta colpa di una ferita alla spalla che non si era ancora rimarginata. Gli occhi adombrati di sofferenza puntati sulla maschera d’argento della guerriera che, impietosamente, da tre giorni gli dava il tormento. Nina aveva deciso di “sfogare” su di lui la frustrazione e la rabbia per avere fallito il suo compito in India, per non essere stata capace di preservare la sicurezza di Nefertari. Da dietro la maschera le iridi della ragazza traboccavano di rabbia repressa. Lo aveva colpito un paio di volte, mentre questi giaceva legato e malconcio sul pavimento della spartana abitazione.
    “Facile colpire un uomo inerme. Sei solo una codarda, slegami e permettimi di difendermi o hai paura di perdere?” provò a provocarla Pavone, spavaldo. Parole che colsero nel segno. C’erano due cose che detestava, anzi tre. Essere considerata una donna debole e indifesa, una guerriera codarda e fallire le missioni che gli venivano assegnate e Pavone era lì davanti a ricordarle la quintessenza di tutto ciò. “Ma per chi mi hai preso?” sbottò stizzita slegandolo di malo modo, mettendo subito distanza “Guarda, ti concedo pure di fare la prima mossa così non piagnucolerai troppo quando sarai al tappeto”. Le parole della Sacerdotessa grondavano sarcasmo, ereditato dal proprio maestro, e che lasciavano già intendere quale sarebbe stato l’esito dello scontro. In fondo le prime schermaglie le diedero ragione. Pavone era scoordinato e prevedibile, forse la prigionia e le ferite lo indebolivano ma Nina non rinunciò a deriderlo per la sua incapacità palese di tenerle testa. Nonostante questo pur colpendolo duramente, evitò accuratamente di recargli ferite mortali o di aggravare troppo le sue condizioni o avrebbe rischiato di venire meno all’ordine di Athena. “Non c’è che dire, sei un giocattolo divertente” rincarò la dose all’ennesimo colpo inflitto. Il giovane, umiliato, perse completamente la pazienza. Aveva il suo orgoglio e non le avrebbe permesso di umiliarlo ancora, avrebbe fatto in modo che lo considerasse un avversario vero non un pungiball. Approfittando di un attimo di distrazione della ragazza la colpì all’addome, sorprendendola. Nina perse l’equilibrio e ricadde all’indietro. Non si accorse, la giovane, nella foga del duello, che la maschera si era incrinata e quando si volse a cercare il volto dell’avversario la medesima cadde a terra mostrando il suo viso. Istintivamente cercò di ripararsi con il braccio, non poteva permettere che lo specter riuscisse a vedere pienamente il suo volto e non era una questione di mero orgoglio ma una legge di Athena. Stranamente Pavone volse altrove lo sguardo dicendole in tono piatto “Rimettitela” lasciandola decisamente interdetta. Sembrava che qualche rimasuglio dell’onore dei Cavalieri del Grande Tempio fosse rimasto nel giovane specter. Non capiva, perché allora giurare fedeltà ad Hades, solo per tornare a vivere? “Perché avete deciso di accompagnare Hades, di giurare a lui fedeltà?” chiese in tono inquisitorio mentre afferrata la maschera la indossava nuovamente e balzava contro l’avversario gettandolo a terra e serrando le mani intorno al suo collo.
    “Se ci aveste dato una mano avremmo potuto salvare Nefertari dal Rapimento” disse in tono rabbioso.
    Pavone tentò di liberarsi dalla sua presa mentre bofonchiava una risposta “Sei un’illusa. Come pensi avremmo potuto affrontare un ex Gold Saint e un Giudice degli Inferi, senza contare Hades. Ti credi così forte da poter fronteggiare un Dio? E lasciami respirare!” riuscì a dire a stento, stava soffocando. Rendendosi conto che lo stava strangolando, la giovane allentò la presa e prontamente gli rispose “Non sono scema, certo che no ma mi sarei aspettata un minimo di collaborazione da qualcuno che diceva di amare la giovane. Forse hai accettato l’offerta di Hades perché ti rode che a lei, di te, non importasse niente. Del resto avendo Shaka cosa se ne sarebbe fatto di una nullità tuo pari?”.
    Parole dure, volte a ferire che raggiunsero appieno lo scopo. Al ragazzo dava ancora molto fastidio il sentirsi rinfacciare ciò che aveva provato per Nefertari e il solo sentirne parlare aveva ancora il potere di ferirlo e renderlo nervoso ma la Sacerdotessa Guerriero si sbagliava, si era messo in cuore in pace da tempo al riguardo. Non riuscì tuttavia ad evitare di rispondere ferino “Non direi visto che è la moglie di Hades. In ogni caso non ho certo bisogno di lei, sono sempre stato pieno di ragazze pronte a fare la fila per me” disse pavoneggiandosi un po’ (N.d. Violet – XDD gioco di parole non voluto) con tutta l’arroganza di cui era capace. La sentì ridere, segno palese che non gli credeva ma la cosa non lo infastidì anzi intravvide in quel dialogo un lieve “abbassare la guardia” dell’avversario e meditò come sfruttarlo per poter tentare la fuga. Sì la fuga, per andare dove? Gli rimaneva solo l’Ade anche se poteva essere rischioso, sempre meglio comunque che restare lì a farmi umiliare da quella ragazzina e dall’ex maestro che oramai lo considerava meno della feccia. Nina, ignara delle intenzioni del ragazzo, continuò a schernirlo e il giovane stette al gioco “Si come no, parla una che deve nascondersi dietro una maschera tanto è brutta” disse sapendo di toccare un tasto dolente, per ogni Sacerdotessa che avesse mai conosciuto. Non che gliene fregasse qualcosa di quale fosse il suo volto, poteva avere anche un naso deforme e il volto cosparso di acne o essere bella come una ninfa, lo aveva detto solo per farle perdere le staffe. In amore in guerra ogni mezzo è lecito, del resto e lui desiderava ardentemente tornare ad essere libero. La reazione di Nina non tardò. Con veemenza tentò di colpirlo ma stranamente i suoi movimenti erano diventati lenti tanto che Pavone non ebbe difficoltà non solo a schivare il suo attacco, imprigionandole il pugno in una morsa che ebbe l’effetto di slogare il polso della giovane, ma facendo leva sull’impatto dell’attacco della giovane la catapultò in aria facendola crollare malamente contro una pietra alle loro spalle. Un gemito sommesso sfuggì dalle labbra della ragazza che non si accorse dubito di avere perso nuovamente la maschera se non quando si ritrovò, schiena a terra e l’avversario carponi su di lei che fissava sorpreso e quasi dispiaciuto il suo viso.
    Il ragazzo fissò sorpreso quel volto dai tratti chiaramente nordici. Cosa che non lo sorprese particolarmente dato che aveva una folta chioma bionda. A colpirlo fu il fuoco rabbioso dei suoi occhi che gli rimembravano molto il colore dell’acqua cristallina del mare di Atene che aveva visto molte volte. Non senza una forzata ironia, per celare il disagio provato le disse. “Beh, non sei poi così male allora. Quasi quasi potrei inserirti nel mio Harem privato” mentre usava la propria forza fisica per tenerla inchiodata al suolo, mentre la giovane si dimenava come una gatta rabbiosa, cercando invano di colpirlo. Se non avesse avuto inculcato ancora quel profondo senso dell’onore ne avrebbe approfittato per ruberle pure un bacio ma non era il caso di infierire. “Fottiti, stronzo. Non sono certo una di quelle cagnette in calore che ti considerano un adone”. La ragazza era evidentemente arrabbiatissima ma non riusciva a liberarsi dalla sua stretta e non riusciva a capire il perché. Sino a poco prima aveva lo scontro completamente sotto controllo ed ora era in balia dello specter. Con uno scatto rabbioso riuscì a liberarsi parzialmente della presa del ragazzo ma non riuscì a colpirlo.
    “Mi spiace non ho tempo per giocare” rise Pavone, consapevole di avere ormai l’avversaria in pugno. Con la forza del suo cosmo le bloccò i polsi e le sfiorò una guancia con un bacio per poi colpirla con una rapida raffica di colpi che la mise fuori combattimento. “Scusami” mormorò lasciandola andare. Aveva pensato per una attimo di sconvolgerla con un bacio vero e proprio ma non aveva voluto umiliarla ulteriormente. Non erano stati proprio amici in passato ma l’aveva sempre rispettata. Ora la via per la fuga era libera e non ci mise molto a guadagnare la via d’uscita, più sicura, dal Grande Tempio. In fondo lo conosceva bene.
    Alla Sesta Casa Shaka sorrise, quasi divertito. Aveva assistito spiritualmente a tutto il duello ed era intervenuto a bloccare le facoltà della ragazza quando aveva intravisto la possibilità di usare Pavone per ottenere informazioni su ciò che stava accadendo in Ade. Un vago senso di colpa lo attraversò quando considerò il prezzo pagato dalla giovane, sua inconsapevole pedina, ovvero la perdita di quella maschera che aveva molti e profondi significati per lei. ^Perdonami Silver Saint di Crater, mi spiace che tu abbia dovuto rimetterci ma non avevo scelta. Non posso restare qui ad attendere gli eventi, dovevo tentare^ pensò pacatamente. Era stato scorretto e lo sapeva ma non gli importava. Nessuno lo avrebbe scopertoe poi non avrebbe certo permesso che lo scontro diventasse mortale. Aveva percepito la presenza di Milo in avvicinamento e sapeva che si sarebbe preso cura lui dell’ex allieva. Ora gli restava solo da seguire Pavone attraverso il cosmo, una sciocchezza per lui, e presto avrebbe “visto” l’Ade con gli occhi dell’ex allievo.
    Milo aveva percepito l’irruenza di due cosmi a confronto e si era recato in loco per sincerarsi di cosa stesse accadendo. Non impiegò molto a raggiungere la casupola della giovane e preoccupato le si inginocchiò al fianco sincerandosi delle sue condizioni. Si era ripresa ma singhiozzava sommessamente. “Che cosa è successo?” chiese preoccupato. Non era da lei mettersi a piangere per avere perso uno scontro, la conosceva molto bene. Fu in quel momento che si rese conto dell’assenza dello specter e si sentì gelare. Era stato lui? Osservò con attenzione la ragazza che si ostinava a dargli le spalle annaspando alla ricerca di qualcosa. ^La maschera^ arguì vedendola prelevarla da terra e riporla rapidamente sul volto.
    Nina era sconvolta sia per il fatto che quel dannato l’avesse battuta, ma quello era il meno. L’aveva vista in volto e questo non glielo avrebbe mai perdonato, aveva persino osato baciarla, maledetto senza contare che in questo modo era venuta meno all’ordine impartitole da Athena ed aveva esposto il suo stesso maestro con il suo fallimento. Milo non disse niente, stabilizzando le sue ferite sfruttando il proprio cosmo aspettando che fosse lei a parlare. “Io… ecco … lo specter è … è scapato … stavamo duellando ma non … alla fine non sono riuscita a fermarlo … io… devo trovarlo…” balbettò frustrata, tutto per la sua stupida ingenuità. Aveva perso il prigioniero e anche l’onore. Aveva ora solo due vive per salvare il suo onore di Sacerdotessa o ucciderlo o amarlo, non voleva neanche lontanamente prendere in considerazione la seconda possibilità. Umiliata rimase in attesa dell’ira del proprio maestro che però … non arrivò. “Lo supponevo. Non fraintendermi, Nina. Conosco la tua forza ma avevo il sospetto che prima o poi avrebbero tentato di liberarlo. Ne hai visti?”. Non aveva avvertito alcun cosmo entrare nel Santuario ma sapeva che da gente come Saga c’era da aspettarsi veramente di tutto e in qualunque momento. La giovane rimase sorpresa da tanta indulgenza e scosse la testa.
    “Mi dispiace, vi ho deluso e … io devo trovarlo, maestro, e debbo ucciderlo. Ve ne prego, so cosa ha ordinato Athena ma io debbo farlo …” stava per spiegargli il perché quando lo vide sorridere. “Sei forte, troverai il modo di venire fuori da questa situazione. Ora non pensarci, andiamo da Athena, anzi no… io vado a fare rapporto sull’accaduto tu vai a riposare o se proprio non ti riesce prova a levarti la maschera davanti ad Aiolia, magari lo costringi a mettersi con te” le disse strizzandole l’occhio complice. Nina, spiazzata, comprese che senza che lei avesse parlato lui aveva già compreso tutto. Lei fece per replicare ma lui glielo impedì, spedendola personalmente verso quella che era la sua piccola dimora nel quartiere dei Silver Saint. Tornando serio in volto riprese la salita verso la Tredicesima Casa informando di volta in volta i compagni su quanto accaduto. Quando arrivò alla Sesta Casa provò una strana forma di disagio-fastidio innanzi a Shaka, forse perché la sconfitta di Nina contro l’ex allievo di Shaka un po’ gli bruciava ma fu un fugace pensiero, riferito quanto aveva da dire rapidamente si allontanò. Shaka gli prestò distrattamente attenzione, senza spezzare la meditazione profonda in cui era calato, percepiva in quel momento l’ingresso di Pavone in Ade. Era ora di cominciare a raccogliere qualche informazione su ciò che stava succedendo.

    Nefertari guardava, senza realmente vederlo, il cielo nero-violaceo oltre il vetro dell’elegante finestra ad arco. Voleva rivedere la luce del sole, voleva poter riposare senza dover essere vittima di incubi atroci, voleva rivedere Shaka. Quanto gli mancava, forse perché temeva ad ogni ora che passava di non poterlo mai più rivedere.
    Un bussare sommesso alla porta annunciò l’arrivo di Saga. Era come avere un’ombra che ti segue ovunque. Non fu pertanto sorpresa di sentire la sua voce alle spalle. “Mia Signora, anche oggi non avete toccato cibo. Se continuate in questo modo il vostro corpo mortale ne risentirà” le disse in tono pragmatico.
    “E allora? che muoia almeno mi libererò da questa dannata tortura” sbotto la giovane voltandosi di scatto, mentre un lieve capogiro la coglieva. Lo sguardo di Saga, per un breve istante, s’incupì. “Sono spiacente, mia Signora, ma questo non posso permetterlo” disse semplicemente incrociando gli occhi neri della giovane. Per quanto fosse sempre ossequioso aveva scoperto, suo malgrado, che era anche dannatamente ostinato. Lo sguardo dello specter aveva sempre, assurdamente, il potere di dissuaderla da propositi belligeranti.
    “Ai Cavalieri può spettare l’inferno del Cocito o il regno dell’Elisio ma il vostro destino non seguirà quel corso. Come Divina Persefone siete immortale ma se il corpo ospite dovesse perire, prima del risveglio del vostro cosmo, restereste imprigionata in un limbo immemore sino alla prossima reincarnazione” le spiegò poi gelandola. Quella era l’ultima tegola sulle sue infinitesimali speranze di poter unirsi nuovamente, anche solo come spirito, con il compagno. Un sordo dolore al petto, un macigno insopportabile mentre scoppiava in lacrime. “Se tenete ancora così tanto a lui, non date ragione al Sommo Hades di esserne geloso e forse potreste ottenergli salva la vita. Ve ne prego, sforzatevi di mangiare qualcosa” soggiunse Saga senza fare nomi, sapevano entrambi a chi si stava riferendo. Un lampo di folle speranza illuminò per un istante gli occhi neri della giovane, Saga aveva sempre avuto il dannato potere di calarla nella disperazione per poi darle barlumi di speranza.
    “Stai mentendo” disse semplicemente mentre ripiombava nella disperazione. “No, mia Signora. Io non ne ho il potere, voi sì” rispose pratico lo specter lasciando che le sue parole sortissero l’effetto cercato, ponendole il piatto con succosi frutti e pietanze prelibate.
    ^Proverò a vivere in questo luogo per te, Shaka. Solo per te^ pensò la giovane arrendendosi addentando una delicata pesca sotto lo sguardo attento dell’ex Saint. Non riuscì a mangiare molto ma il suo sforzo parve soddisfare le premure del suo custode che approvò annuendo. In quel momento la voce di Radamantys, dopo un discreto bussare alla porta, attirò l’attenzione di entrambi. Lo sguardo di Saga fece capire alla giovane che spettava lei dare il consenso al Generale della Viverna di farsi avanti.
    “Sì?” chiese con voce tremolante, troppo scossa dalle rivelazioni dell’ex Saint, tra tutte l’ultima che riguardava il suo amato Shaka. Radamantys fece il suo ingresso, chinandosi referente innanzi alla ragazza prima di dire in tono deciso, rivolto a Saga “Il Sommo Hades ci convoca entrambi immediatamente a Palazzo. Ha già disposto una scorta dalle truppe di Minos per la nostra Regina. Con permesso” chiese poi rivolto alla ragazza che, sempre seguendo un muto suggerimento nello sguardo fermo e impenetrabile di Saga, annuì brevemente.
    “Mi sento stanca, credo che riposerò un po’, ora. Potete andare” disse in una pallidissima imitazione del tono che era usueto usare Hades, no di Shaka, sì preferiva pensare a lui non certo ad Hades.
    Quando Saga e Radamantys fecero il loro ingresso nella Sala del Trono intravvidero immediatamente la figura, a dire il vero piuttosto malconcia, dello Specter del Pavone. Hades in persona seppur pallido, occupare il suo corpo mitologico gli costava evidentemente un qual dispendio di energie, lo stava interrogando.
    “… al momento so solo che hanno deciso di attendere. Sono riuscito a sfuggire al mio carceriere e grazie alla mia conoscenza pregressa del Tempio ho potuto allontanarmi e tornare qui in Ade a fare rapporto” stava spiegando il giovane. “Potresti avere condotto qui il nemico, magari ti hanno seguito. Più che un aiuto tu sei un peso per il Sommo Hades” interloquì Pandora in tono risoluto, puntando il suo tridente contro il petto del giovane.
    “Aspettate, potrebbe ancora tornare utile, mio Signore” intervenne Saga per nulla intimorito dallo sguardo omicida della giovane mora. “In che modo?” chiese Hades annoiato.
    “L’avete richiamato in vita per fare cosa gradita alla vostra Sposa. Ella è molto scossa al momento, troppo legata agli affetti terreni e umani, sta soffrendo. La sua presenza potrebbe mitigare il dolore di questo distacco” spiegò in tono dimesso. “Tu credi? Pandora mi ha riferito che rifiuta di mangiare, pensava fosse un segno positivo, forse è il suo cosmo che si sta ridestando e si distacca dai bisogni umani” non poteva comprendere Hades lo strazio dell’animo di Nefertari non perché fosse insensibile, in fondo stava facendo tutto ciò che era in suo potere e oltre per aiutare l’amata Persefone a superare quella delicata fase, ma aveva un limite: era un Dio. Come tale tutto commisurava su un piano diametralmente opposto a quello degli uomini. Lo sguardo di Saga saettò per un istante sul volto bellissimo ma freddo di Lady Pandora. “Sommo Hades temo che le previsioni di Lady Pandora siano errate. Qualsiasi umano condotto in questo regno proverebbe timore se non terrore. Voi stesso vi sarete reso conto di come i suoi occhi neri siano carichi di paura. Non riposa abbastanza e rifiuta di nutrirsi perché è sconvolta, solo oggi sono riuscito a convincerla a prendere qualche frutto ma non basta, di questo passo si ammalerà. Ciò che Persefone comprende appieno nel suo status divino Nefertari assolutamente non riesce neanche a concepire. Tuttavia potremmo chiedere aiuto ad Orpheo e lo Specter potrebbe risultare prezioso” interloquì l’ex Gold di Gemini, rendendosi perfettamente conto di avere scavalcato l’opinione della Sacerdotessa. “Orpheo?” chiese dubbioso Hades, anche se il suo sguardo bruno aveva lampeggiato di aspettativa.
    “Sì, mio signore. Gli si potrebbe chiedere di comporre una musica che possa richiamare alla memoria della vostra giovane sposa parte di ciò che ha lasciato alle spalle, affinchè un poco alla volta la si possa staccare dal mondo terreno, ed aiutarla ad ascendere a quello divino parimenti con il risveglio del suo cosmo. Pavone ha vissuto a suo fianco per mesi, dovrebbe conoscere cosa le possa essere gradito”. Il volto pallido di Hades si illuminò all’improvviso a quella prospettiva. Saga aveva ragione, la musica di Orpheo aveva poteri illusori e il suo animo umano e delicato avrebbe potuto creare qualcosa di speciale per la sua adorata compagna. “Radamantys provvedi a convocarlo e dai disposizioni al riguardo e tu Specter del Pavone lo accompagnerai così che tu possa riferire dei luoghi cari a Nefertari. In nome della mia Sposa ti concedo una seconda possibilità di servirla” sentenziò alla fine prima di alzarsi in piedi e di fatto, concludere l’udienza.
    Radamantys annuì prontamente mentre faceva cenno a Pavone di seguirlo. Saga invece si avviò verso l’uscita, per tornare al suo posto. “Bella manovra … ma non ti basterà mostrarti così ossequioso. Io vedo oltre la maschera della tua spudorata fedeltà” lo gelò la voce di Pandora.
    Saga chinò rispettosamente il capo ma se ne andò senza profferire parola, cosa che la infastidì ulteriormente.

    Seduto in meditazione presso la Sesta Casa, Shaka faticava a mantenere il controllo e la concentrazione. Fortunatamente l’intervento di Saga aveva impedito che l’unico suo mezzo per “vedere” cosa accadeva in Ade venisse eliminato ma era decisamente preoccupato. In primo luogo lo Specter di Gemini aveva confermato i suoi timori, la moglie stava soffrendo anche se al contempo sembrava vera l’idea sia di Athena che di Dokho secondo i quali Hades cercasse di riservare alla giovane tutte le cure e attenzioni possibili, ma per quanto? Quello che lo preoccupava era l’influenza che l’ex Gold Saint pareva avere su Hades tanto che la sua parola avesse una considerazione, per lui, più elevata di quella della sua stessa Sacertodessa. Il pensiero che fosse proprio lui ad occuparsi della moglie, in quel dannato luogo di morte, lo preoccupava quasi più del fatto che potesse essere realmente la reincarnazione della Divina Persefone. Avrebbe avuto la testa di Hades e di Saga, a qualunque costo. Ora doveva pazientare, attraverso Pavone avrebbe avuto una visione più precisa delle Prigioni. Da quel che aveva capito la moglie era trattenuta in qualche luogo vicino alla Giudecca ma non aveva idea di dove esattamente. Con il cosmo e la mente seguì l’ex allievo sino al luogo ove questi si incontrò con Orpheo, un altro saint che aveva voltato le spalle alla divina Pallade.
    Trascorse quasi una settimana, nell’apparente immobilità. Al Santuario tutto procedeva come sempre. Le difese, dopo la fuga dello Specter erano state rafforzate e nonostante fosse stata avvertita la presenza di spie non era stato possibile né catturarle né ucciderle. Sapevano sempre come dileguarsi. Shaka si era sforzato di tenere il contatto con il cosmo di Pavone per diverso tempo, sperando che questi venisse portato alla fine al cospetto di Nefertari e in questo non era stato deluso. Aveva quindi avuto conferma che la moglie dimorava in un'ala molto vasta dell’enorme Palazzo di Hades alla Giudecca, ben consapevole che non sarebbe stato facile raggiungerlo. Quando, attraverso il cosmo dell’ex allievo, aveva percepito la presenza di Nefertari il cuore aveva mancato un battito nel suo petto. Sentiva il suo tormento, la sua paura, la sua confusione e la sua preoccupazione per lui era stata gioia e dolore al contempo.
    “Sei stato al Grande Tempio, dimmi lo hai visto, sta bene?” aveva chiesto la giovane con gli occhi improvvisamente vivi e carichi d’aspettativa, il tono carico d’ansia. Pavone le aveva confermato che non aveva riportato ferite serie e che stava benissimo e aveva percepito come questa risposta avesse dato un profondo sollievo a Nefertari ma al contempo qualcosa lo aveva turbato. Era stata l’unica domanda che avesse fatto al riguardo di cosa accadeva in superficie, l’unica su di lui. Aveva fatto in tempo a rendersi conto di come fossero esclusivamente Radamantys e soprattutto Saga a stare a contatto con la moglie e di come, la cosa lo faceva letteralmente rabbrividire, Hades stesso avesse l’abitudine di trascorrere del tempo con lei ma non gli era dato di sapere cosa succedesse in quei frangenti perché tutti gli specter venivano allontanati. L’ansia, nell’animo di Shaka, cresceva di pari passo con lo scorrere dei giorni perché cresceva in lui l’aspettativa di quella sorta di “Concerto Esclusivo” che Orpheo Silver Saint della Lira, traditore di Athena, avrebbe offerto presso la Giudecca alla presenza di Hades e Nefertari con la supervisione di Pandora, i tre Giudici degli Inferi, Saga e Pavone. Era l’occasione che aspettava per vedere il “gota” dell’Ade radunato in un solo luogo e carpire informazioni importanti. Avrebbe dovuto usare molta prudenza per non rischiare di essere “percepito” o: avrebbero eliminato il ragazzo e lui non avrebbe neanche avuto modo di sapere quali ripercussioni la sua manifesta “intrusione” avrebbe avuto nei confronti di Nefertari.


    Nefertari fissò interdetta l'abito che Hades le aveva inviato per quella che lui aveva definito un'occasione speciale. In un primo tempo la giovane si era allarmata all'idea che lui si fosse stancato di attendere e si aspettasse che d'ora in avanti lei condividesse le sue stanze private ma Radamantys, pur se inconsapevolmente, l'aveva tranquillizzata.
    “Il Sommo Hades vi invita, mia Signora, ad un “Concerto”. Orpheo della Lira oggi suonerà per voi. Per l'occasione il vostro divino sposo vi chiede la cortesia di indossare questo abito” le spiegò infatti in tono pacato ed estremamente educato posandolo sul letto per poi allontanarsi, dopo un breve inchino, in silenzio. Fino ad allora si era rifiutata di dismettere il sari che aveva indosso quando era stata sequestrata, lei si riteneva tale, dalla sua dimora in India. Quel sari che con il suo colore rappresentava il sole, la vita ma si domandava se fosse saggio, ora, respingere quel dono del Dio degli Inferi. Fu tentata, d'istinto, di farlo ma rifiutare un suo dono avrebbe potuto avere ripercussioni per Shaka. Saga l'aveva messa in guardia al riguardo e, seppur con il cuore non avrebbe mai dismesso il sari, doveva ora abbandonarlo sul letto. Asciugando una silente lacrima si affrettò ad uscire, prima di cambiare idea.
    L'ingresso di Nefertari nell'ampia Sala del Trono fu accolto da una serie di sommessi mormorii. I lunghi capelli neri lasciati morbidi sulle spalle, il corpo fasciato in una lunga veste elaborata. Era costituita da due pezzi dalla foggia tardo medioevale, si sarebbe potuto pensare. Una sorta di sottoveste nera di seta e pizzo che le scivolava addosso morbidamente, quasi impalpabile, sino ai piedi con le parti ricamate a coprire: le braccia sino ai polsi, i bordi della gonna e la discreta scollatura alla greca. La sopravveste color porpora, di raso damascato, era aperta e si univa, sul davanti, poco sotto il seno grazie ad un intricato intreccio di cordicine dorate. Le maniche erano invece aperte, triangoli di stoffa che cadevano morbidamente dalla spalla sino al gomito, come delle ali purpuree. Alle sue spalle i due specter che si affrettarono ad affiancarla, offrendole entrambi la mano per aiutarla a salire i gradini che la conducevano alla poltrona accanto ad Hades. Gli occhi del Divino Signore di Ade brillavano di una tenera luce di apprezzamento, mentre si posavano sulla sua figura, cosa che confuse la giovane tanto da indurla ad abbassare per un attimo lo sguardo, arrossendo lievemente. In quei giorni aveva, in qualche modo, fatto una sorta di “abitudine” alla sua presenza tanto da riuscire a non tremare più come una foglia in sua presenza.
    “Sei bellissima, mia cara” lo sentì dire con quel tono di voce che riservava solo a lei, paziente e mite. Aiacos e Minos, che non la vedevano da quando era arrivata, si scambiarono uno sguardo compiaciuto, era davvero bella la loro regina, alle loro spalle Pandora lanciò un'occhiata sorpresa e al contempo carica di astio alla giovane. La gelosia era un tarlo che rodeva l'anima e lei ora ne conosceva l'amaro calice. Temeva quell'insignificante umana, Hades aveva attenzioni solo per quella straniera. Non poteva permettere che si risvegliasse il cosmo di Persefone in lei o sarebbe stata lasciata alla mercé di Tanathos e non avrebbe mai potuto consumare la sua vendetta. Incurante di quella ridda di pensieri e intenti Radamantys si allontanò, seguendo le direttive del suo signore, mentre Saga si sedette sull'ultimo scalino ai loro piedi. “Sono lieto che tu abbia gradito il mio dono” disse Hades in tono basso, incurante della presenza degli altri in quell'ampia sala. Un brivido serpeggiò lungo la schiena della giovane. Il suo cuore sanguinava, le sembrava di aver tradito Shaka nell'indossarlo. Cosa doveva dirgli adesso? Fortunatamente in quell'istante il portone di bronzo, in fondo al vestibolo, si aprì attirando la loro attenzione. Nefertari sgranò gli occhi scorgendo, tra i due specter che lo scortavano, il Silver Saint della Lira. Folti capelli azzurri e occhi dello stesso colore, profondi come l'acqua del mare, su un volto dai tratti perfetti ma non fu quello a scioccarla quanto la consapevolezza che questi non indossava una surplice violacea come tutti i presenti. Notando la sua sorpresa, Saga le spiegò in tono pacato. “Orpheo non è uno specter, mia Signora. E' stato cavaliere di Athena e risiede in Ade per sua volontà. Il Sommo Hades gli ha consentito di rimanere accanto alla defunta donna amata ma è libero di andarsene in qualsiasi momento. In cambio di questo patto egli offre al vostro Divino Sposo la sua arte di musico, una volta al mese”.
    Scossa da quelle parole la giovane, istintivamente, si volse a cercare lo sguardo del Dio per sorprenderlo fisso su di lei. “Quindi lui è vivo? Non ha mai perso la sua vita?” chiese in tono improvvisamente animato, senza rendersi conto di essersi rivolta ad Hades con un comportamento forse troppo confidenziale. “Sì” rispose pacatamente questi, compiaciuto per quel gesto, finalmente, spontaneo della ragazza.
    “E può entrare e uscire dall’Ade liberamente?” chiese ancora domandandosi se una cosa simile sarebbe mai stata concessa anche a lei. Pandora le lanciò un’occhiata interessata e anche Radamantys fece altrettanto anche se per ragioni diverse. La prima stava valutando se utilizzare a suo vantaggio quell’ingenua manifestazione di scontento per la sua condizione, il secondo semplicemente era preoccupato che ciò potesse ferire il suo Signore.
    Hades non mostrò disappunto per la domanda e si limitò a rispondere gentilmente “No. Egli è libero di tornare in superficie, al mondo degli umani se lo desidera, ma in quel caso non potrebbe più fare ritorno in Ade, almeno finchè egli sarà in vita” le spiegò, il tono pacato. A parlare era il Signore degli Inferi, in quel momento, e le stava palesemente illustrando come funzionavano le cose nel suo, nel loro … Regno. “Orpheo, provi nostalgia per il mondo degli umani o qui hai tutto ciò di cui senti il bisogno?” chiese poi rivolto direttamente al giovane.
    Il ragazzo, che appena giunto al loro cospetto si era inchinato referente, levò il capo fissando con uno sguardo limpido e al contempo insondabile la giovane donna prima di rispodere. “No Sommo Hades. Qui c’è Euridice e qui dimora il mio cuore. Non ho nostalgia del mondo di superficie” si limitò a dire con una voce che a Nefertari parve incredibilmente melodiosa e modulata. “So che hai composto una melodia appositamente per la mia Sposa, deliziaci con la tua musica” disse semplicemente il Dio, sistemandosi più comodamente sul suo trono mentre Pavone prendeva posto al fianco di Saga e Radamantys si univa a Minos ed Aiacos.
    Nefertari non ebbe tempo di manifestare la propria sorpresa che una lieve e dolcissima melodia si sparse nell’aere. Con maestria Orpheo pizzicava le corde della sua lira mentre lentamente il suo cosmo si liberava avvolgendo l’intera sala. Senza rendersene conto Nefertari chiuse gli occhi rapita dalla soavità di quella melodia che pareva liberare il suo spirito, la sua anima, dagli affanni, dai timori dal dolore. Le sembrava di galleggiare su di una candida nuvola che attraversava spazi e dimensioni, le stelle che sfrecciavano al suo passaggio sino a quando si materializzò, innanzi ai suoi occhi increduli il villaggio in Siberia, il volto sorridente di Hyoga mentre schivava un’enorme palla di neve poi la nuvola si spostò oltre sulle rive del Gange, o sì lo riconosceva. Sospirando inconsapevolmente, lasciò scorrere lo sguardo alla ricerca del Tempio e immediatamente questi apparve innanzi ai suoi occhi stupiti. La sala di lettura e quella dove venivano consumati i pasti collettivi, la sala di preghiera, l’ampio cortile interno e il luogo ove spesso aveva trascorso ore intere a seguire, silente, la meditazione del marito. Dov’era Shaka? Non riusciva a vederlo, ma la melodia cambiò tonalità e divenne ancora più dolce, se mai fosse possibile, e improvvisamente avvertì una presenza così rassicurante al suo fianco che non ebbe più dubbi. Il globo del sole era al tramonto, l’acqua scorreva lenta sul Gange e solo pace regnava ora in lei. Con un sospiro estatico cedette al richiamo di quella presenza e senza rendersene conto posò il capo sulla spalla dell’uomo che aveva al fianco, lasciando che gli ultimi echi di quella meravigliosa musica permeassero di beatitudine ogni poro del suo corpo mentre delle labbra sfioravano, con infinita dolcezza, i suoi capelli ed una mano cercava la sua, intrecciando le dita alle proprie in un gesto di tenero possesso.
    Hades era compiaciuto della visione ricreata da Orpheo, il suo potere di musico e le sue facoltà erano mirabili. Aveva visto poco dell’India ma era certo che la ricostruzione dei luoghi cari alla giovane moglie fossero praticamente perfetti. Si era voltato a guardare il suo viso espressivo e si era reso conto che ella stava vivendo un sogno magnifico, il peso che sempre opprimeva il suo cuore pareva scomparso poi quel gesto, inaspettato, lo colpì. Non stava infatti attingendo in alcun modo al proprio cosmo per non turbare l’effetto tranquillizzante della musica del giovane Silver Saint. La vide chinare dolcemente la testa sulla sua spalla, cercarlo, era indubbio questo. Oh, quanto aveva atteso che Persefone desse un segno della sua presenza, che lo riconoscesse. Con dolcezza le aveva sfiorato i capelli con un bacio ed aveva intrecciato la mano con la sua. Provava, in quell’istante, una profonda sensazione di gioia il temuto Dio degli Inferi. Con un lievissimo cenno del capo annuì in direzione di Saga che chinò il capo ossequioso mentre Orpheo, lentamente, concludeva la sua soave melodia.

    La Sesta Casa tremò sotto l’impeto dell’onda cosmica scaturita dal Cavaliere di Virgo, un qualcosa che all’esterno sarebbe stato percepito come una debole scossa tellurica. Shaka aveva sciolto la posizione meditativa del loto e sostava in piedi, fermo innanzi ad una colonna sconvolto da quanto aveva “visto” accadere grazie a quel “canale di comunicazione” privilegiata attraverso il cosmo dell’ex allievo. In quel momento rimpianse amaramente di avere scelto di “spiare” gli Inferi. Nel giro di pochi minuti aveva subito non uno ma ben due shock. In primis vedere la moglie, agghindata con i paramenti di una Sposa Divina, rivolgersi ad Hades con una naturalezza che gli fece male al cuore e poi quel gesto. Era certo che non ci fosse stata forzatura alcuna nei confronti di Nefertari eppure lei si era abbandonata contro la spalla del Signore degli Inferi, aveva lasciato che lui la baciasse tra i capelli e che intrecciasse la sua mano con la propria. Tutto questo lo turbava e spaventava, quello era il termine esatto, più di quanto fosse disposto ad ammettere. Se Hades si fosse mosso per primo avrebbe potuto considerarla un abbandono dettato dal timore, avrebbe anche avuto un senso considerarla una manipolazione se il Dio avesse usato il suo cosmo per blandirla ma così non era stato, ne era certo, o avrebbe avvertito lo sbalzo improvviso del medesimo che al contrario era quasi azzerato. L’unico dubbio, al quale si aggrappava, che avesse la facoltà di nasconderlo con tale perizia da eludere anche la sua percezione ma non ne era convinto. Per quanto cercasse una spiegazione razionale che l’aiutasse a respingere la verità questa, nuda e cruda, le presentava il conto. Nefertari aveva agito spontaneamente e con totale abbandono. Che quello fosse il segno che realmente Nefertari era la reincarnazione della Divina Persefone? Avrebbe potuto essere. Un timido segno di risveglio dell’antico cosmo che, con la vicinanza dell’amato sposo, lentamente emergeva fino a quando avrebbe preso pieno controllo della donna che era stata sul punto di dargli un figlio. Un brivido gelido lo percorse mentre alcune gocce di sangue caddero a terra. Sorpreso si guardò la mano, non era nemmeno reso conto di essersi ferito. In quel momento entrò di corsa Aiolia, evidentemente la sua reazione cosmica aveva allarmato il compagno. “Shaka, che cosa è successo, stai bene?” chiese infatti il Cavaliere del Leone non appena lo raggiunse. Indispettito ed improvvisamente stanco, il Saint della Vergine si limitò a rispondere a denti stretti. “No. Non è niente. Ho cercato di individuare un cosmo che ritenevo ostile ma nel tentativo di trattenerlo ho esagerato. Non c’è minaccia per il Grande Tempio è ormai lontano e non credo che tornerà” inventando sul momento una scusa plausibile per giustificare il proprio comportamento.
    Aiolia annuì brevemente. “Si stanno facendo audaci” commentò soltanto prima di concludere pratico “Io torno alla Quinta Casa, se dovessi percepire ancora quella minaccia avvertimi”.
    Shaka si affrettò ad annuire e sospirò di sollievo quando Aiolia se ne andò. Ora doveva, necessariamente concedersi un po’ di riposo. Non poteva continuare a “seguire” il cosmo di Pavone, in eterno, senza pagarne lo scotto fisico e psichico inoltre temeva che alla lunga Hades potesse percepirlo. Cercando di calmarsi riassunse la posa meditativa, questa volta per riprendere lentamente le forze. La mente però correva costantemente a Nefertari. Il Dio degli Inferi si comportava in modo davvero insolito con lei, sembrava sinceramente innamorato e convinto che lei fosse la sua sposa. Questo se da un lato avrebbe dovuto rassicurarlo sul fatto che sotto la sua protezione lei non corresse pericoli, al contempo lo preoccupava perché se veramente Nefertari era Persefone che speranze avrebbe avuto lui di liberarla e soprattutto di riaverla per sé? “No” disse a voce alta, per convincere se stesso. “Non rinuncerò a lei, mai”.

    Quando l’ultima nota si spense Nefertari lentamente riemerse da quel magnifico sogno e sgomenta si rese conto di ciò che aveva, inconsapevolmente ma indubbiamente, fatto. Con un singhiozzo sommesso si era staccata bruscamente da Hades, allibita e spaventata. Aveva letto nelle sue iridi qualcosa di simile al dolore ma subito si era ripreso. “Non c’è nulla di cui tu debba avere timore, cara. E’ il tuo vero io che lentamente sta emergendo ma comprendo che quell’attimo fuggevole è finito” c'era mestizia nel suo tono ma la gentilezza dei suoi gesti non era venuta meno.
    Nefertari stentava a riconoscere se stessa, come aveva potuto fare una cosa simile? Tremava sotto shock. Avrebbe voluto scappare, fuggire da lì il più lontano possibile ma sapeva che non le sarebbe stato concesso. “Ti prego... “ sussurrò disperata “Posso ritirarmi?” chiese con un tono remissivo e fievole.
    “Ma certo. Saga, accompagnala tu e disponi affinchè abbia tutto ciò di cui ha bisogno” si affrettò a concedere Hades con un tono comprensivo. Era stato molto più rapido di lei a riprendere il controllo delle proprie emozioni mentre, con un breve gesto della mano, congedava anche Orpheo che osservava tutto in silenzio. “La tua musica è sempre sublime, Orpheo. E' tutto per oggi” prima di voltarsi per rientrare nei propri appartamenti.
    Radamantys lo avvicinò preoccupato “Vi sentite bene, mio Signore?” chiese in tono teso.
    Un sorriso triste distese il volto mitologico del sovrano di Ade. “Mi ha riconosciuto, per un attimo lei è tornata da me, Radamantys. Sono solo stanco ma non importa, questo è il principio. Lentamente ma lei tornerà a me” disse poi in tono convinto allontanandosi mentre lo Specter della Viverna annuiva.
    Come un automa Nefertari aveva lasciato che lo specter le porgesse il braccio e la scortasse fuori dalla sala sotto lo sguardo un po' confuso dei presenti e quando si ritrovò, sola, nella propria enorme stanza-prigione, alla vista del sari giallo sole, si permise il lusso di crollare a terra in un pianto disperato.
    ^Shaka, aiutami!^ pregò in silenzio singhiozzando violentemente, stringendo il sari al petto.

    - continua -

    Note delle Autrici:
    Note di * Violet *
    ok buonasera a tutti quanti!!! sorpresone, dovevamo aggiornare lunedì e invece abbiamo finito prima u,u speriamo che vi piaccia, come vedete c'è un sacco di roba, ed è persino più lungo del solito u.u
    abbiam dedicato un pò di spazietto al nostro piccolo e tenero pavone(in realtà piace di più a me che alla mia socia ma dettagli XDDDDD ad ogni modo vedete che il buon shaka approfitta della cosa e, vedendo la fine, forse la cosa neppure gli conviene U___U
    beh che dire? speriamo vi piaccia davvero e a voi i commenti^^
    ci sentiamo al prossimo*risata sadica*

    Note di Aresian:
    Salve a tutte/i. Allora, questa volta il capitolo è lunghetto e soprattutto è ripartito in due modi distinti. Ci abbiamo messo un bel po' a sistemare tutti i dettagli, di comune accordo, alla fine materialmente Violet ha gestito tutto quanto accadeva al GT ed io quello che accadeva in Ade. Tenete conto che la scelta del vestito ci ha portato via più di un'ora...ahaah!!! Speriamo che il chappy vi piaccia!!! Grazie per leggere sempre la nostra storia e per recensirla. Thanks!

    Edited by Aresian - 31/8/2011, 23:19
  2. .
    grazie xd e non hai letto il sequel*agghiacciante*
  3. .
    roftl wave bicycle
  4. .


    CAP. 4 - 4


    Atene, 1957

    Un'ancella si inchinò a Sion, il quale ne percepì la preoccupazione e la invitò a parlare. " Sommo Sacerdote, la ragazza non vuole saperne di mangiare, si limita a piluccare qualcosa e quando le ho detto che erano vostri ordini... beh.. " Era imbarazzata, la giovane ragazza aveva pronunciato una serie di parole in una lingua che non aveva compreso ma pensava fossero malefici, o qualcosa di simile. Sion era sorpreso. Non si recava da giorni fuori dal palazzo perciò non sapeva cosa lei stesse facendo, eppure aveva percepito quel cocente dolore sprigionarsi proprio dalla casa dell'Ariete ma aveva voluto ignorarlo.
    Gli sembrava incredibile che avesse veramente pronunciato quelle parole, le sentiva quasi rimbombare nella mente e si sentiva colpevole; forse avrebbe dovuto limitarsi a curarla quel giorno e ad affidarla ad una delle istituzioni cittadine ma quel cosmo l'aveva frenato. Se fosse esploso, o emerso, sarebbe stato colpevole di una strage di innocenti e non era il suo desiderio; se fosse stato possibile cancellare l'episodio sulla spiaggia l'avrebbe fatto ma non ci riusciva. Inconsciamente si sentiva responsabile di averla parzialmente incoraggiata, e non riusciva a comprendere quel brivido che l'aveva scosso durante quel bacio; a sorprenderlo poi era il fatto di essere praticamente certo che da qualche parte, nascosto nella sua anima, ci fosse un pezzo di lui che gli diceva di non badare a quelle piccolezze e andare da lei. Ma questo era impossibile. L'età era certamente troppo avanzata, non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, e i doveri da Gran Sacerdote vietavano tutto ciò. E nonostante questo, sapeva di essersi affezionato a lei.. non come ad una strana nipotina come aveva pensato subito ma come donna: dominava costantemente i suoi pensieri, rendendolo agitato e pregava spesso la sua Dea perchè lo perdonasse per quei sentimenti inadatti al suo rango. Non aveva mai ricevuto però risposta, come se la scelta dipendesse solo ed unicamente da lui. " E' inutile forzarla, ci penserò io. "
    Una visita alla ragazza era l'ultima cosa che avrebbe dovuto fare e ne fu certo quando la vide; aveva sempre la maschera sul volto ma ne percepiva il dolore trasudare dalla pelle, tutta la dimora pareva essere triste con lei e lui si sentiva quasi un assassino. " Ti ho trovato un posto dove potrai stare, ti ci troverai bene. " Le disse in tono formale. Un piccolo centro per orfani, dove avrebbe potuto impiegare il suo tempo, e lui si sarebbe limitato a controllarne il cosmo per evitare eventuali tragedie; percepì la sofferenza ma cercò di ignorarla.
    " Hai trovato come liberarti di me? Bravo. " Parole che gelavano, e lo facevano sentire colpevole di volerla mandare via. Per la prima volta perse la pazienza anche se cercò di controllare i propri scatti. " Smettila, lo hai sempre saputo che non saresti rimasta qui in eterno e.. " ma lei si alzò da quel letto, dove fino ad un momento prima era rimasta distesa a sfogare un dolore che non voleva cessare.
    " Si è vero ma non pensavo mi avresti scacciata a questo modo.. sai che cosa ti dico? Vacci tu dove vuoi mandare me, preferisco uscire da qui e morire piuttosto di.. " Non terminò la frase, che sarebbe suonata diversa da come lui la immaginò; non credeva che preferisse morire invece di provare a costruirsi una vita, ed ignorava che in realtà avrebbe voluto dirgli che preferiva morire piuttosto che stargli lontano. La ragazza gli voltò le spalle, arrabbiata con quel destino che non capiva e anche con quell uomo che non riusciva ad odiare; proprio in quel momento un cosmo fece il proprio ingresso destando l'attenzione di Sion. Non era particolarmente potente eppure sembrava inquietante, violento: chi osava disturbare la pace del Santuario? Un soldato gli corse incontro e Sion notò con preoccupazione che era sporco di sangue. " Signore, un uomo sta seminando il panico all'ingresso. Dice di essere un cavaliere ed insiste affinchè lo incontriate e sta combattendo contro i cavalieri d'argento! "
    Per un momento il Sacerdote maledì il fato che lo costringeva ad affrontare un nemico proprio quando aveva qualcuno ospite all'interno del Santuario. " Portala su al tredicesimo tempio, immediatamente. " Per quanto desideroso di allontanare Homotsu quello non era il momento giusto, e poteva solamente metterla al sicuro, lontano da un probabile pericolo. La vide protestare ma fu irremovibile, e scese fino all'ingresso solo quando fu certo di percepire la presenza della giovane allontanarsi sempre più verso la cima.
    " Siete voi il Sacerdote? " La voce era arrogante e proveniva da un giovane avvolto da un'armatura molto particolare, fatta forse.. di acqua? Di sicuro Sion non aveva mai visto nulla del genere ma non se ne preoccupò, posizionando un potente Crystal Wall a difesa del gruppo dei Silver Saints feriti: sembravano non avere avuto molta fortuna visto il sorrisetto sarcastico dell'altro. " Sono io e tu chi sei e perchè sei giunto fin qui con intenti violenti? Se mi volevi solo parlare tutto ciò potevi evitarlo. " Indicò il gruppo dei guerrieri, che si stavano rialzando a fatica e allontanando dietro suo ordine: era molto bello, pareva un angelo fu la riflessione di Sion mentre lo osservava. Aveva delle ali l'armatura. Rise. " Io sono Safirio, rappresentante della divina Gea. Vengo a suo nome a liberare la figlia che voi avete avuto l'ardire di rapire. "
    Sion inarcò un sopracciglio. Gea? E da quando era ritornata sulla Terra? Era colei che, almeno stando alle sue informazioni, proteggeva il pianeta basandosi sugli elementi e sapeva che i suoi guerrieri traevano la forza dalla composizione terrestre; certo che era un'accusa assurda. " Non credo che sia vero, qui non c'è nessuna figlia della tua divinità. " Ma aveva appena parlato quando, per un momento, pensò ad Homotsu. E se si stesse riferendo a lei? Poteva essere quello il mistero, celato dietro quella misteriosa ragazza? No, in fondo lui non aveva rapito nessuno ma solamente aiutato.. Con la mente leggermente dubbiosa tornò a rivolgere la propria attenzione a lui, squadrandolo in modo sospetto. " Gea non sbaglia mai, sua figlia è qui perciò consegnatemela: sua madre ne sente la mancanza e non intende scatenare la guerra con Atena. " Ma Sion non ci credeva, il solo modo di fare di Safirio, che aveva attaccato senza motivo il Santuario, era il segno che c'erano intenzioni bellicose e lui certe cose non le tollerava; ripensò a questa misteriosa figlia ma era difficile inquadrarla, secondo la mitologia Gea aveva, come tutte le divinità o quasi, una miriade di figli.ù
    " Se sua madre ne sente la mancanza, che venga lei.. già il fatto di mandare un estraneo a recuperare una figlia mi fa pensare che il suo solo desiderio sia tornarne in possesso e non vero affetto. " Forse era una sentenza un pò azzardata ma credeva fosse quella giusta, e di certo Safirio si sentì insultato per quella mancanza di rispetto verso la sua Signora. " Non osare, stupido umano! " In fondo Gea aveva ragione, gli umani erano tutti uguali e sua figlia non doveva assolutamente farsi contaminare da loro: peccato che la ragazza fosse costantemente in lotta con lei, sempre a disobbedire. Lanciò un tornado d'acqua verso Sion ma il Crystal Wall lo rimandò indietro con una facilità estrema, travolgendolo e lasciandolo decisamente malridotto. Non era così potente in fondo eppure era molto ferito; Sion gli si avvicinò, voleva saperne di più, se veramente si riferiva ad Homotsu lui doveva esserne informato. E di certo non avrebbe potuto rifiutarsi di consegnargliela, se era veramente una delle figlie di Gea. Poteva spiegare molte cose, come ad esempio il cosmo che la avvolgeva e faticava a controllare, così come la capacità di interloquire con le armature che tanto l'aveva colpito. " Se mi fai qualche informazione ti aiuterò a trovarla. "
    Non mentiva, se era lei almeno avrebbe saputo qualcosa in più e avrebbe potuto aiutarla, capire la ragione della memoria assente: ci doveva essere un motivo in fondo se non ricordava niente. Sorresse la testa del suo avversario, curandolo parzialmente e sorprendendolo; non si aspettava un gesto del genere ed era in qualche modo sorpreso da tanta comprensione. " E' lei! " Indicò col dito qualcuno dietro a Sion, che si voltò per vedere Homotsu correre verso di lui; era priva di maschera, forse nella foga della corsa l'aveva perduta ma sembrava non esserne minimamente preoccupata. In compenso però aveva percepito quel brevissimo scontro ed era corsa via, terrorizzata all'idea che potesse essere ferito o qualcosa del genere. Safirio rimase esterrefatto vedendola abbracciare letteralmente Sion, sorpreso da tanta enfasi e anche dispiaciuto al pensiero di averla fatta preoccupare ma non la scostò.
    " No! Non potete fare questo, vostra madre rimarrebbe sconvolta all'idea che possiate affezionarvi ad un umano! E' contro natura, lo sapete bene! " E quante volte aveva sentito Gea minacciare la figlia, di limitare il contatto con gli esseri umani al solo scopo che aveva, ma aveva ragione di credere che non l'avesse mai ascoltata. Però mai, prima d'ora, l'aveva sentita tanto legata a qualcuno. Sion fece per parlare ma venne anticipato dalla ragazza, che per la prima volta si rivolse a Safirio. " E tu dì a mia madre di smetterla con queste chiacchiere, sono grande abbastanza da sapere cosa fare della mia vita! Torna e dille questo, e anche che non tornerò mai da lei perchè.. beh lo sa il motivo. Ora vattene o ti ucciderò per avere levato la mano su di lui! "
    Il cosmo di Homotsu vibrò, come a voler intendere che la giovane volesse veramente mettere in pratica quelle minacce; Sion era sconvolto, vedendola per la prima volta parlare.. come se sapesse davvero chi era. Aveva mentito tutto quel tempo, fingendosi una persona senza nulla? E rimase ancora più colpito quando Safirio si rialzò e, dopo essersi inchinato a lei, era letteralmente scomparso lasciandoli soli. " Lo conosci?"
    Non riuscì a trattenersi dal chiederglielo, doveva sapere.. in fondo quello era pur sempre territorio di Atena e lui ne era responsabile; la osservò, pareva stanca, come se fosse sfibrata e la sorresse per evitarle di accasciarsi a terra. " Io.. non lo so.. l'ho visto e ho.. ho ricordato alcune cose, pezzi di vita.. oh cielo, io non posso rimanere qui avevi ragione, potrei mettere in pericolo tutto.. " Sembrava improvvisamente angosciata da ciò a cui aveva assistito, e Sion era spiazzato. Allora era vero, se lei era figlia di Gea non avrebbe mentito fino a quel punto e le sorrise, per rassicurarla. " Non ti devi preoccupare per questo, forse ho avuto un'idea. "
    Sarebbe andato in visita a Dohko e l'avrebbe portata con sè, forse lui avrebbe potuto suggerirgli un modo di affrontare la situazione al meglio per il bene di tutti. La prese gentilmente in braccio e la posò sul letto: sarebbe stato necessario molto riposo prima di farle altre domande. Quella notte non si allontanò dalla dimora dell'Ariete onde evitare nemici improvvisi in arrivo per coglierlo di sorpresa.


    bene u.u eccoci... cortino mi sa, vero' vabbè questo è u.u comunque ora sapete qualcosa in più, spero che vi piaccia u.u vi lascio sbizzarrirvi su quale sia, tra le figlie di gea xddddd e nel prossimo tutti in gita dalla vecchia prugna! chissà se dirà a sion di darsi da fare ahahahahaha



  5. .

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    Per il logo si ringrazia sentitamente GioTanner.

    capitolo: 14 - Quando il cuore non può essere messo a tacere


    Le lacrime le avevano offuscato la vista e non aveva idea di dove stessero andando. Nefertari percepiva la presenza di Hades vicino a lei e per questo cercava di rimanere il più raggomitolata possibile nell'angolo, per mettere distanza, ma senza non poteva né evitare né ignorare la sua pallida mano gentilmente posata sulla manica del sari che indossava. Quella mattina aveva optato per uno di colore giallo, un simbolo per i buddisti che in questo colore vedevano la luce del giorno e la solarità; oltre a ciò lei sapeva anche che rappresentava la maternità, e l'aveva scelto come augurio. Un modo per sperare, insomma, di poter presto sentire nuovamente una vita dentro di sé. Quel pensiero la distolse dal torpore e iniziò a sentire la mancanza di Shaka, anche se erano abituati a rimanere lontani sapeva perfettamente che la loro separazione non era “normale.
    "Siamo quasi arrivati". La voce gentile dell'uomo che le stava a fianco la riscosse dai suoi pensieri e lei si ritrovò ad annuire, senza particolare entusiasmo. Avrebbe quasi voluto che succedesse qualcosa di brutto, che le consentisse di scappare. Nella sua ingenuità non immaginava che ben presto avrebbero varcato la dimensione dell'oltretomba. Hades, invece, ne era al corrente e scelse quel momento per attirare l'attenzione della giovane donna che era con lui.
    "Questo è per te". Nefertari sentiva le dita intorpidite, e tremò quasi di paura quando lui le lasciò scivolare al dito qualcosa. Un anello con una pietra bianca, dal taglio antico e pregiato, era ciò che il Dio le aveva donato. Alzò lo sguardo ad osservarlo, senza capire, e si rese conto che le aveva scostato delicatamente i capelli; quella non reazione, dovuta sempre al cosmo di Hades che la rendeva incapace di ribellarsi, la indispettiva ma allo stesso tempo sentiva di non avere niente da temere da quell'uomo.
    "Che cosa sono?" aveva chiesto in tono flebile e dubbioso. Lui aveva sorriso, in quel suo modo delicato che gli illuminava le iridi, rendendole profondamente espressive. Le accarezzò gentilmente il volto, come se non potesse farne a meno, perso forse in vecchissimi ricordi. Nei capelli le aveva sistemato una stupenda tiara, dello stesso colore della pietra dell'anello, che risaltava particolarmente in quella nera cascata che erano le sue chiome.
    "Sono doni, mia cara, che ti aiuteranno a ricordare chi sei davvero e ti proteggeranno durante il tuo soggiorno negli Inferi" si decise al fine a spiegarle. La ragazza, interdetta, percepiva gli sguardi di Saga e Radamantys, seduti di fronte a loro nel sedile, fissi su di sé ma non riusciva a distogliere l'attenzione da Hades. Non capiva, così lui le spiegò meglio ciò che intendeva dire. "Non posso rischiare di farti entrare nella mia dimensione senza un'adeguata protezione o il tuo corpo mortale verrebbe distrutto, così ho infuso la mia benedizione su questi due doni. L'anello simboleggia il vincolo matrimoniale mentre con la tiara tutti sapranno chi sei. La regina degli inferi, la mia sposa”.
    La convinzione con cui parlava sconvolse la ragazza, che si sentiva una traditrice: che cosa avrebbe detto il suo Shaka, se l'avesse vista in quel momento? Un barlume di ribellione la incoraggiò, strappando la mano dalla sua, sorprendendolo. "LasciamI! Mio marito è solamente Shaka, tu sei un impostore!" Hades percepiva la convinzione con cui la ragazza parlava e si rendeva conto di quanto fosse ancorata alla vita, sarebbe stata dura recidere il cordone che la legava a quegli affetti terreni ma lui era paziente, così le sorrise comprensivo. "Un giorno comprenderai la verità, e mi ringrazierai e non è lontano il momento in cui saremo riuniti per l'eternità".
    Nefertari era sconvolta da quella pacata calma e sicurezza, mentre il cosmo divino di Hades tornava ad avvolgerla facendo venire meno ogni istinto belligerante tanto che non fece nulla per impedirgli di baciarle delicatamente la mano. Aveva un modo di fare veramente singolare, pensò la giovane. Proprio come se fosse ancora legato a tempi ormai perduti. Per un attimo pensò di farla finita, subito, non sarebbe stata sua prigioniera e tanto meno sua moglie come lui lasciava ad intendere ad ogni frase. Appena giunta negli inferi si sarebbe privata di quei doni non graditi concedendosi alla morte. Ignorava, Nefertari, che non le sarebbe stato possibile farlo. Anello e diadema erano saldamente legati alla sua anima e la giovane avrebbe potuto levarli solo quando il cosmo sopito avesse cominciato a splendere di nuovo, consentendo al corpo di non slegarsi dall'anima. Era tutto ben congegnato e predisposto. "Siamo arrivati, Sommo Hades".
    A parlare fu Radamantys che scese per primo dalla carrozza, una volta che ebbero toccato terra, aiutando il suo signore a fare la stessa cosa. Hades non avrebbe avuto bisogno di aiuto in condizioni normali ma si sentiva più debole del previsto, e non voleva correre rischi inutili. A sua volta porse il braccio alla giovane moglie, che avrebbe preferito restare raggomitolata all'interno della carrozza ma a malincuore si vide costretta a scendere, e si guardò attorno e la vista del regno di Hades la lasciò sbalordita.
    Una lunga scalinata li attendeva, e in cima a questa un palazzo imponente si stagliava maestoso ma non fu questo a colpira, bensì il cielo. Sopra di loro troneggiava una volta dal colore misto tra il viola e il rosso che pareva trapunto di stelle. Confusa realizzò che o avevano viaggiato nello spazio e nel tempo o quancosa non funzionava perché non era trascorso molto da quando avevano lascito l’India ed era pieno giorno. Quando era scesa la notte? Che si fosse sbagliata? "Nell'Oltretomba non esiste il giorno e la notte, Signora".
    A parlare, in modo piuttosto pacato, era stato il giudice della Viverna che aveva intuito la sorpresa della nuova regina degli inferi, e aveva voluto in qualche modo essere d'aiuto al suo signore fornendole informazioni che l’avrebbero aiutata ad ambientarsi. Nefertari ringraziò sommessamente, turbata. L’aria era squarciata dalle urla dei dannati rinchiusi nelle prigioni che non si potevano vedere da lì, oltretutto sembrava che la scalinata fosse cosparsa di petali di rose rosse. Non sapeva che era un'omaggio da parte degli abitanti infernali, per dare il bentornato alla loro regina, e inconsciamente si strinse al braccio di Hades; avrebbe indubbiamente preferito Shaka ma a modo suo la divinità era, con lei, rassicurante. Lui sorrise dentro di sè, conducendola con estrema gentilezza e calma salendo le scale, sorreggendo entrambi con quel cosmo che la rendeva tanto tranquilla. Visto da vicino il palazzo era ancora più imponente. Il biancore calcareo constrastava con l’oscurità cromatica che li circondava. Appena varcata la soglia furono accolti da una folla, disposta sui due lati come due ali, che sembrava attenderli. Nefertari rimase sbalordita quando due di questi, avvolti in possenti armature, si fecero avanti inchinandosi di fronte al loro Dio e subito dopo fecero lo stesso con lei. La situazione le ricordava, in maniera più solenne, il primo incontro con Loto e Pavone. Ripensando a loro si chiese cosa fosse successo al cavaliere che doveva essere rimasto in India: peccato che non avesse potuto restare pure lei.
    "Ti presento Minos del Grifone, e Eaco(Aiacos) di Garuda. Sono due dei miei generali più potenti, dei giudici del mio regno". Le parole formali di Hades chiarirono le identità dei due spectre alla ragazza, che si limitò ad annuire un pò nervosa e impreparata a tanta riverenza.
    "Mi ero dimenticato di presentarti Radamantys della Viverna, era con noi in carrozza” proseguì il Signore di quei luoghi indicando lo specter che li aveva scortati “e Saga dei Gemelli già lo conosci, vero cara?". Oh certo che lo conosceva, se ne ricordava molto bene. Gli gettò un'occhiata quasi disgustata, per poi osservare con più attenzione colui che ora aveva scoperto essere il Giudice della Viverna. Quel monociglio era estremamente particolare ma la sua attenzione venne di nuovo attirata da Hades, che si era mosso.( monociglio rulez! nd Vio)
    La sala era quasi immensa e gli spectre li precedettero mentre procedevano verso il trono di Hades, al fianco del quale Nefertari potè vedere una figura femminile dai lineamenti aggraziati che suonava l'arpa; aveva capelli lunghi e scuri, violacei quasi, ed un abito molto elegante e bello. Era una bella ragazza. "Lei è Pandora, la mia sorella terrena. Ogni epoca in cui mi reincarno lei si occupa di cercare il giovane più puro della Terra adatto ad ospitarmi.. questa volta ho preferito accoglierti nella mia vera essenza, per facilitarti il risveglio". Le sorrise anche se lei era frastornata da tutte quelle informazioni; aveva sentito parlare, al Santuario, di come le divinità si reincarnavano e trovava sconvolgente la rivelazione che gli aveva appena fatto. Lui aveva preferito rinunciare ad un nuovo corpo, aveva volutamente usato quello mitologico e, apparentemente, sembrava averlo fatto per lei, per colei che chiamava Persefone e che riteneva fosse dentro di lei; per un momento si disse che forse doveva avere amato davvero la sua sposa per usarle tante premure, ma poi ricordò Shaka e ciò che era successo in India. Non voleva adattarsi, non voleva cedere a quelle strani sensazioni che il cosmo di Hades le donavano, di armonia. No, lei non era la sposa eterna di Hades, lei amava con tutta l’anima Shaka e non potevano essere separati a quel modo: no, il destino non poteva essere tanto crudele, non era possibile. Nel bene e nel male, tuttavia, ora era prigioniera in quel luogo e pertanto doveva seguirne le regole. Non era stupida e capiva che essere protetta da Hades in persona le donava una certa sicurezza, almeno per ora, ma che doveva imparare a capire come funzionavano le cose in quel luogo dannato. Per questo sorrise nervosamente alla donna, che si era inchinata come l'etichetta richiedeva notando una certa freddezza in lei. Hades parve ignorarne l’atteggiamento preferendo occuparsi nuovamente di lei.
    "Saga, accompagna la mia sposa nelle sue stanze, dopo questo viaggio desidererà sicuramente riposarsi. Poi resterai di guardia assieme a Radamantys, affinchè possiate assisterla in caso di necessità". Era tornata la voce imperiosa della divinità e aveva sorpreso Nefertari. La Divinità imperante era decisamente diversa dall’Hades presunto sposo. Osservò a quel punto i due specter notando come non palesassero alcuna sorpresa, evidentemente loro erano già stati informati precedentemente del loro compito. "Certo, signore". Saga si era inchinato con aria servile, imitato dalla Viverna, e si volse verso a ragazza che inconsciamente indietreggiò spaventata; non poteva dimenticare tutto quello che era accaduto, perchè doveva essere affidata a lui? “Chiunque altro ma non Saga” disse in un moto di ribellione del tutto irrazionale, sorprendendo i presenti ma non lo specter che, palesando una calma olimpica rimase in attesa delle disposizioni del suo Signore.
    Hades sorrise lievemente. “Cara, so che hai ragioni per diffidare di quest’uomo, lui stesso mi ha messo al corrente dei vostri trascorsi al Grande Tempio. Dei presenti è però l’unico ad essere ancora, vagamente, ancorato alla sua precedente vita terrena e a poter conoscere e anticipare le esigenze del tuo essere umana. Non hai nulla da temere da lui, sa perfettamente che se dovesse venire meno ai suoi doveri verrebbe condannato al tartaro per l’eternità” (assieme ai dentistiii nd Vio) spiegò con incredibile pazienza mentre gli occhi scuri divenivano per un infinitesimale istante duri e freddi come l’acciaio, lasciando Nefertari ad osservare entrambi perplessa, mentre vedeva Saga chinare il capo in segno di rispetto e assenso. Rendendosi conto di non avere scelta, e decisa a restare un po’ da sola per provare a rimettere insieme le idee confuse del suo animo, si decise a seguire la direzione indicata dall’ex Gold Saint di Gemini precedendolo. Di fatto i due specter addetti alla sua scorta la condussero in un’altra ala di quell’immenso palazzo. "Il vostro sposo vi ha riservato un'intera serie di stanze, in attesa che siate pronta per riunirvi a lui" iniziò a spiegare Saga mentre illustrava il lungo corridoio sul qual si aprivano diverse stanze. Nefertari lo osservava dubbiosa mentre apriva un battente per mostrarle un ampio salottino arredato con mobiglia dalla foggia antica e ricercata e arazzi damascati alle pareti. Ma era lo stesso uomo che con disprezzo aveva decretato quasi la sua rovina, quello che le parlava con così tanto rispetto? Il cavaliere la condusse poi, in silenzio, fino ad un enorme portone, che venne spalancato da alcuni skeletons che si erano inchinati fino ai piedi.
    "Speriamo che la stanza sia di vostro gradimento, signora" facendosi di lato per darle accesso ad una lussuosa e imponente stanza da letto. Qui, tutta la tensione accumulata in quelle ore, la paura per se stessa per la sorte di chi le era più caro, affiorò come un fiume in piena travolgendola. Doveva sfogare questa rabbia contro qualcosa o meglio qualcusno. Senza esitare la giovane colpì, con tanta veemenza da arrossarsi il palmo della mano, il viso di Saga. Questi parve, per un istante, vagamente sorpreso ma non disse niente e rimase ad osservare tranquillo la giovane donna le cui iridi scure sembrarono perdere parte della patina di dolore che le aveva avvolte sino a quel momento, come se quel gesto avesse alleviato un peso che finora aveva sopportato.
    "Non ti avvicinare a me, traditore!" Le parole della ragazza erano un sibilo inviperito ma Saga non fece una piega: aveva degli ordini da seguire, che lei lo volesse oppure no. “Mi duole la mia presenza vi rechi tanto disturbo, mia Signora ma come vi ha spiegato il Sommo Hades ho l’incarico di servirvi e proteggervi, non verrò meno ad esso. Con il vostro permesso” soggiunse serafico prima di chinarsi ed allontanarsi, oltre la soglia, tornando nel lungo corridoio seguito da un sorpreso Radamantys.
    "Che caratterino la nostra regina.. " commentò quest’ultimo, vagamente sorpreso, considerando che Saga non aveva fatto nulla per evitarlo, e sembrava quasi indifferente a quel colpo ricevuto. Sembrava avesse previsto una simile reazione della giovane appena lontani dalla vista del Sommo Hades. Si voltò verso il guerriero, quando rimasero soli in attesa di una spiegazione. "Una volta le ho arrecato molti dolori, non mi attendevo nulla di meno. Devo solo avere pazienza, capirà che voglio solamente che si ricongiunga con il suo vero sposo" fu la risposta del risorto, gli occhi dell’ex Saint erano pacati ma decisi. ^Dovrà farlo, è necessario^ pensò, mentre si rendeva conto al contempo che sarebbe stata molto dura.

    Il silenzio che regnava all'interno dell'enorme stanza era proporzionato alle sue dimensioni, e Nefertari si sentiva un'intrusa. Non aveva ancora avuto modo di comprendere lucidamente quanto accaduto, anche lì percepiva parte di quel cosmo che ne aveva quietato l'anima e impedito qualunque reazione violenta. L'arredamento era maestoso, degno di una regina. La stanza pentagonale aveva un soffitto ad ampia volta con al centro dipinta una scena che ritraeva l’Olimpo e le divinità principali su sfondo bucolico. I lati erano sorretti da colonne di liscio marmo nero, venato di rosso, con capitelli dorati. Al centro troneggiava un enorme letto a baldacchino dai drappi rosso sangue in pesante velluto damascato. Tutto quel lusso ostentato e opprimente non aveva nulla a che vedere con la semplicità della sua vita al Tempio in India. Perché? Non voleva restare in quel luogo, non era quella la sua casa. Per assurdo aveva quasi creduto che, una volta varcata la soglia della stanza, si sarebbe ritrovata in India vicino al suo Shaka e che nulla era in realtà accaduto.
    Shaka.. solo in quel momento cominciò a realizzare la sua situazione: non era lui ad averla accompagnata lì, era rimasto in India ferito.. Sgomenta si rese conto che non aveva neanche certezza sulle sue condizioni di salute. Si era sentita morire quando aveva visto che era stato colpito e vero si era poi rialzato ma quanto era stato grave l’attacco subito? Come avrebbe potuto prestargli le sue cure ora che era bloccata in quel luogo? E come avrebbe fatto a rimanergli lontano, e accettare quell'uomo che sosteneva che lei gli apparteneva? Aveva i brividi di paura e sconforto. Fu costretta a sedersi su una sedia molto bella ed antica, che somigliava quasi ad un piccolo trono ma ne ignorò la ricercatezza. Maledetto Saga, perché doveva sempre intromettersi nella sua vita, perché era tornato dalla tomba per continuare a tormentarla? Pensare che quando credeva che fosse morto aveva quasi finito per comprendere il suo tormento in vita, e perdonarlo per averle arrecato tanti dolori. In fondo, per paradosso, non fosse stato per lui, che l'aveva spinta tra le braccia di Shaka non avrebbe conosciuto quell’amore completo e che seppur sbocciato con molta fatica, nonostante tutti i tentativi più o meno subdoli, non era stato possibile distruggere. Invece ora tornava a mostrare la sua vera natura, strappandole nuovamente la scelta della sua vita e imponendole un uomo che non era quello che lei voleva. Quale uomo, poi, un Dio, l'accerrimo nemico di Athena. Era impensabile, assurdo eppure erano lì sembravano tutti convinti che lei fosse proprio la reincarnazione della Divina Persefone. Che avessero ragione, che la cosa fosse sfuggita sia ad Atena che a Shaka? Era davvero possibile che il cosmo potesse davvero celarsi in lei, sopito, in attesa del risveglio?
    "Vi posso fare avere qualcosa?" Le sue meste elucubrazioni furono bruscamente interrotte da quella frase che ebbe su di lei lo stesso effetto destabilizzante di una bomba. Non si era accorta che qualcuno era entrato nella stanza, ed osservò un pò incerta l'altera figura della sacerdotessa Pandora avanzare fino ad inchinarsi davanti a lei. La donna non veniva in visita volentieri, glielo si leggeva nelle iridi di pece, ma Hades aveva insistito affinchè la sua sposa venisse assistita in tutto e a tal fine l'aveva mandata lì. Nonostante non fosse in grado di simulare piacere per quel compito che riteneva, a dirla tutta, degradante, non mostrò alla sua regina il profondo rancore che provava. Il suo arrivo la metteva in secondo piano, e Hades non aveva occhi che per quella donna umana che era custode del cosmo della mitologica Persefone. Aveva dovuto tacere di fronte a lui ma in fondo al cuore la considerava nulla di più che un'intrusa ma non era assolutamente prudente farglielo capire. Restò in silente attesa, percependone il disagio.
    Nefertari non riusciva a decifrare la rigida compostezza della donna, era ancora troppo frastornata per prestare attenzione a piccoli dettagli che avrebbero dovuto metterla in guardia. Del resto il suo sguardo calò, come una mannaia, sul volto di Saga che evidentemente aveva accompagnato la Sacerdotessa di Hades. Avrebbe voluto essere lasciata in pace, da entrambi ma pareva non avere diritto a questo, neanche da pseudo Regina degli Inferi. Rendendosi conto che doveva pur rispondere a Pandora iniziò ad articolare uno stentato "Io.. no.. mi chiedevo se.." odiava l’idea di chiedere lumi al riguardo in parte perché sarebbe sembrato loro strano e in secondo luogo perché aveva il sano terrore di sentir confermare i suoi atroci sospetti riguardo quell’enorme letto. Aveva già, come un deja-vu, vissuto una simile situazione. Come non ricordare la tensione provata la notte delle sue nozze con Shaka e il terrore che l'aveva attanagliata al pensiero che le facesse qualcosa. Ora, all'idea di doversi vedere costretta a ripetere tutto con quello sconosciuto, provava le stesse angoscianti sensazioni di allora se non, addirittura, accentuate. Ma come dire che non lo voleva? Questi avevano programmato ogni cosa, senza lasciarle neppure la parola in merito. Fu Saga a toglierla d’impaccio, stranamente, come se avesse potuto leggerle nel pensiero.
    "Il Sommo Hades ritiene che, almeno all'inizio, sia controproducente giacere assieme e pertanto ha predisposto per voi una sistemazione differente in attesa che l'essenza di Persefone si manifesti in voi" Le parole dello spectre sollevarono leggermente l'uomore della ragazza ma allo stesso tempo la gelarono, consapevole che era solo una questione di tempo; eppure era curioso, sembrava avere mille premure. Il paragone con Shaka era quasi inevitabile ma lei aveva ben chiaro chi fosse suo marito e chi no, anche se cercavano di metterle il tarlo del dubbio non avrebbe mai dimenticato il suo Shaka.. chissà dov'era, e cosa faceva. Comunque era sollevata al pensiero di potersene stare da sola senza l'onnipresente terrore di doversi difendere da qualcosa che non desiderava, e non nascondeva di temere molto lo strano ascendente che aveva Hades su di lei. E se avesse deciso di servirsi del cosmo per convincerla? Era abbastanza potente da riuscirci. Le venivano i brividi a quel pensiero. All'improvviso una dolce melodia permeò l'aria, giungendo fino alle orecchie della ragazza lasciandola basita. Era così stridente l’idea di una musica così dolce e sublime in un luogo come quello. Ancora una volta Saga seppe leggere perfettamente il suo stato d’animo tanto che si affrettò a spiegarle.
    “Credo che sia Orfeo, mia signora. In questo luogo è l’unico in grado di intonare simili melodie“. Il tono di Saga pareva privo di inflessioni tanto che Nefertari non avrebbe saputo dire se il doverle dare continuamente suggerimenti o informazioni lo annoiasse, infastidisse o gli risultasse del tutto indifferente. Rendendosi conto che al momento quello era il minore dei suoi problemi rimase, suo malgrado, ad ascoltare quella melodia, che aveva una sonorità molto triste ma stupenda, come se fosse uno straziante canto d'amore che la colpì. Senza pensarci la ragazza corse fuori da quella stanza, alla ricerca della fonte di quella splendida musica lasciandosi alle spalle una stizzita Pandora.
    “Non riesco a sopportarla. Questa sua dannata umanità è corrosiva come l’acido. Quanto durerà ancora il processo di risveglio del cosmo? Sembra una.. una.. “ il tono era carico di astio, incurante della presenza dello Specter che considerava al pari di uno schiavo di lusso ai servigi del suo Sommo Signore. Saga si volse a studiare il suo volto, impassibile, immaginava che la Sacerdotessa non vedesse di buon occhio Nefertari e ancor meno l’avrebbe tollerata una volta manifestatasi in lei la Divina Persefone conosceva troppo bene le trame dei giochi di potere. Sondò con prudenza il terreno.
    “Non sappiamo quanto può impiegare il cosmo a risvegliarsi ma di sicuro per qualche tempo tutti dovremo adattarci all’umoralità tipicamente umana della nostra Regina. Lungi da me darvi consigli, Lady Pandora, ma il vostro malcontento è palese, potrebbe irritare il Sommo Hades e la stessa Persefone potrebbe rammentarsene una volta ridestata. Vi consiglio prudenza“ il tono dimesso, come si conveniva al suo rango nella schiera delle forze dell’Ade. “Sei stato tu a ficcargli in testa l’assurda idea che quella…indiana sia il corpo ospite della Divina Compagna del mio Signore. Comunque andrà a finire sarai tu l’unico a rimetterci. Che si ridesti o meno il suo cosmo la tua vita è pura illusione. Il tuo ruolo in Ade è insignificante, esisti solo perché servi a fare da tramite per il ridesto del Cosmo ma quando ciò accadrà la Regina degli Inferi in persona richiederà la tua testa. Se non si ridestasse mai verresti spedito nel Tartaro (sempre coi dentistii xd nd Vio) a subire un supplizio eterno per aver osato ingannare il Sommo Hades, come vedi sei un morto che cammina, in tutti i sensi” disse in tono sprezzante la donna, passando oltre. Saga chinò il capo celando lo sguardo dietro quel gesto reverente.
    ^Fregiati delle tue vane convinzioni, Pandora. Il tempo gioca a mio favore, non al tuo^ fu il solo pensiero dell’uomo, mentre si avviava verso l’esterno, doveva raggiungere Nefertari era impensabile lasciarla vagare da sola oltre le porte del palazzo.


    Il silenzio dominava la scena. I cavalieri d'oro erano riuniti al tredicesimo tempio, convocati direttamente da Atena subito dopo il ritorno di Shaka e degli altri al Santuario. Il volto del cavaliere della Vergine era imperscrutabile come sempre ma Aiolia era sicuro di aver notato un leggero tremito del suo corpo. Shun aveva condotto, come richiesto, Pavone che era stato interrogato personalmente da Atena ma non aveva detto molto più di quanto in precedenza riferito a Shaka. I presenti nella sala erano rimasti sconvolti nell'apprendere di quanto accaduto in India, nonostante il sangue versato non fosse stato poi molto. L'idea che la reincarnazione di Persefone fosse realmente la giovane Nefertari era una cosa che faticavano ad accettare, assieme al fatto che Hades fosse uscito volontariamente allo scoperto per recuperarla di persona. Era un miracolo che non fosse accaduta una strage, si disse Athena, consapevole del grosso rischio che avevano corso i suoi guerrieri, naturalmente anche la ragazza, e persino coloro che erano stati resuscitati. Lo sguardo della ragazza si posò ancora sullo spectre del Pavone, che si sentiva umiliato dagli sguardi accusatori degli altri cavalieri. "Sei sicuro di non sapere altro?". Doveva insistere, cercare di scoprire il più possibile dei piani di Hades prima che questi compisse la prossima mossa; il ragazzo fece un cenno di diniego e Milo sbuffò, sarcastico. "Che ci aspettavamo, è un traditore, non ci rivelerebbe mai informazioni importanti".
    Erano tutti più o meno arrabbiati; Mu osservò il ragazzo, incapace di credere che fosse lo stesso che aveva salvato da morte certa la ragazza che si trovava adesso nelle mani del loro nemico. Spostò lo sguardo su Shaka. Poteva quasi indovinarne i pensieri, percepiva la sua preoccupazione nuovamente celata dall'aura invulnerabile che lo attorniava, e che lo rendeva come sempre inavvicinabile. Sentiva il profondo dolore e l'angoscia che si celavano dietro quella facciata e credeva di sapere di lui molto più di altri, in fondo erano amici. Sentiva che non era solo Nefertari e la sua assenza ad inquietarlo ma anche la scelta dell’ex allievo e addirittura del Saint dei Ghiacci di schierarsi con il nemico. Il destino gli poneva di fronte un altro duro colpo da sostenere, l’ennesima montagna da scalare, ma soprattutto la poneva a lei, alla sua Nefertari. Ora ci mancava solo che la ragazza fosse davvero la moglie mitologica di Hades per sprofondarlo nella disperazione. In quel caso sapeva che il biondo guerriero non si sarebbe facilmente rassegnato a quell'idea.
    La Dea non parlò per molti minuti, sembrava immersa in riflessioni profonde come estranea ai cavalieri presenti nella sala. Il silenzio si protrasse con i più sommersi in congetture e pensieri. Come Dohko appoggiato a quel bastone e arrivato da Goro-Ho ora che il sigillo era stato spezzato, come gli altri che continuavano a squadrare negativamente l'ex cavaliere d'argento. Nina stava in disparte ancora in lacrime al pensiero di essere stata inutile mentre Shun cercava di consolarla; assieme a loro c'erano anche gli altri cavalieri di bronzo e d'argento, coloro che erano sopravvissuti al terribile massacro della guerra contro Arles.
    All’improvviso fu la voce pacata di Dohko a spezzare il silenzio. "Se veramente quella giovane è Persefone, non ha nulla da temere da Hades".
    Se per tutti quelle parole furono foriere di sorpresa, solamente Mu percepì il moto di stizza nell’animo di Shaka. Era incredulo ed intimamente ferito che tutti potessero adattarsi così facilmente a quell’idea ma non disse niente. Lui era fortemente convinto che la ragazza fosse estremamente in pericolo in mano ad Hades: e se fosse morta nonostante quell'amuleto di cui avevano parlato? Con suo grande stupore Atena si dichiarò d'accordo con il Cavaliere di Libra.
    "E' vero ma non sappiamo per quanto.. cavaliere, che intenzioni ha Hades ora che ha portato la ragazza negli Inferi?" disse rivolta ancora al giovane specter, in catene, innanzi a lei.
    Nonostante il tono mite, Pavone poteva percepire quell'autorità inflessibile nella voce della giovane divinità che aveva di fronte. " Mi dispiace io non lo so.. io e il saint dei ghiacci abbiamo ricevuto solo poche informazioni e direttamente da Saga..non abbiamo incontrato Hades che quando lo abbiamo accompagnato in India, e non ci è stato concesso di parlargli di persona. " Un piccolo sbuffo si levò dalla figura di Shaka ma nessuno lo considerò. Pavone sentiva tutto il risentimento che il suo maestro gli rivolgeva e se ne dispiaceva molto, era quasi la condanna peggiore ma quando si girò verso di lui era calmo come il mare d'estate. Se lo era immaginato? "Volevamo solamente proteggerla, non.. " La voce del giovane si spezzò per le lacrime che faticava a trattenere e perchè sentiva che nessuno era disposto a credergli: non si aspettava nulla di meno, d'altronde era lui a recare il marchio del traditore, non gli altri. Rimase quindi molto colpito quando la mano di Atena si posò sulla sua: sembrava infondergli coraggio, paradossalmente lei, che neppure lo conosceva, gli credeva. La vide poi alzarsi e tornare a sedersi sul trono.
    "Fermati, Shaka". La voce autoritaria ma pregna di dolcezza della fanciulla fermò il guerriero che, stanco di tutte quelle congetture che non conducevano a nulla, aveva optato per la strada dell’azione. Lui conosceva il modo per scendere in Ade e dannazione lo avrebbe usato. Tutti si voltatono verso di lui chiedendosi che cosa avesse in mente di fare ed osservarono la Dea alzarsi nuovamente e muoversi verso di lui. "So cosa vorresti fare ma non puoi andare, il tuo posto è qui nel Santuario".
    Per un momento Shaka fu tentato di scaricare quella rabbia che lo invadeva; e che cosa poteva fare lì, mentre la sua Nefertari probabilmente pativa dolori a non finire? Percepiva un'inquietudine che non era sua ed era sicuro che arrivasse da lei: non percepirne più la presenza era devastante, Hades aveva praticamente reso tutto impossibile. Dominò quell'ira, non era da lui mostrarsi scortese sopratutto verso la Dea e pertanto cercò di mantenere ferma la voce, ma non atona. "Se parto subito potrei essere di ritorno a breve con Nefertari, e tutto sarà risolto". Athena, da quelle parole, percepì tutta la celata angoscia che doveva provare il suo guerriero, e in silenzio soffriva per lui, ma sapeva anche di non potergli permettere di fare ciò che si proponeva, per il suo stesso bene e anche per quello della ragazza.
    "Lo pensi veramente? E come credi che riusciresti a giungere fino alla Giudecca, Shaka? E se lei non fosse lì ma altrove? Se non fosse altro che una trappola tesa da Hades per eliminarti con una buona scusa? Ha detto che ti avrebbe risparmiato ma non mi fido di quelle parole, e poi rischieresti di mettere in agitazione la tua sposa ammesso che venga a sapere del tuo arrivo.. " c’era ferrea logica nelle parole di Athena. Shaka sapeva che la Dea parlava con obiettività ma questo non gli impediva di essere ugualmente irritato. Non voleva restare fermo ad attendere che Hades si impadronisse della ragazza, aveva giurato di proteggerla per lei e per ciò che li legava, come poteva restare lì tranquillo? Non rispose, non desiderava mettere a nudo la propria anima a quel modo ma la ragazza aveva ugualmente compreso il suo stato d'animo.
    "Non ti permettero di compiere un suicidio, Shaka, perchè sai che è a questo che andrai incontro.. ma ti prometto che troveremo un modo per aiutarla. Ora ritirati nella tua dimora, non c’è altro che si possa fare al momento". Sembrava un ordine quando invece si trattava di un consiglio dato col cuore; la ragazza percepì il conflitto interiore che lo animava ma sapeva che avrebbe fatto ciò che gli chiedeva. Non disse niente mentre lo guardava uscire, riprendendo poi il proprio posto; a nessuno sfuggì l'aria preoccupata che aveva.
    "Sono concorde con voi, dovremo attendere, milady, anche se è rischioso. E di lui cosa ne facciamo? " Mu aveva preso la parola per la prima volta da quando la riunione era iniziata, ed indicò Pavone che era ancora nella sala guardato a vista dagli altri. Tutti lo osservarono, si erano domandati la stessa cosa e si chiedevano se avrebbe subito la punizione destinata ai traditori, ovvero la morte. "Lui rimarrà qui, vorrei che fosse preso in custodia da uno di voi cavalieri e sorvegliato a vista".
    La voce di Atena sembrava stanca e la decisione colse tutti di sorpresa; era raro che un traditore potesse continuare a ma la ragazza si affrettò a spiegare. "Ovviamente bloccherò il suo cosmo ma non ha senso ucciderlo, credo che potrebbe dirci molto di più e poi se Hades avesse voluto, non sarebbe già più tra noi. E' evidente che ha qualcosa in mente.. " e bastò quella frase per placare ogni rimostranza o dubbio.
    Athena sapeva di avere preso una decisione singolare ma credeva che fargli togliere quella misera vita sarebbe stato inutile; non erano i suoi metodi, quelli, e anche se non pensava che avesse altre informazioni da dare, desiderava comunque tenerlo d'occhio e chissà, farlo diventare in qualche modo utile a tempo debito, in qualche modo. Per ora era meglio lasciarlo sotto la custodia di qualcuno. Stava già passando in rassegna il gruppo, per decidere a chi affidare l’incarico, quando per la prima volta Nina si fece avanti; aveva un'aria decisa e la Dea le concesse di parlare dopo che si era inchinata come da etichetta.
    "Se volete ci penso io, so che non sono un cavaliere d'oro ma mi sento responsabile per non essere riuscita a fermare gli spectre in India e vorrei in qualche modo riparare". La ragazza ancora era rabbiosa ripensando a come fosse stata costretta a battersi con il padre di Nefertari, e in un qualche modo suo personale desiderava rimediare all'errore madornale commesso; lo sguardo di Atena era indecifrabile e così intenso che anche se lei portava la maschera, si sentì quasi sottoposta ai raggi X.
    "D'accordo ma non ti devi rimproverare di niente, era intervenuto Hades in persona in fondo. Te lo affido quindi, il mio solo ordine è che non deve uscire dal Santuario per nessuna ragione e sei tenuta a non mettere a repentaglio la sua vita. Per il resto decidi tu e rivolgiti pure a me o al tuo maestro in ogni momento che lo ritieni necessario". Indicò Milo con uno sguardo mentre la silver di Crater annuiva. Pavone non sembrava tanto contento, specialmente quando venne bruscamente afferrato dalla ragazza e condotto nuovamente verso le celle: aveva l'impressione che avrebbe scontato dolorosamente l'essere ancora in vita.
    La riunione era terminata e i cavalieri d'oro rimandati nelle loro dimore, così come gli altri a cui era affidato il pattugliamento del resto del sacro territorio; nessuno di loro aveva commentato ciò che era successo se non bisbigliando tra loro, e nessuno aveva osato disturbare la meditazione di Shaka quando avevano attraversato la sua dimora per scendere. Tutti tranne Mu, che era deliberatamente stato l'ultimo a scendere per potergli parlare di persona. La pace che emanava la sesta casa sembrava sempre la stessa ma lui ne avvertiva un senso di leggera oppressione, che doveva essere propria del suo custode. "Andrà tutto bene, Shaka".
    Non gli chiese il consenso per passare perchè voleva scuoterlo da quel torpore, sapeva che la posa del loto in questo caso era una mera messa in scena, non era veramente chiuso in meditazione. Lui lo conosceva bene e sapeva che si stava volutamente struggendo per non poter fare nulla. Non credeva davvero a quelle parole ma sentiva di doverle dire per aiutarlo, in fondo tra amici ci si doveva sorreggere.
    "Ah si? Bene, se ne sei sicuro allora ci credo". Mu percepì il sarcasmo perfettamente celato dietro a quelle parole ma non si offese, era meglio una reazione acida all’indifferenza. Si avvicinò fino a giungergli di fonte, con quel suo sguardo serio e pacato. "Atena ha ragione, avresti commesso solo una sciocchezza ad andare nell'Ade da solo".
    Lui non l'aveva esplicitamente detto ma era stato chiaro a tutti ciò che desiderava; in un certo senso era ammirevole, era la prova che teneva davvero a quella ragazza, e che aveva veramente aperto gli occhi. Shaka taceva ma un muscolo tremò sulla guancia. Era profondamente turbato ma ancora riusciva a controllare i propri impulsi, cosa che non riteneva possibile.
    "Vattene, Mu, non so che farmene delle tue vuote parole. Mentre tu e gli altri sembrate sicuri che tutto andrà per il meglio, io sono bloccato qui e intanto Nefertari sicuramente sta male.. o magari è già morta.. ma no, voi vi siete tutti fidati delle parole di quel.. quel traditore, che sarà protetta…" L'esplosione arrivò per Mu prima del previsto, sempre pacato ma il tono era così tagliente da poter impressionare anche la persona più impavida; un lungo silenzio seguì quello sfogo, Shaka continuava quella pallida imitazione di meditazione solo per fare in modo che l'altro se ne andasse, che lo lasciasse solo col proprio dolore. Mu riprese parola in tono deciso non meno di quello del compagno d’armi.
    "Nessuno è sicuro di nulla, neppure Athena, e lo sai anche tu! Credi che a noi non angosci saperla in mano ad Hades e non con te? Ma non possiamo al momento fare nulla, Shaka, sono davvero convinto che al momento sia più al sicuro.. se davvero Hades la crede Persefone, non ha niente da temere..Ciò non vuol dire che non siamo preoccupati.. " Il cavaliere sapeva bene che Shaka era inquieto, e persino geloso probabilmente, ma voleva che cominciasse a guardare gli aspetti positivi di quella storia o sarebbe impazzito. In fondo Persefone era l'amata mitologica del Dio dell'Oltretomba, perchè avrebbe dovuto farle del male? Aveva scomodato persino il proprio corpo mitologico per recuperarla, una scelta che aveva sorpreso tutti loro. Vide Shaka tacere, sapeva che si stava dominando per non inveire contro di lui, adesso era troppo alterato ma confidava che avrebbe riflettuto su quelle parole.
    "Non mi consola per niente questo anzi, più penso a questo e meno mi capacito che il cosmo possa essere stato sopito al punto da non farci accorgere della sua presenza". Il tono di Shaka era tornato più atono di poco prima ma ancora inquieto, Mu lo sentiva. Al guerriero della Vergine dava fastidio il pensiero che probabilmente Hades avrebbe preteso da Nefertari le attenzioni di moglie che di solito riservava a lui, lo faceva impazzire quell'idea ma non disse niente anche se immaginava che Mu probabilmente lo sapesse. E poi era veramente possibile che pure Athena avesse ignorato la presenza di un cosmo nella moglie? Che cosa avrebbe fatto se veramente fosse stata la reincarnazione di Persefone? Non osava pensarci, avrebbe significato perdere tutto.. e proprio quando tutto si era sistemato tra loro.
    "Solo il tempo potrà dircelo, Shaka". Il biondo avvertì il congedo in quelle parole, Mu aveva deciso di lasciarlo finalmente solo per ritornare alla prima casa e lui fece semplicemente un cenno di assenso con la testa. Non c'era molto da dire se non attendere una mossa. Sicuro di essere solo aprì parzialmente le palpebre, incapace di concentrarsi alla perfezione come al solito; si alzò per recarsi nel giardino della sua casa, nel tentativo di trovare nuovamente quella pace interiore che ora aveva una grossa crepa là ove normalmente c’era l’anima di Nefertari a splendere. La sua attenzione venne attirata da un leggero indumento a terra, e lo raccolse riconoscendolo come uno dei sari preferiti dalla moglie. Era lo stesso che lui le aveva regalato il giorno dell'anniversario del loro matrimonio, proprio alcuni giorni prima. L’indumento tratteneva ancora il tipico profumo della pelle della ragazza, l'unico capace di scombussolargli i sensi; era un indumento molto prezioso - dalle tinte argentee che contrastavano con la pelle della ragazza - e lui aveva faticato molto per procurarselo. Raramente aveva fatto una spesa tanto ingente ma ne era valsa la pena, visto che a Nefertari era piaciuto immensamente e non aveva indossato che quello, e lui l'aveva portato con sè come ricordo, per sentirsi meno solo in quella dimora vuota della sua presenza. Era un pò come riaverla in fondo. Lo strinse gentilmente tra le dita per poi posarlo sulla sua sedia preferita prima di recarsi in quel giardino, l'animo leggermente più tranquillo.

    - continua -

    Editato dall'Admin

    Note delle Autrici
    N.d. * Violet *: muahahahah buongiorno a tutti quanti! stavolta è colpa mia il lungo ritardo T__Tma tra sfighe e varie il chappy faticava a prendere la forma che desideravamo u.u comunque ecco qui u.u
    come detto sotto dalla mia socia, è un pelino transitorio ma speriamo piacevole. hades è tutto mio(**) a spero sia apprezzato perchè a me piace tanto. saga invece è della socia MA supervisionato comunque da me U__U e ci mancherebbe xd
    pavone è mio** sempre e solo mio** ora l'abbiamo smollato nelle mani di Nina ahahah che non per nulla è allieva del grande e mitico Miluccio** cosa succederà mai?u.u e in Ade? Pandora darà in escandescenza?XDD avviso che come Pandora ci siam basate fisicamente su quella classica(del kuru)ma caratterialmente un pò su quella del Canvas.. ahimè fisicamente a me quella donna della shiori non piace proprio, è troppo volgare.. non sono una moralista ci mancherebbe altro ma ritengo sia TROPPO scoperta(come altre pg ma vabbè, questo non è lost canvas ma saint shaka..ops.. però suona bene vero?°__° tiè seiya u.u)
    anche Shaka è mio come carattere indi per tutte le lamentele del caso, scrivetemi pure*passa la pass a cancer, che risponda poi lui*XDDDD
    ok basta chiacchiere anzi scusatemi u.u se non vi piace il chappy vi spediremo nel tartato assieme a saga, e ai dentisti(XDDD vi giuro sta cosa mi fa morire quando ci penso XDD non resisto).. e ricordate: RECENSIRE RINFRESCA! u.u piccolo slogan per incoraggiare le recensioni durante l'afa XDDDD ciaoooooooooo!
    per richieste siam sempre disponibili u.u le realizzeremo? beh tentar non nuoce, giusto? XD

    Note di Aresian:
    Allora, in primis come ormai facciamo da un po', il capitolo è stilato principalmente da una delle due, in questo caso da Violet, poi l'altra lima qua e là e integra descrizioni o, nel caso specifico di questo chappy, il comportamento di Saga. Ormai Hades se lo gestisce Violet e Saga me lo sono acchiappato io...ahaha!!! Capitolo in parte transitorio, era inevitabile. Unico indizio con Saga non date mai niente per scontato, perdereste. Speriamo vi piaccia.

    Edited by Aresian - 31/8/2011, 23:18
  6. .

    IL TESORO PIU' PREZIOSO

    CAP. 3 - 3




    Sion non ebbe modo di scoprire nulla sulla sua misteriosa ospite nei giorni successivi, non c'erano tracce che potessero in qualche modo aiutarlo a comprendere da dove fosse spuntata; apparentemente sembrava piombata dal nulla poco distante dal Santuario, nessun indizio su chi l'avesse ferita e nessuno che la cercava. Certo non aveva potuto mettersi a dare i dettagli in giro ma i soldati avevano svolto un lavoro pressocchè eccellente coi mezzi di cui disponevano: che cosa doveva farne, quindi? Non gli dava alcun fastidio tenerla lì ma poteva sempre essere pericoloso: se si fosse presentato un nemico o il Santuario fosse stato attaccato avrebbe potuto restare ferita.
    Il cosmo di cui aveva fatto mostra sembrava sopito, anche se ogni tanto si sorprendeva a studiarlo ma senza mai capirne l'origine; forse era una futura guerriera, era la risposta più logica a cui fosse giunto pensandoci. " Che aria seria che hai! " Venne distratto dalla voce argentina della ragazza senza nome, chiedendosi come aveva fatto a non captarne l'arrivo. Il tredicesimo tempio era deserto ma gli sembrava di non averla neppure sentita camminare.
    " Stavo pensando come capire qualcosa di te, non ti sei stancata a fare tutte le scale? " Erano tante dalla prima casa, e fino a quel momento non le aveva ancora fatte da sola; la vide scuotere la testa e doveva ammettere che sembrava molto più in forma di quando era arrivata. Se non altro aveva perso quella magrezza assurda che aveva, o forse lui non era capace di osservare al meglio i dettagli delle persone.
    " Pensi che sono pericolosa vero? " Sembrava triste e si sentì un pò colpevole; sapeva che non era facile per una persona straniera comprendere gli obblighi a cui era sottoposto e forse aveva insistito troppo nel farle domande, scavare nella sua anima, facendola sentire magari inopportuna. Si grattò pensosamente il mento. " Non è questo.. sento il tuo cosmo, potresti anche essere una di noi ma quello che vorrei capire è come sei arrivata qui e cosa c'è nel tuo passato.. Non mi sei di peso se è questo che pensi ma non è giusto che tu stia qui, quando sicuramente hai una vita altrove che ti attende. " Cercò di spiegarsi, sorridendo anche per farle capire che doveva credergli e che voleva solamente aiutarla. " Mi dispiace non essere in grado di ridarti la tua quotidianità. "
    Non gli era mai accaduto un fatto del genere in tutta la sua vita, era un'abitudine cercare di alleviare la sofferenza di chi lo circondava e gli era sempre piaciuto poter risolvere i problemi; questo non era un problema però gli stava a cuore ugualmente, forse perchè lei sembrava essere tutta speciale. Anche non conoscere il suo nome lo rodeva, tanto che ebbe un'idea. " Siccome non so come ti chiami, è meglio che te ne assegni uno io.. ti piace Homotsu? "
    Sperava di no, che lo trovasse troppo complicato. Non aveva nulla contro quel nome anzi, era veramente delizioso, ma avrebbe potuto darle un nome greco, non era necessario attingere alla propria lingua: era troppo sentimentale, ecco, forse perchè la vedeva un pò come una tenera nipotina venuta a ricordargli che la vita non era solo guerra e solitudine.
    Lei annuì. " Oh si, se piace a te, a me va benissimo! " Sion trovò molto curiosa quella frase ma non trovò motivo di replicare, sembrava proprio contenta visto che il cosmo irradiava sensazioni positive. " Sono molto belle queste armature. " Fu proprio lei a cambiare discorso, riferendosi alle dorate cloth che aveva ammirato mentre saliva per fargli visita; era rimasta affascinata dalla magia del luogo, e a modo suo provava molto affetto per questa famosa Atena e anche per lui, che l'aveva accolta senza pensarci troppo. Sapeva che era molto anziano ma lei non ci pensava, non sentiva l'età importante per affezionarsi a qualcuno ma non lo disse.
    " E' vero, e sono anche molto potenti ma di solito la loro storia è intrisa di sangue: sarebbe molto meglio se fossero semplici oggetti. " Spesso l'aveva pensato, in ricordo del sangue versato due secoli prima durante la guerra sacra: compagni morti per la giustizia, e solo lui e Dohko a rappresentare ora un'epoca perduta nel tempo. Era stato ingiusto. " Hai ragione ma a volte è necessario per mantenere l'equilibrio nel mondo.. " Homotsu era leggermente pensierosa e non si accorse che Sion era rimasto colpito da quella frase; aveva già detto cose strane, come se comprendesse il mondo in cui vivevano. A chi apparteneva quel cosmo, a quale divinità poteva mai essere legata quella ragazza? Ebbe un'idea, forse un pò folle ma a cui poteva ricorrere. " Vieni, voglio mostrarti un posto speciale. "
    Lo Star Hill era molto speciale in effetti, era dove lui e tutti i suoi predecessori si erano recati per carpire i segreti delle stelle ed interpretarli, così da scongiurare o limitare i pericoli durante le guerre sacre e prevedere l'arrivo della loro tanto amata Dea; dubitava di poter scoprire qualcosa riguardo a Homotsu ma non si sentiva di escludere nulla. " Dammi la mano e non lasciarla per niente al mondo. " Così le disse gentilmente una volta al di fuori delle mura del Santuario; non era il caso di arrivare a piedi sullo Star Hill, per lei sarebbe stata una fatica enorme, molto più rapido e pratico il teletrasporto; sentì una curiosa sensazione quando lei strinse le dita contro le sue, sembrava che ci si aggrappasse e poi sparirono.
    Ricomparirono un secondo più tardi, alle porte del sacro luogo che non visitava da quando lei era arrivata. Da quello che ne sapeva nessuna donna aveva mai messo piede lì, a parte forse qualche reincarnazione di Atena, e per un momento si chiese se non stesse commettendo un sacrilegio. " Oh che bello! " La voce carica di emozione di Homotsu lo distolse dai suoi pensieri, ed osservò la fanciulla camminare per il luogo con grazia, come se ne comprendesse la sacralità e cercasse di non commettere azioni strane.
    Camminava, semplicemente, e lui la osservava; sembrava curiosa ma non invadente e gli fece solo qualche domanda prima di mettersi a fissare il cielo stellato che pareva essere lì solamente per essere ammirato. Così le spiegò a che cosa serviva lo Star Hill, si sentiva in dovere di dirglielo in fondo l'idea di arrivarci era stata sua e anche se lei non aveva domandato nulla, percepiva la sua curiosità.
    Come immaginava le stelle non avevano nulla da dirgli, sembravano silenti spettatrici di quell'incontro. " Sei fortunato, Sion, hai un posto tutto tuo dove rifugiarti quando lo desideri.. " Homotsu pareva improvvisamente triste, come se la nostalgia fosse emersa prepotente in quel giovane corpo per ricordarle che in fondo era solamente un ospite. Le poggiò una mano sulla spalla, sentendosi quasi millenario con quel gesto. " Non è mio, molti prima di me l'hanno visitato e molti altri mi succederanno.. sono solo uno tra tanti. " Pronunciò quelle parole con la consapevolezza, per la prima volta, della realtà di quanto aveva detto: era solamente uno tra i Gran Sacerdoti, non il primo, non l'ultimo e neppure l'unico. Per un momento si chiese a cosa serviva quella vita ma non lo disse, rimanendo sorpreso da quel gentile abbraccio. Non se l'aspettava.
    " Non è vero, non sei solo uno.. per me sei tutto ciò che ho.. " Parole impulsive ma sincere, che Homotsu non era riuscita a trattenere così come quel gesto; voleva fargli capire quanto fosse importante per lei la sua presenza ma non era sicura che lui lo volesse comprendere e ne fu certa da quel silenzio; anche se aveva ricambiato, di certo non aveva compreso a fondo ciò che intendeva dire. " Sei molto gentile, cara, ma anche questo cambierà ed è proprio ciò che desidero, restituirti i tuoi affetti così potrai tornare nel tuo mondo. "
    Ma la ragazza non era sicura che fosse ciò che desiderava lei; all'improvviso capì che non voleva niente dalla vita, le bastava avere incontrato lui e non desiderava nient'altro. E capì anche che non sarebbe stato facile farglielo accettare, non voleva essere vista solo come una semplice comparsa nella sua vita e sapeva che si sarebbe dovuta impegnare molto: nonostante l'età avanzata voleva essere amata da quell'uomo e ci sarebbe riuscita. Anche a dispetto di tutti i problemi che avrebbe potuto incontrare.

    Come ben immaginava, Sion non si era per nulla reso conto di quello che lei provava; nelle settimane successive rimase molto sorpreso dalle mille premure che Homotsu aveva per lui ma senza fare nessun collegamento. Spesso gli portava in dono i piccoli fiori selvatici che crescevano in Grecia, per abbellire il suo tempio gli aveva detto, e si prendeva molta cura anche della casa dell'Ariete. Sion era molto colpito da quel modo di fare, e un paio di volte si era sorpreso ad ammirarla; nonostante la maschera non aveva dimenticato i particolari occhi rossi, e spesso si constringeva a ricordarsi che Homotsu era un pò troppo giovane per farsi osservare così da lui. Eppure sembrava impossibile non notarla, era fresca come una rosa e irradiava una serenità contagiosa, ed era molto allegra; non aveva scoperto proprio nulla su di lei, nè notato movimenti strani.
    " Pensavo di farti addestrare.. " Fu ciò che le disse quel giorno quando, come di consueto, era salita fino al tredicesimo tempio per prendersi cura di quei fiori che gli portava e, sentendo quelle parole, l'umore della ragazza sprofondò. Aveva sperato, con il tempo, che Sion capisse ciò che aveva nel cuore ma lui pensava solo ai doveri, senza accorgersi di nient'altro. " Io.. non so.. " Pensò che potesse essere una buona idea, non fosse altro per stare a contatto con lui di più senza cercare scuse ma le pareva di approfittare di qualcosa.
    " Se non ti va non importa.. era solamente un'idea, non vorrei che ti annoiassi qui. " Il Santuario non era certo il posto più adatto ad una ragazza giovane come lei, e si sentiva in colpa tenendola lì ma non poteva fare altro. Anche le stelle tacevano, rendendogli difficile il compito. " Però ti consiglio di riposarti, io devo uscire dal Santuario per un pò e se ti va puoi anche stare qui. " Doveva fare il solito giro di controllo, per assicurarsi che tutto fosse in ordine anche all'esterno; per un momento pensò di portarla con sè, anche solo per pochi minuti ma era troppo pericoloso. Tuttavia restò sorpreso quando fu lei a dirgli che avrebbe avuto piacere ad accompagnarlo, se attendeva un pò che si cambiasse.
    Non aveva neppure risposto che si era fiondata giù per le scale, prima che lui potesse replicare. " Giovani.. " Sorrise Sion, pensando che in fondo lei aveva mille vantaggi con quell'età; era solamente riuscito a scoprire che aveva circa venticinque anni, dimostrandone però molti di meno, e che erano le stelle del Leone a vegliare su di lei. In alcuni momenti gli aveva ricordato Regulus, il piccolo genio anche lui perito in una sanguinosa battaglia. Dopo un'oretta circa decise di scendere, impreparato di fronte a quei preparativi che la ragazza aveva fatto: indossava un chitone blu scuro, uno di quelli che aveva fatto acquistare per lei dato che non aveva abiti personali, ed aveva messo qualche goccia di acqua di rose.
    " Sei splendida ma per una semplice passeggiata fuori non so se ne valesse la pena.. potresti sporcarti.. " Era rimasto incantato, ed era anche un pò orgoglioso di farsi vedere con a fianco una persona così affascinante; sapeva bene che l'avrebbero compatita vedendolo con lui che veniva chiamato vecchio ma non gli importava. E neppure a lei, perchè sembrava semplicemente contenta.
    Quel giorno Sion compì il solito giro della città, facendosi notare da molta gente che lo salutava con rispetto: era molto noto come gran Sacerdote, e molti si chiedevano chi fosse la ragazza vicino a lui. Dalla maschera ne dedussero che forse si trattava di un'apprendista ma nessuno fece domande, mentre i due camminavano; Homotsu guardava le vie di Atene con crescente interesse, sorvegliata silenziosamente da Sion che sperava di carpirle qualche involontaria informazione. Niente, nulla si scoprì, sembrava una comune fanciulla dotata solo di un mistero potente quanto il cosmo che ora pareva nascosto. Furono così di ritorno alcune ore dopo, verso sera, quando la ragazza manifestò il desiderio di vedere il mare.
    Per un momento Sion rimase perplesso ma acconsentì con un sorriso gentile, in fondo cos'era una visita alla città senza ammirare le onde dello splendido mare greco? Notò che era molto silenziosa mentre lo osservava, persa in chissà quali pensieri.
    " Sion? "
    La voce di Homotsu era improvvisamente timida, e lui le sorrise per rassicurarla. " Dimmi. " Forse le era venuto in mente qualche dettaglio, magari guardare il mare le era servito anche se era stata così silenziosa. Non capiva il motivo di quell'attesa, e gli dispiaceva quasi che portasse la maschera ma le regole..
    " Io.. ecco.. " Perse improvvisamente il coraggio, per ritrovarlo subito dopo " io.. sono innamorata di te !" Per un momento l'uomo si disse che doveva avere sentito male.. non c'era altra spiegazione ma quel silenzio era diventato improvvisamente pesante. " Cosa?! Ma.. ma non scherziamo su, lo sai che sono il Gran Sacerdote e sono abbastanza vecchio da essere un tuo antenato. " Aveva voluto scherzare, Sion, ma non era preparato alla sua reazione; si era stretta al suo braccio. Diceva davvero?
    " Beh non lo sei.. quindi dov'è il problema? " fu l'allegra replica che lo lasciò stravolto. Sul momento aveva creduto che Homotsu volesse burlarsi di lui e cercò di far finta di non avere sentito nulla. " Dobbiamo rientrare. " La voce per la prima volta suonò decisa, come se le stesse dando un ordine, e si avviò verso il Santuario. Si accorse però di non essere stato seguito e quando si voltò la vide ancora ferma dove l'aveva lasciata, la maschera a terra e il volto che lo osservava. Piangeva? E perchè l'aveva tolta all'improvviso? Ritornò indietro di qualche passo, incerto. " Che cos'hai?"
    Si sentiva infastidito, non voleva più sentire quelle parole che l'avevano profondamente sconvolto, e che credeva fossero state dette solo per riconoscenza; a volte succedeva in quei casi, e forse Homotsu si sentiva in debito verso di lui ma non intendeva permetterle di continuare quello che secondo lui era un gioco; eppure, sondando col cosmo quelle emozioni, si rese conto che celava un dolore cocente e che non mentiva.
    Pensò all'assurdità della situazione. Lei così giovane e affascinante, e ricca di mistero, e lui vecchio e vincolato da un giuramento che aveva più di due secoli; certo, anche senza quello rimaneva comunque un guerriero di Atena, non poteva esserci nessuna chance per loro. E poi non era così pazzo da permetterglielo, in fondo la differenza d'età era rilevante.
    " Ascolta.. non volevo offenderti ma io penso che tu ti sia solo lasciata trascinare dalla situazione. In fondo non hai appigli, sei sola e non ricordi chi sei stata.. " Cercava disperatamente una giustificazione che gli consentisse di apparire credibile ma rimase sorpreso sentendola così vicino, si sentiva improvvisamente vulnerabile e invece di allontanarla da sè, approfondì quel bacio che lei gli aveva dato. Non si sarebbe mai immaginato di trovarsi nella vita, specie a quell'età, a baciare una donna ma non riusciva a farne a meno; era bastato un innocente contatto tra le loro labbra per fargli perdere la ragione, ed indurlo a chiedersi perchè non poteva averla.
    " No! " Era una secca sillaba, che sancì la fine di quell'idillio; Sion non voleva permettere a quelle sensazioni di annebbiargli la mente e fargli dimenticare i propri doveri, e si sentì quasi straziare sentendola piangere. Era incredibile però, non si era sentito colpevole di quel bacio, gli era sembrato giusto e normale, pur sapendo che si trattava di un frutto proibito. " E' ridicolo tutto questo, Homotsu, non solo perchè tu non sai chi sei e io sono il Sacerdote di Atena.. La differenza di età è eccessiva, e non voglio più che tu faccia o dica qualcosa del genere o sarò costretto ad allontanarti. " Era severo come mai era stato con lei ma lo doveva fare; quella dolce follia di quei minuti doveva essere tenuta a freno e se lei non ne era capace, allora l'avrebbe fatto lui. Non ebbe risposta se non quei lunghi e devastanti singhiozzi; solo un'ora prima avrebbe potuto abbracciarla e consolarla ma ora che conosceva ciò che provava, non poteva farlo. Era un reato in fondo, almeno per lui, e non desiderava approfittare di lei. L'onore glielo impediva, e anche quello sconosciuto sentimento che sembrava essere apparso all'improvviso.
    Non era sbagliato quel nome che le aveva dato; Homotsu significava tesoro, e lui avrebbe protetto quel tesoro ma non si sarebbe arrischiato ad aprire il forziere. " Va bene.. " La risposta di lei arrivò, come si attendeva, ma pareva priva di vita, priva di volontà: l'aveva detto solamente per lui, per non essere costretta a non vederlo più ma non ci credeva veramente. Lo seguì in silenzio rientrando al Santuario e non lo vide più per parecchi giorni. Non sapeva che lui stava cercando per lei una sistemazione altrove, di modo da consentirle una vita lontano da lì.







    u.u e buongiorno <3 come vedete la cara Homotsu soffreT__T tutta colpa tua Sion<.<*lo picchia* però ce lo vedo a reagire a questo modo, insomma, lui è molto ligio al dovere(troppo nd homotsu) e poi sono comunque alltri tempi(1957), dove sicuamente la visione dell'amore era molto diversa, specie in quell'ambiente. anche il fatto che sia lei a prendere l'iniziativa è una cosa ardita per quei tempi, ma spero non venga giudicato male^^ in fondo era solo un bacettino innocente, è lui che ha approfondito U____U
    ora vi lascio meditare e ipotizzare su cosa accadrà, se il vecchio Sion cederà o no(come se non lo sapessimo XDD)e come sopratutto

  7. .
    TITOLO: Il tesoro più prezioso
    AUTORE: * Violet *
    RATING: PG 14
    BREVE SUNTO: " Sommo Sacerdote, una donna è stata ferita qui fuori e chiedeva asilo al Santuario! "
    Ne aveva sentite di cose in duecentoquarantasette anni, Sion, ma qualcuno che chiedesse asilo al santuario ancora gli mancava; sicuramente non doveva essere una persona comune, nessuno conosceva il modo per entrare nè il mondo dei cavalieri. Strano che le stelle non l'avessero avvisato, o forse lui non aveva prestato la dovuta attenzione ai loro segnali?

    CONTIENE SPOILER: NO A volte potrei accennare ad alcuni eventi accaduti in "Lost Canvas" e quindi non so se possono già essere usciti tutti in Italia(nel manga si, l'anime non so), quindi non leggete in tal caso anche se si tratterà comunque solo di semplici accenni dato che Sion è stato uno dei protagonisti della serie
    GENERE: OOC, Slice of life fluff, Generale
    PERSONAGGI:Aries Shion - Homotsu (personaggio originale by * Violet *) - Mu e Homotsu(figlia) sotto forma di bebè
    Nota pre storia - Si tratta del prequel di " Specchi Infranti " (quindi posto prima questa) e narra la storia tra Sion e la donna che ha amato. Può comunque essere letta senza conoscerla, credo che possa piacere ugualmente. Siccome molte cose in quella storia sono What If ci tengo ad alcune precisazioni:
    . Mu è figlio di Sion, così come Homotsu poi ma qui non compariranno..se non sotto forma di bebè; l'età di Mu in " Specchi Infranti" è di circa 26-27 anni ed essendo ambientata quella nel 1986 circa ho cercato di mantenermi fedele;
    . può essere che vada un pò OOC, è la prima volta che tratto Sion e non è neppure il mio preferito ma come tutti i pg di cui scrivo cercherò di renderlo piacevole;
    . mi trovo attualmente da un pc bislacco, per cui in seguito aggiungerò ogni possibile avvertimento e ci tengo a dire che si tratta di OOC, Slice of life, che sarà sentimentale, triste, quasi sicuramente con un finale tragico e che il mondo dei Saints l'ho forse rimaneggiato un pò.
    A volte potrei accennare ad alcuni eventi accaduti in "Lost Canvas" e quindi non so se possono già essere usciti tutti in Italia, quindi non leggete in tal caso anche se si tratterà comunque solo di semplici accenni dato che Sion è stato uno dei protagonisti della serie.

    Dopo queste premesse vi auguro buona lettura. Prevengo che probabilmente anche se sentimentale, non credo di soffermarmi su scene dettagliate di rapporti sessuali perchè non le ritengo al momento essenziali, anche se sicuramente succederà dati gli eventi. Se cambiassi in corso d'opera, sarete avvisati^^ Attendo i vostri commenti^^

    Vio

    CAPITOLO 1 -1

    Atene, 1957

    Il silenzio regnava sovrano nel regno di Atena, il Sacerdote quella notte si trovava sullo Star Hill a scrutare il cielo stellato, che era particolarmente luminoso. Era ancora troppo presto per il risveglio della Pallade ma era sempre bene tenersi informato sui movimenti degli astri e di ciò che era racchiuso nell'universo. La volta celeste era tranquilla e la silente atmosfera di quella notte rendeva i sensi dell'uomo molto più rilassati; era ben raro che si potesse concedere qualche momento solo per sè stesso, nonostante l'età decisamente avanzata. Quanti anni era che guardava le stelle in attesa della prossima guerra sacra? Il santuario era praticamente deserto, ogni tanto qualche cavaliere compariva ma si trattava solamente di casualità; se non aveva fatto male i calcoli probabilmente mancavano ancora trent'anni al risveglio totale dei protettori di Atena, e all'inizio del nuovo conflitto contro i nemici. Hades di sicuro, ma chi poteva dire se sarebbe stato l'unico? Forse anche Poseidone avrebbe interrotto quello che lui definiva letargo divino. Scrollò la testa, apprestandosi a lasciare quel luogo. Era inutile fare congetture, tutto poteva succedere e c'era solo da sperare di essere davvero all'altezza del compito di cui era stato investito.
    Non che a Dohko andasse meglio, visto che era perennemente a Goro-Ho a sorvegliare che il sigillo che Atena aveva imposto su Hades e le sue stelle malefiche continuasse a fare effetto. Due compiti duri ma che, almeno fino a quel momento, avevano svolto con efficacia e con dedizione; tuttavia a volte credeva che ripopolare le schiere ateniesi fosse quasi più difficile e si sentiva schiacchiato da quella responsabilità. Chissà se anche Sage, il suo predecessore, aveva avuto tutti quei dubbi: a quei tempi gli era sembrato molto sicuro e carismatico ma chi poteva davvero dire di conoscere a fondo un cavaliere? O anche solo un uomo?
    Era triste rientrare in un luogo un tempo pieno di vita, ed ora quasi del tutto deserto a parte qualche soldato e un numero decisamente sparuto di cavalieri, così optò per una passeggiata per la città. Atene era sempre splendida, e per fortuna la seconda guerra mondiale era ormai alle spalle: era rabbrividito al pensiero del conflitto che aveva sconvolto il mondo e aveva quasi temuto che le divinità decidessero di scendere in campo per frenare quella follia che aveva consumato milioni di vite. Ma naturalmente non era stato così, in fondo Atena e gli altri erano Dei, e come tali si preoccupava di difendere la Terra ma solo quando i soliti nemici arrivavano a minacciarla. Forse era un pò ingiusto ma la realtà non mentiva. Le onde del mare che sbatteva sulla costa era piacevole.
    Era notte fonda, a parte lui non c'era nessuno in giro così per una volta riuscì ad assaporare il profumo di salsedine sicuro che niente avrebbe potuto turbare quella pace. Non sapeva, Sion, che il destino lo stava lentamente avvicinando all'incontro più importante della sua vita, e non sarebbe stato neppure facile comprenderlo. Dopo alcune ore di quiete, quando iniziò ad albeggiare, l'anziano Sacerdote si avviò verso l'ingresso del Grande Tempio; i doveri li conosceva, poteva concedersi ogni tanto uno strappo alla regola ma sarebbe sempre tornato a presiedere il tredicesimo tempio.
    Non c'era freddo anche se l'inverno era ormai alle porte e l'aria si stava rinfrescando a dovere; la sua attenzione venne attirata da alcuni soldati non appena ebbe messo piede sul sacro suolo del Tempio. " Sommo Sacerdote, una donna è stata ferita qui fuori e chiedeva asilo al Santuario! "
    Ne aveva sentite di cose in duecentoquarantasette anni, Sion, ma qualcuno che chiedesse asilo al santuario ancora gli mancava; sicuramente non doveva essere una persona comune, nessuno conosceva il modo per entrare nè il mondo dei cavalieri. Strano che le stelle non l'avessero avvisato, o forse lui non aveva prestato la dovuta attenzione ai loro segnali? " Fatemi vedere. " La voce era pacata e gentile, e anche se portava quella maschera lo era pure la sua espressione; rimase colpito nel vedere un corpo svenuto coperto di sangue. Aveva lunghi boccoli lilla, una tunica stracciata ed era estremamente pallida ma poteva percepire un cosmo aleggiarle attorno, e questo lo bloccò; che cosa poteva mai fare, ora? Non riusciva a stabilirne la natura ma non pareva malvagio, semplicemente.. triste.. Chissà quanti anni aveva, a occhio e croce doveva averne una ventina: si sentiva quasi preistorico pensandoci.
    " La porto su nel tredicesimo tempio, andate a raccogliere informazioni e tornate a riferirmi. " Ordinò mentre bloccava l'emorragia che aveva colpito la sconosciuta; forse era una follia ma la prese gentilmente in braccio, cominciando a salire le scale e attraversando tutte le Case vuote fino ad adagiarla su un giaciglio in un'ala del tredicesimo tempio. Avrebbe atteso il suo risveglio, così da farle qualche domanda e decidere il da farsi.

    - continua -

    Modiificato dall'Admin per l'esigenza di separare i capitoli.

    Edited by Aresian - 16/8/2011, 16:02
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    Per il logo si ringrazia sentitamente GioTanner.

    CAPITOLO 7 - Yin e Yang

    Per quanto tempo rimasero così, immobili, davanti a quella spoglia e triste tomba non avrebbe saputo dirlo. Sentiva , Shaka, che doveva lasciarle il tempo di sfogare appieno il suo dolore e che tutto quello che poteva fare per lei era restare lì, in silenzio, al suo fianco tenendole la mano. Quando la spossatezza del viaggio e di tutte le lacrime versate ebbero il sopravvento sulla giovane, con fermezza, l'aiutò ad alzarsi. Faceva freddo e tra non molto sarebbe calata la sera. Risoluto l'accompagnò sino alla porta della baita, non era sprangata notò, potendo facilmente entrare. All'interno faceva freddo quasi quanto fuori, era il caso di scaldare l'ambiente.
    “Tu resta qui. Io torno subito” disse in tono pacato facendola accomodare sul piccolo divano posto accanto ad un grande camino di pietra mentre andava sul retro in cerca di legna. Nefertari non sentiva il freddo, a dire il vero provava solo un vuoto profondo ed incolmabile. Fino all'ultimo aveva sperato che ci fosse stato un errore ma così non era. L'uomo che le aveva fatto da padre, che l'aveva salvata dalle rovine dell'orfanotrofio e donato amore e comprensione, non c'era più. Ora era sola al mondo, veramente sola. Chi avrebbe saputo scaldare adesso il suo cuore divenuto freddo come il gelido Mare Siberiano? Non si era neanche resa conto che Shaka era tornato e che la stava osservando con una vena di preoccupazione sul volto di solito inespressivo. Il fuoco scoppiettava allegro, così stridente con il suo animo, nel camino e lanciava strani riverberi sulla lucida armatura d'oro del marito. Scrollandosi di dosso quello strato di apatia la giovane si sforzò di prestargli attenzione, le stava parlando. “Ormai è tardi e rimettersi subito in viaggio sarebbe troppo faticoso per te, sarà necessario trascorrere qui la notte”.
    La giovane non si prese neanche il disturbo di rispondere, lo conosceva abbastanza da sapere che la informava ma tanto si faceva come aveva già deciso lui. Senza dire niente si mise a fissare le fiamme, isolandosi dal mondo.

    Shaka rimase un attimo a fissare la moglie perplesso. Non era bene, tutto quel dolore racchiuso in fondo all'anima stava inaridendo lo spirito della giovane. Era suo dovere provare a porvi rimedio, distrarla, ma non era avvezzo a quel genere di preoccupazioni e non sapeva bene come comportarsi. Decise che l'unico modo, al momento, era di essere vagamente autoritario non fosse altro che per suscitare in lei una qualche emozione.
    “Io vado al villaggio a procurarmi cibo, coperte e abiti più caldi per te ed ho intenzione di prendere informazioni su quanto è successo. Ho lasciato della legna nell'angolo, non far spegnere il fuoco” disse atono, come suo solito, prendendola per le braccia e rimettendola in piedi. Vide un vago lampo di ribellione nelle sue iridi notturne e ne fu soddisfatto. Almeno era una reazione.
    “Informazioni?”chiese poi, evidentemente cogliendo solo in quell'istante il senso della sua frase. Rispose inarcando un sopracciglio cesellato. “Non vuoi sapere quando e come è morto?” la frase era elementare. Vedendo che non rispondeva ne dedusse che non era sicura di volerlo sapere ma lui aveva il dovere invece di conoscere la verità. Lasciandola sola, forse era quello che lei desiderava, si allontanò verso il villaggio. Qui ebbe modo di parlare con un ragazzino molto sveglio di nome Jacob che gli raccontò per sommi capi dello strano comportamento del Maestro dei Ghiacci e dello scontro avuto contro l'ex allievo ora Saint del Cigno. C'erano cose che non gli tornavano in quel racconto e questo lo irritava, non amava non riuscire a comprendere gli eventi. Quando fece ritorno alla baracca il fuoco era ancora acceso ma la giovane era salita nella mansarda. La sentiva rovistare in modo quasi febbrile, chissà cosa stava cercando. Incuriosito la raggiunse giusto in tempo per vederla tirare fuori, da un vecchio e frusto baule, un piccolo ritratto con i volti sorridenti del Saint dei Ghiacci e della piccola stretta in braccio, saldamente aggrappata al suo collo. L'unico ricordo che le rimaneva da conservare. Non era difficile capire che la giovane si era guardata intorno per tutta la casa alla ricerca di qualcosa che evidentemente non era riuscita a trovare. Quando la vide in volto comprese che aveva pianto perchè la delusione era percepibile sotto quell'apparente fredda aggressività.
    “ Ecco dove ho trovato qualcosa di me, dentro a questo baule. E' evidente che deve aver creduto a quanto gli hanno raccontato. Ho vissuto qui per anni e la sola cosa che lo dimostra è questa maledettissima foto!” Scagliò per terra la cornice, il vetro in frantumi che schizzò sul grezzo pavimento di legno, la voce dura era incrinata dal pianto che non riusciva evidentemente a trattenere. Il guerriero era parzialmente sorpreso da tanta inaspettata violenza ma preferiva che fosse così, meglio che si sfogasse piuttosto che racchiudere tutto nella propria anima rifiutando di parlarne. In un altro momento, e in un altro tempo, avrebbe preteso che si scusasse e magari l'avrebbe anche intimorita a parole, ma in questa occasione si limitò a raccogliere la foto e a studiarla con attenzione. Era possibile che l'uomo ridente raffigurato nella fotografia avesse bandito dal cuore la figlia che aveva salvato da una morte sicura? Guardando la foto fu sicuro che non era così altrimenti neppure quell'immagine sarebbe esistita. Con decisione le si avvicinò posandole una mano forte, che emanava sicurazza, sulla spalla costringendola a guardarlo.
    “Forse ciò che non vedi lo ha portato nel suo cuore, per questo non riesci a trovarlo. ” le disse in tono fermo con una inclinazione mite che lei era certa di non avergli mai sentito. Scossa da quelle parole la giovane levò il viso a cercare quello del marito che spesso, nella sua imperturbabilità, vedeva quasi come ostile senza riuscire a decifrarne l'espressione. Era sempre immobile, e virtualmente distante da lì forse, ma mai come in quel momento sentiva di aver sfiorato quell'affinità particolare che qualche volta si era illusa di trovare nei suoi sogni. “Lo credi davvero?” riuscì a chiedere con l'animo sospeso tra il dubbio ed una pacata rassegnazione. Fu un'impressione o una vena di delusione passò sul volto perfetto del guerriero? “Pensavo di averti dimostrato con i fatti che non amo le menzogne” le disse semplicemente lasciando sottintendere che se non le accettava negli altri, per il suo rigido modo di pensare, maggiormente non le avrebbe ammesse in se stesso.
    “Scusa” una piccola parola ma detta con il cuore. Durante quel viaggio si era dimostrato molto più profondo e complesso di quanto aveva imparato a conoscerlo e si rese conto che probabilmente non conosceva ancora il vero “animo” di Shaka. Forse non ci sarebbe riuscita mai. L'ombra di un sorriso piegò le labbra del cavaliere mentre, in silenzio, si faceva da parte per permetterle di tornare al piano di sotto.

    Dopo un frugale pasto a base di salmone affumicato, pane e formaggio – a dire il vero Shaka si era limitato ad assaggiare un pezzo di pane e a bere dell'acqua – (N.d. Aresian – il solito asceta) i due stesero un pesante tappeto di pelle d'orso accanto al massiccio camino, attizzando le fiamme perchè spargessero maggior calore, posandovi sopra l'unico materasso utilizzabile, un po' frusto e da una piazza e mezzo, spostato dalla stanza sul retro che decisamente era troppo fredda per i gusti di Shaka.
    Il vento del nord soffiava senza tregua e sferzava le pareti di roccia e legno della baita facendole scricchiolare. La falce di luna che si intravvedeva dalla piccola finestra era l'unico lume a perforare le tenebre di quella stanza, unitamente al riverbero delle braci roventi dietro la sua testa. Era da quando il marito era ripartito per la lunga missione al Grande Tempio che non dormiva con lui al fianco, il viaggio in treno non lo contava. Una strana sensazione la pervadeva. Così vicino eppure così lontano. Avrebbe dato chissà che cosa per poter essere, in quel momento, realmente marito e moglie con lui, per poter essere certa di poter avere il suo sostegno e una base sulla quale creare quel futuro che non le era mai sembrato così cupo e nebuloso come in quel momento. Essere così prossima a qualcuno e sentirsi totalmente soli e disperati era un tutt'uno, ormai, per lei. Con un piccolo gemito soffocato, nascose il viso tra le pelli di volpe, che stavano usando come cuscini, cercando di soffocare il dolore sordo che le dilaniava il petto.
    “Hai freddo?”Due parole morbide, pacate, pronunciate nel buio. Lo aveva svegliato, pensò non sospettando che in realtà lui non aveva ancora preso sonno intento a sondare ogni singolo mutamento del suo umore. Istintivamente si irrigidì e l'unica cosa che riuscì a fare fu … mentire.
    “No” sussurrò infatti, troppo turbata, dopo un attimo. Si era già mostrata fin troppo fragile e non le piaceva l'idea di essere compatita da lui, non avrebbe potuto sopportarlo. Sussultò quando la mano forte di Shaka, si posò all'improvviso sulla sua vita sottile avvicinandola delicatamente a se per permetterle di usufruire del calore che emanava dal suo corpo. Non sapendo come interpretare quel gesto, mai prima aveva fatto una cosa simile, seguendo l'istinto si voltò a cercare il suo volto, illuminato dalla falce di Luna sembrava ancora più pallido e diafano del solito. Non sapeva se la cosa le dava disagio o se in fondo le faceva piacere ma voleva, doveva sapere il perchè di quel gesto. Non fece in tempo a porre domande, però, in quanto lui l'anticipò serafico e spiazzante.
    “Non mentire” lo sentì dire “Non solo il tuo corpo è freddo, il gelo nella tua anima è più profondo di quello che ammanta questa regione inospitale e non posso permetterti di farti del male isolandoti. Hai bisogno di un sostegno ed io sono qui, adesso” il tono era serio e pacato ma pregno di una fermezza inappellabile; non era una richiesta la sua ma una sorta di ordine a non chiudersi in sé stessa, di lasciare andare il dolore, di permettergli di alleviarlo.
    Shaka sapeva che l'aveva turbata, egli stesso era turbato e disorientato dalle strane sensazioni, strani sentimenti ai quali non era avvezzo, che lo assillavano da quando aveva deciso di accompagnarla in quelle terre remote. Quella vicinanza era deleteria perchè riusciva distintamente a percepire le proprie barriere incrinarsi, lasciando il posto ad una parte umana che avrebbe potuto portarlo a compiere qualcosa di insensato per lui. Nonostante tutto non riusciva e non voleva allontanarsi da lei. Il perchè era irrilevante, era forse una ulteriore prova in cui forgiare il suo spirito o semplicemente, per una volta aveva deciso di non ignorare il dolore, cosa che era avvezzo a fare nella sua tempra di guerriero e asceta, e questo perchè non era il suo. Poteva ignorare il proprio dolore ma non quello di lei. Si era reso conto durante quel viaggio che non riusciva più a farlo.
    Gli occhi di Nefertari si dilatarono nel viso bellissimo, completamente colta di sorpresa da quell'affermazione che era la cosa più vicina ad un “tengo a te” che avesse mai immaginato di poter sentire uscire dalle sue labbra. Però non voleva illudersi, forse lo diceva per quel suo senso del dovere, di giustizia. Il desiderio magari di rimediare al torto che altri le avevano fatto anche se non era quello che realmente voleva e quel dubbio la frenava. Non sapeva se lasciarsi irretire dall'illusione ed accettare quella mano, per la prima volta, realmente tesa di lui. Sospirò debolmente, così stanca, nello sforzo di trattenere nuove lacrime che non voleva versare. Shaka lo sapeva, l'aveva capito.
    “Non riesci a fidarti di me” una semplice constatazione, non un'accusa non una domanda. Lei scosse lievemente il capo. Stava distruggendo con le sue mani tutto quello che in poche ore aveva conquistato da lui ma aveva ragione, non ci riusciva.
    “Se solo potessi vedere i tuoi occhi così come posso sentirti parlare... forse potrei … ” sospirò mestamente , dolorosamente consapevole che lui non le avrebbe mai mostrato quella parte di sé che solitamente teneva nascosta e segreta. Con le parole era facile mentire, con gli occhi no.
    Per un attimo fu combattuto se esaudire quella richiesta o meno, non era avvezzo a dover dare qualcosa a qualcuno, semmai a ricevere ma alla fine capitolò. Lentamente dischiuse le palpebre lasciando che la giovane guardasse oltre le sue iridi per mostrarle ciò che stava cercando, ovvero che era sincero.
    Sbattendo le palpebre, per un attimo disorientata, Nefertari si trovò a perdersi nelle iridi cristalline e profonde di lui. Si era sbagliata, pensò scioccamente. Le sue iridi non erano azzurre, come gli era parso al Grande Tempio, no erano di una calda tonalità pervinca ed erano puri, senza malizia o scherno, semplicemente puri come cristallo. In essi potè leggere l'incertezza di una situazione che non lo vedeva completamente padrone e al contempo la sincerità delle sue parole. Con un gesto istintivo, dettato dal desiderio di non spezzare quel piccolo istante di intesa che, ora riconosceva con se stessa, aveva a lungo agognato, con il marito Nefertari si accoccolò contro il suo petto nudo, posandogli la testa sulla spalla, mentre due perlacee scie solcavano la sua pelle d'avorio imbrunito. “Grazie”.
    Una parola così piccola ma dal potere così grande. Era la seconda volta che lo ringraziava, e sempre accompagnando le parole con un gesto di abbandono e gratitudine capaci di sorprenderlo. Confuso Shaka rimase per una attimo immobile. Sentire la pelle fredda del viso della giovane contro il proprio petto, e quella sua fiducia incondizionata, che ora gli mostrava, lo fecero sentire strano. Non era condiscendenza o la devozione incondizionata di un discepolo o di un allievo, no era diverso. Si rese conto che provava “calore”. Se avesse seguito l'impulso di ritrarsi da esso l'avrebbe ferita e non voleva farlo, non poteva. Senza pensarci l'accarezzò sulla guancia con un gesto semplice ma che colmava mille distanze, giorni di silenzi e assenze. E così accadde, naturale come respirare, come bere un bicchiere d'acqua. Senza forzature, senza un vero perchè chinò il capo a baciare dolcemente i suoi capelli, stringendola con maggior forza a sé. La sentì tremare e non sapendo interpretare quella sua silenziosa reazione le mise una mano sotto il mento per sollevarle delicatamente il viso a sondare quelle pozze scure e così espressive. Col pollice seguì la scia di una piccola, perlacea, lacrima asciugandola mentre guidato da un impulso, che aveva tenuto per settimane sopito dietro la rigida meditazione e che credeva non facesse parte di lui, abbassò il capo a cercare le sue labbra. Un bacio dolce, una carezza che voleva rassicurare entrambi ma la timida risposta della giovane produsse in lui un effetto devastante. Il cuore prese a pulsare prepotente in petto mentre il sangue sembrava, per la prima volta, scorrere realmente nel suo corpo. Fu fortemente tentato di chiudere gli occhi ed isolarsi per ritrovare quell'equilibrio che si stava frantumando come un vaso di cristallo piombato al suolo, ma la mano dolce di lei a sfiorare i contorni del suo profilo, e quel suo tono sofferto e incerto lo bloccarono.
    “Non farlo, per favore... non voglio la tua pietà”.
    Si costrinse a guardarla negli occhi rendendosi conto che mai come in quel momento avrebbe potuto realmente ferirla, e sarebbe stata una ferita che non avrebbe più potuto sanare. Spostò il capo di lato, concedendole di vedere solo il suo profilo stagliarsi nella penombra. Era per pietà? No, non era per quello, e non era neanche per l'ordine di Arles, o per dovere. A dire il vero non lo sapeva neanche lui. Stava seguendo un istinto che gli era alieno e così come non era in grado di spiegarlo a se stesso non avrebbe potuto farlo con lei.
    Quando tornò a guardarla disse semplicemente la verità.
    “Non si tratta di pietà, credimi, so solo che ti voglio...” arrossendo lievemente per quell'affermazione che non si sarebbe mai sognato di fare in vita sua “E tu?.

    Nefertari, nel tempo che lui impiegò a rispondere, si senti nascere e morire cento volte. Non avrebbe potuto sopportare la sua pietà. Lui non le faceva, ora, promesse di amore eterno non era nella sua indole e forse non le avrebbe mai concesse a nessuno. Con quel suo modo distaccato di pensare e di agire aveva semplicemente detto “So solo che ti voglio” e sapeva che era sincero. E lei, lei cosa provava ora a quella consapevolezza? Aveva avuto paura di lui in un primo tempo, poi si era abituata al suo modo di fare distante, troppo imperscrutabile ...soffrendone. Si ora capiva cosa la feriva di quel loro strano rapporto, il fatto che lui fosse sempre distante. Per assurdo lei che aveva creduto, dopo Aphrodite e la sua cattiveria, di non voler avere a che fare con gli uomini avrebbe, ora, voluto essere realmente una moglie per lui e non una sorta di oggetto decorativo dentro un tempio. La solitudine, il desiderio di illudersi magari di essere importante, il dolore per la perdita di quel padre tanto amato la indussero,anche se per un solo attimo rubato, a dire.
    “Anche io...solo che.. non so come... ” mentre la voce si spezzava per un timido imbarazzo ed un delizioso rossore le imporporava le gote. Sentì le sue braccia serrarla con maggior forza. Braccia abituate a uccidere, non avvezze alla dolcezza, eppure in quel momento così delicate.
    “Lo so” le disse in tono calmo, a rassicurarla. Sentiva Shaka che l'indomani forse se ne sarebbe pentito ma adesso non voleva fare marcia indietro e non era neanche certo di essere in grado di farlo.
    Non era tipo da troppe parole, preferiva che fossero i fatti a parlare per lui e così fece. Con dolcezza cercò le labbra di Nefertari baciandola a lungo, lentamente, assaporando quella sensazione mai provata prima. Un ciocco di legno franò nella brace, schioccando bruscamente e facendoli trasalire e sedersi di scatto, confusi, a guardare la fiamma rinvigorita per poi tornare, alla fine, a fissarsi sorpresi e sorridenti. Il sorriso di Shaka era qualcosa di così nuovo per Nefertari che il cuore manco un battito in petto. La spessa pelliccia che usavano come coperta era scivolata oltre la spalla di Shaka e lasciava scoperto il suo torace, reso vagamente bronzeo dai bagliori del fuoco. Era bello, pensò Nefertari. Non si era mai resa conto fino in fondo di quanto la perfezione dei suoi lineamenti e del suo fisico scultoreo rasentassero la perfezione. Non era particolarmente muscoloso ma aveva un fisico asciutto, nervoso e scattante. Con una mano, timidamente, salì a ripercorrere il segno del pettorale sino al punto di giunzione con la spalla, affascinata dalla sensazione provata di carezzare il velluto. Lui restò in silenzio, immobile, lasciandola libera di compiere quella piccola esplorazione che trovò tutt'altro che spiacevole. Quando la sentì esitare, con la mano ferma sulla sua spalla, scese a baciarle dolcemente il viso, partendo dalla tempia e scendendo lentamente lungo la guancia, percorrendo il profilo delicato in una lunga carezza che si fermò sulle sue labbra. Questa volta il bacio fu diverso. Seppur dolcemente, assaporò le sue labbra con la lingua, guidato da un istinto vecchio come il mondo, quasi ad implorare il suo consenso ad assaporare un bacio più profondo ed intimo. Nefertari sospirò lievemente, quella carezza leggera sul viso le aveva fatto provare piccoli brividi di piacere lungo la schiena e ora quella seducente tentazione la indusse a socchiudere le labbra per incontrarlo. Da prima timidamente, poi con sempre maggior ardore e trasporto, le loro lingue si intrecciarono in una danza vorticosa. Le mani di lei salirono a cingergli il collo, scivolando delicate sulla pelle setosa, mentre quelle di lui premevano, una sulla schiena della giovane, per avvicinarla al proprio petto, ed una a coppa a sostenere la sua testa lievemente reclinata all'indietro perdendosi tra la sua folta chioma nera. Indugiarono in quel bacio a lungo, senza fretta finchè non provarono entrambi il bisogno di tornare a respirare. Gli occhi profondi e scuri di lei erano languidi di un genuino e dolce desiderio, appena sbocciato, mentre nel profondo delle iridi pervinca del guerriero scintillava una fiammella che presto avrebbe arso come un incendio. Un breve attimo, a sincerarsi che non ci fossero ripensamenti, poi fece quello che l'istinto gli comandava. Con dolcezza l'aiutò a girarsi, il sari che indossava era complicato da togliere e stava diventando... ingombrante. Mentre l'aiutava a svestirsi, sentendola tremare dolcemente, la rassicurò con dolcezza sussurrandole all'orecchio.
    “In qualsiasi momento, se non te la senti, dillo e mi fermerò” e il tono era dolce e pacato. Sentì le sue piccole mani cercare le sue sulle spalle e dire semplicemente “Voglio essere tua”. A quel punto Shaka mise da parte le ultime remore. In fondo l'unione tra uomo e donna era come l'unione perfetta della notte e del giorno, dello yin e dello yang che si cercano per completarsi. Gli estremi divisi che ambiscono a tornare ad essere uno. Non c'era nulla di male in tutto questo, era solo il corso naturale di quel rapporto, di quella via, che avevano iniziato a percorrere insieme poche settimane prima, il perchè e il come ora non aveva più importanza. Mentre l'ultimo strato del vestito scivolava lentamente lungo le spalle della ragazza le labbra del cavaliere scesero a ricoprire ogni centimetro di quella schiena perfetta, delicata e setosa dal caldo colore che contrastava con il suo naturale pallore. Erano realmente come lo yin e lo yang. Le fiamme serpeggiavano nel camino illuminando i due giovani sposi intenti a scoprirsi l'un l'altro. Incapace di trattenere il piacere provato Nefertari si lasciò sfuggire un gemito delicato, inarcando la schiena mentre sentiva il velo più leggero del sari scivolarle lungo la vita, lasciandola nuda dalla cintola in su. Per un attimo provò vergogna, stringendo d'istinto le braccia al seno, ma le mani calde e adoranti del marito le le carezzarono le spalle, mentre piccoli baci venivano dispensati lungo la delicata curva del collo, facendola sentire al sicuro. Lentamente Shaka la fece stendere supina sulle pelli, soffermandosi ora ad osservare il suo viso perfetto incorniciato dalla nuvola dei neri e setosi capelli, gli occhi da cerbiatto dove pudore e desiderio si alternavano e quelle piccole mani ancora stretta sui seni e provò per lei una profonda tenerezza. Scese a baciarla prima con dolcezza e poi con passione, trovando in lei una pronta risposta che la spinse ad abbandonare la difesa della propria nudità per andare a cingergli le spalle, giocando con i setosi capelli biondi che cadevano intorno a loro come i rami dorati di un salice a festa. Sostenendosi su un gomito, per non gravarle addosso, Shaka continuò a baciarla mentre la mano libera iniziò ad esplorare il suo corpo perfetto. Con dolcezza, con reverenza di cui non si sarebbe creduto capace, sfiorò la candida curva del seno, poi scese lungo i fianchi dalla curva sinuosa e il ventre piatto sentendola mormorare parole confuse di piacere. Poco dopo le labbra seguirono il medesimo perscorso mentre sentiva il desiderio salire in lui, dolcemente ma inesorabilmente. Era tutto nuovo, per entrambi, non avevano fretta non ce n'era donde. Così, l'esplorazione dei loro corpi si protrasse a lungo, come se nessuno dei due volesse stancarsi di scoprire l'altro. Non erano mai stati bravi a comunicare a parole ma ora i gesti, i loro sussurri, parlavano per loro. Quando anche l'ultimo indumento fu tolto e finalmente la pelle scura, che pareva d'ebano nella penombra di lei si confuse con quella d'alabastro e perfetta di lui, i loro sospiri e ansiti si sparsero nell'area e i loro corpi divennero, dopo un breve istante di esitazione, uno solo e la danza della vita riprese il suo corso e li portò verso le vette del piacere fisico ma non solo. Ignoravano Nefertari e Shaka che quella notte il cerchio della vita aveva compiuto, come sempre, il suo corso. La ove, a pochi metri di distanza, giacevano le spoglie mortali di un uomo che era stato la prima parte della vita di Nefertari, stavano nascendo ora due persone nuove. Quella notte, tra le nevi perenni della Siberia, il cuore di un guerriero iniziò a battere per qualcosa di più che l'onore e l'adrenalina della battaglia, mentre quello di Nefertari trovò chi avrebbe ancora saputo scaldarlo. Era un incontro di anime che andava coltivato, come il fiore di loto in un giardino, perchè non appassisse ma era pur sempre... un inizio,

    Quando giunse l'alba, i due giovani giacevano l'uno nelle braccia dell'altro, ma anche se il cavaliere teneva gli occhi chiusi era desto e vigile. Quella notte, se mai avesse avuto ancora bisogno di conferme, aveva avuto la riprova dell'onestà di Nefertari e della menzogna di Aphrodite. Quel pensiero era più che un flebile disturbo della sua quiete interiore, era quello che di più simile alla rabbia avesse mai provato. Il Saint dei Pesci gli doveva una spiegazione e per Athena … l'avrebbe avuta.

    - continua -

    Note delle autrici:
    N.d.Aresian: Dovuta spiegazione all'uso dei termini Yin e Yang nel capitolo. Partendo dal presupposto filosofico-meditativo di Shaka ho cercato di trovare un significato "spirituale" e non solo "materiale" al fatto che alla fine siano diventati in tutti i sensi marito e moglie. Lo Yin è il femminile ma si abbina anche alla luna, la notte e alla terra (i "colori" di Nefertari come carnagione, occhi e capelli oltre ad essere donna si sposano con il significato del termine) mentre lo Yang è il maschile, il sole, il giorno e il cielo (considerato i "colori" di Shaka carnagione, occhi e capelli oltre alla sua essenza del Buddha sono in perfetta sintonia con il significato del termine). L'incontro di Yin e Yang nasce da due opposti che si attraggono. Spero il chappy vi piaccia!

    N.d. * Violet *2bei disegni by Lady Acquaria**matrimonio..e insieme**

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    Edited by Aresian - 31/8/2011, 23:14
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    Per il logo si ringrazia sentitamente GioTanner.

    CAPITOLO 5 - Non era scontato che fosse semplice


    La presenza di Shaka, inequivocabile, parve riempire l'intera stanza oscurando la fioca luce della lampada ad olio. Irrigidita dalla paura la ragazza non si mosse, neanche quando percepì le sue mani candide sulle spalle, più ruvide e decise di quello che si aspettasse. Rimanendo in silenzio, con il cuore che le rimbombava nelle orecchie, stordendola, si chiese dove fosse andato a finire il sangue freddo che si era imposta di mantenere e soprattutto cosa avesse in mente di fare lui. Troppo confusa non si rese subito conto che l'aveva privata del sari, lasciandola con la sola camiciola che avevano insistito per farle indossare sotto il vestito cerimoniale, solo quando vide l'abito poggiato sul braccio del marito e lo vide allontanarsi di qualche passo per posarlo, con una cura che non si aspettava, su una sedia realizzò di essere stata in parte spogliata da lui, una confidenza che non era pronta a concedere. Ad aggravare la situazione il fatto che quella camiciola, pur se non trasparente, fosse comunque decisamente troppo rivelatrice della sua figura ma nonostante questo, non sapendo che dire, restò in silenzio.
    “Non ti stendi?”.
    Sobbalzò nel sentire la sua voce. Se non l'avesse visto muovere le labbra avrebbe giurato si essersi immaginata la domanda. Il tono atono era lo stesso di sempre, quello che ormai aveva imparato a conoscere, gli occhi sempre chiusi ma riusciva ugualmente a instillarle nell'animo una grande paura. Meccanicamente mosse qualche passo in direzione del letto, con il cuore che batteva forte in petto, ma ebbe uno scatto repentino quando avvertì la sua mano sfiorarle il braccio.
    “Non toccarmi!” strillò. Il tono così acuto da sorprendere il guerriero che inarcò un sopracciglio, decisamente sorpreso da quell'inaspettata ribellione di fronte ad un gesto che aveva ritenuto gentile ed innocuo.
    “Che cos'hai?” sondò con un tono più tagliente di quanto avrebbe voluto ma non era piacevole, a dirla tutta, essere costretto ad ogni istante a rimembrarsi che Nefertari non era avvezza al suo modo di fare, senza contare che il suo timore era del tutto ingiustificato, almeno secondo il suo punto di vista dato che stava già facendo un enorme sforzo per non essere brusco, sforzo che pareva essere vano data la reazione di lei.
    “Tu a..avevi detto che non mi avresti neppure sfiorata, che...” iniziò a dire la giovane salvo bloccarsi di colpo davanti al cipiglio assunto dal guerriero che la fece sentire quanto mai giovane e quanto mai incapace di trovare un dialogo con quel suo strano marito. Era ormai prossima alle lacrime.
    Shaka trovava vera deprimente che tutti i suoi tentativi di apparire delicato e comprensivo, che per altro gli costavano molto perchè erano forzature della sua indole, cadessero nel vuoto. Irritato le risposte in tono gentile, ma non troppo “So che cosa ho detto, ti ho semplicemente aiutata a togliere il sari perchè non sei avvezza ad indossarli e può essere complicato. Non avevo secondi fini, di cui mi accusi, anche se non ce ne sarebbe motivo dopo la giornata di oggi, non pensi?”. Ovviamente si riferiva al fatto che essendo marito e moglie sarebbe stato più che normale che lui la spogliasse. In fondo, lei non ne era a conoscenza, ma quella di aspettare era una concessione da parte sua, Arles aveva dato disposizioni ben diverse che se avesse seguito alla lettera avrebbero lasciato ben poco spazio alle proteste della giovane. Con quei pensieri in testa le si avvicinò prendendola con decisione, ma senza farle male, per un braccio attendendo che lei si sedesse sul letto spontaneamente. A quel punto proseguì.
    “Non sono un mostro, speravo che l'avessi ormai capito. Non intendo farti nulla di male ma non posso evitare che passiamo la notte nello stesso letto perciò adesso riposati, sei sicuramente stanca, e domani abbiamo molto da fare”.
    Il modo di fare era risultato asciutto e spiccio ma Nefertari riuscì a percepire una certa gentilezza, mal celata, sia nel tono che nella presa sul braccio. Lievemente rincuorata dal fatto di non essere stata punita, bofonchiando una scusa, si distese sul letto supina tirando il lenzuolo sino al mento. Certo che era difficile capirlo. Chissà se si comportava così solo con lei o se era il suo usuale modo di fare... no probabilmente solo con lei, pensò.
    Ben presto giacquero entrambi l'uno accanto all'altra, con Nefertari rintanata in un angolino che tentava inutilmente di rilassarsi, fissando il soffitto, immobile come una statua di sale nel terrore di sfiorarlo, anche inavvertitamente. Quanto tempo trascorse non avrebbe saputo dirlo ma ad un tratto lo lo sentì muoversi e, non resistendo alla curiosità, volse lo sguardo per vedere cosa stesse facendo. Forse Shaka aveva volutamente fatto trascorrere il lasso di tempo per metterle di addormentarsi perchè, con fluidità si era rimesso in piedi e ora si stava togliendo gli abiti che aveva indossato quel giorno. La debole luce della lampada le permise di intravvedere il suo profilo, tutto sommato piacevole, ma quando si rese conto di quello che stava facendo arrossì e serro immediatamente gli occhi, vergognandosi per la propria audacia. Per fortuna lui pareva non essersene accorto, o così almeno penso lei. Quando lui spense la lampada il buio calò nella stanza e lentamente, senza rendersene conto, Nefertari cedette alla stanchezza e si addormentò.

    La luce che filtrava dalla finestra svegliò la ragazza che, dopo un attimo di confusione, si rese conto di essere sola, probabilmente da parecchio tempo dato che il materasso, dal lato del marito era freddo. Comunque fosse si tirò su di scatto a sedere, rendendosi conto di trovarsi al centro del materasso, rossa in volto si alzò di scatto, avvicinandosi alla sedia alla ricerca del sari ma si rese conto che questi era stato sostituito con un altro dalle linee semplici, di colore azzurro e ricamato solamente sul colletto con dei motivi semplici ma graziosi. Si vestì ma riscontrò, in effetti, una certa difficoltà ad indossare l'indumento senza aiuto ma non osò andare a cercare Shaka. Accanto alla sedia c'erano anche delle scarpine tradizionali che la fecero sentire un po' ridicola mentre camminava. Non appena mise piede fuori dalla stanza incontrò Shaka che la stava cercando per condurla nella sala dove avrebbe potuto mangiare qualcosa prima di iniziare la visita, che aveva deciso di farle fare, dell'intero Tempio. Il cibo indiano era, se possibile, ancora più stano di quello greco e la ragazza non riuscì a mangiare tanto, vuoi per il sapore al quale non era avvezza, vuoi perchè frenata dal fatto che lui non aveva toccato nulla dicendole semplicemente che aveva già mangiando mentre l'aspettava.
    Il giro del complesso fu per Nefertari molto interessante. Vi erano molti piccoli edifici adibiti a tempietti ed altri per i più svariati usi. Il Tempio in sé si trovava su un'altura da cui si godeva una vista maghifica che si estendeva oltre i cancelli e le mura, consentendo di vedere il Gange in lontananza. Da quello che era riuscita a capire era un tempio buddista ma in stile giapponese, differente probabilmente da quelli che si potevano trovare in altre parti dell'India. Il silenzio che vi regnava, sembrava pregno di quel misticismo che si respirava in ogni angolo e la ragazza per la prima volta da quando aveva lasciato casa sua si sentiva difesa, non come la sensazione claustrofobica provata nei giorni di cella al Santuario. La maestosità delle dodici case poi era stata tale da farla sentire insignificante, mentre lì si sentiva stranamente e deliziosamente tutt'uno con quella terra tranquilla. Non era difficile comprendere perchè il guerriero l'avesse scelta come dimora meditativa.
    Il complesso principale era circondato da molti monaci che eseguivano i riti buddisti da mattina a sera e lo stesso Shaka iniziò a raccontare qualcosa di quella religione a Nefertari, che si sentiva come se fosse a scuola e sembrava aver dimenticato il terrore provato la notte precedente. Capire la lingua locale era un dilemma non da poco e sicuramente il guerriero poteva anche essere paziente ma la ragazza faticava molto a seguire quello che diceva, costringendolo più volte ad interrompersi e fargli scandire lentamente le parole. Nel timore di dimenticare le cose aveva portato con sé alcuni fogli per prendere appunti ma dopo qualche ora si sentiva già la testa scoppiare e tutta la buona volontà venne meno. Così lasciò condurre da alcune giovani ancelle a riposare ma una volta all'interno della stanza, si rese conto che non era preparata alla grandiosità che l'attendeva e si mise a sedere fissando il vuoto

    I primi giorni non furono affatto facili ma bene o male Nefertari riuscì a reggere il ritmo che le era stato imposto da Shaka. Quelle che aveva scambiato come lezioni sul buddismo alla fine si erano tradotte in ore interminabili passate a decifrare ed apprendere quei brani che lui mostrava di avere così cari per poi chiedersi come riuscisse a meditare a quel modo; lo aveva osservato anche da lontano ma ogni volta sembrava inarrivabile, chiuso in un mondo completamente differente che la intimidiva anche se ormai ne faceva parte. Aveva insistito anche con lei ma il risultato non era stato brillante pertanto aveva lasciato perdere, preferendo istruirla personalmente sulla lingua che su qualcosa che non era per nulla portata a fare. Al di là della lingua, del cibo e della meditazione un reale problema di Nefertari era il clima, così differente dai monti Urali: nonostante fosse inverno la temperatura non scendeva praticamente mai sotto lo 0 e anche se non aveva mai gradito il clima rigido in cui era cresciuto, ora faticava ad abituarsi alla presenza di quel clima invece mite e più di una volta fu costretta a distendersi e riposare, anche per compensare le molte notti di mera veglia che passava rigida accanto al corpo rilassato del marito, beato lui che almeno dormiva.

    “ Mi devo assentare un paio di giorni, al Santuario è richiesta la mia presenza ma se hai bisogno di qualcosa rivolgiti pure ai monaci o agli apprendisti. “ La voce atona di Shaka aveva sorpreso la ragazza proprio durante una di quei momenti in cui sedeva sulle rive del Gange mentre lui meditava. Non si era accorta che si era mosso ma notandolo in piedi capì immediatamente che non le avrebbe permesso di rimanere lì da sola così lasciò che l'accompagnasse su fino ai cancelli. Per un breve attimo le parve di sentire una raccomandazione a “stare attenta” ma fu in impressione che durò molto poco, e quella voce così in ansia non sembrava tipica sua così ne dedusse di avere semplicemente immaginato la cosa.

    Tutto sommato rimanere da sola le concesse di conoscere più a fondo la realtà di cui era parte. Gli apprendisti avevano timore di lei e la veneravano se per caso la incrociavano, inchinandosi ai suoi piedi come facevano in presenza di Shaka , facendola sentire a disagio, per nulla abituata ad incutere paura o revernza. Diverso era l'atteggiamento delle fanciulle dei monasteri- allieve dei sacerdoti- che pur tacendo, ne invidiavano la beltà sublime e sopratutto la privilegiata posizione di moglie di Shaka, ignorando al contempo il motivo di quel matrimonio. Una cosa che realmente aveva sorpreso Nefertari era proprio la consapevolezza che Shaka non aveva spiegato la vera ragione delle nozze a nessuno, persino con i monaci visto che l'aveva presentata come moglie limitandosi a dire che si trattava di una unione desiderata, lasciandola confusa. " Non serve che lo sappiano, deve importare a noi e basta." le aveva spiegato. Asciutto e non particolarmente consolante ma la ragazza, quando ci pensava, provava uno strano senso di protezione che la spingeva a domandarsi perchè ci teneva a non esporla ad una sicura vergogna. Era però molto più verosimile che non lo facesse per lei ma per proteggere la propria perfetta reputazione: un pensiero odioso per Nefertari ma l'unico capace di spiegare l'anomalo comportamento del marito. Con un sospiro si mise ad osservare la sera che scendeva lenta, illuminata fiocamente dalle lampade ad olio all'interno della struttura, iniziando ad avviarsi senza fretta verso la pagoda. In mano teneva una lettera che aveva di nascosto scritto al proprio padre, disturbata da quel silenzio continuo da parte di lui. Sicuramente doveva essergli già arrivata la notizia da parte di Arles ma la reazione lei ancora non l'aveva vista. In segreto temeva che credesse ad ogni odiosa parola pronunciata dal cavaliere dei Pesci, dato che sicuramente il Sacerdote non avrebbe avuto motivo per nascondergli la realtà sul matrimonio affrettato. Era stata sul punto di parlarne a Shaka ma era impossibile trovare il momento giusto per confidargli l'angoscia che portava nel cuore, era stato molto più semplice scrivere quella lettera e decidere di inviarla, ad insaputa del marito, d'altronde nulla le vietava di conservare rapporti con l'unica persona di famiglia che avesse realmente a cuore. Per fortuna incontrò proprio uno dei monaci che stava recandosi al villaggio vicino e gli chiese la gentilezza di spedirgliela, e si sentì molto più sollevata quando lui acconsentì di buon grado e si precipitò oltre i cancelli.

    A malincuore fu costretta a recarsi a cena, un altro di quei momenti della giornata in cui non le era riservata alcuna compagnia tranne ovvio quella di Shaka, che era naturalmente assente, perciò non affrontò tanto volentieri l'idea di mangiare da sola. La cucina indiana era davvero molto particolare, sopratutto perchè non era avvezza a certe spezie. Nonostante si trovassero nel nord dell'India raramente le veniva concesso di mangiare della carne, servita solamente poche volte alla settimana dal momento che anche per il cibo seguivano strettamente le regole buddiste. Il monaco buddista mangia giusto ciò che gli serve per vivere, da quello che aveva appreso, e il cibo non deve assolutamente intorbidire la sua mente perciò non si era sorpresa di trovarsi spesso davanti delle zuppe e delle verdure. In quel momento aveva davanti una ciotola di riso, alcune verdure bollite e del pane tipico indiano, tutto in proporzioni ridotte; con un sospiro nostalgico al pensiero delle grigliate che spesso mangiava in Siberia, si accinse a tacere e a ringraziare per la gentilezza anche se pure mangiare era diventata una tortura. Andava meglio però quando c'erano dei latticini, se non altro le davano la sensazione di riempirsi un po' di più. Ora avrebbe gradito qualche spezia ma non osò chiederla nel timore di vedersi rivolgere occhiate accusatrici, ci teneva in fondo a non sfigurare su quelli che erano i loro principi religiosi.


    I due giorni successivi si trascinarono lenti, la regione era stata colpita da un attacco di caldo anomalo per la stagione e nonostante la temperatura non fosse alta come in estate, Nefertari non sentì alcun desiderio di uscire e rimase quasi sempre nell'antica sala, che fungeva da biblioteca, nell'edificio principale del complesso, la più arieggiata. Lì erano raccolti i testi antichi sacri ai buddisti e, grazie all'aiuto di uno dei monaci più anziani, la ragazza riuscì a capirne qualcuno anche in assenza della solita voce del marito che cadenzava i tempi e i suoni. leggere le piaceva ma assimilare tutti quei concetti non era facile ma non per questo si perse d'animo, perseverando in quello studio, sentendosi fin troppo osservata dal monaco. “ E' strano che tuo marito non ti abbia preparata prima del matrimonio visto che non conosci molto della nostra dottrina, eri molto impacciata anche durante quel rito. “ Alla ragazza quasi cascò di mano il libro, sentendo quasi un'accusa in quelle parole a cui non riuscì a replicare perchè, e tutto sommato fu un bene, fortunatamente fu chiamato a risolvere un piccolo dilemma sorto in un altro locale, e lei non lo vide più per parecchie ore. La terza sera dopo la partenza di Shaka stava pensando a questo, a quanto fossero effettivamente giuste quelle parole, quando la distrasse un rumore soffocato. Si guardò attorno e vide una sagoma nel buio della sera che stava malamente appoggiata ad un muro, per poi riconoscere in quella figura il ragazzo che portava l'armatura del Pavone: si avviò nella sua direzione per salutarlo, decisa a parlare con qualcuno dopo due giorni di quasi totale silenzio, e si rese conto che c'era qualcosa che non andava.
    L'espressione era sofferente e si teneva le mani al petto, sanguinante. L'armatura doveva essere dentro allo scrigno che aveva ai piedi ma Nefertari non la guardò neppure. Sapeva che era in missione ma non aveva idea che fosse tornato. Era anche un brutto momento visto che i monaci guaritori si trovavano in un altro tempio.

    “ Fermo, non muoverti, provo ad aiutarti io” La sua voce sorprese il giovane che cercò quasi di ritrarsi ma Nefertari capì che la faccenda doveva essere davvero seria perciò decise che, per la prima volta, avrebbe preso in mano la situazione, del resto molto simile ad un'altra vissuta in Siberia. Riuscì a farlo stendere su un futon che si trovava nel locale adibito ad infermeria, che lui aveva cercato probabilmente di raggiungere dato che era proprio li vicino; senza perdere tempo gli tagliò la parte superiore della veste che indossava – chissà perchè poi non usava dei normali pantaloni e una maglia come gli altri sotto l'armatura – e si dedicò ad esaminare la ferita. Molto vicina al polmone era piuttosto profonda così Nefertari fu costretta ad agire con cautela per medicarlo. Consapevole che sarebbe stato estremamente doloroso gli parlò con dolcezza, convincendolo a tenere in bocca quel pezzo di legno, un rimedio che aveva usato spesso affinchè le urla non squarciassero l'aria ed impedissero di svegliare chi magari stava già dormendo.

    La cucitura della ferita fu la cosa più delicata da fare: con gentile fermezza lavorò per parecchie ore, incurante di quel sangue che le macchiava irrimediabilmente il sari, consapevole che dalla sua capacità di mantenere la concentrazione dipendeva la salvezza del ragazzo. “ Mi spiace che non ci sia Shaka, con il cosmo avrebbe sicuramente fatto prima, invece io uso rimedi più dolorosi ma ce la faremo vedrai. “ Sentiva di doverlo incoraggiare, lo costringeva ad ascoltarla pur senza perdere di vista il proprio obiettivo e senza che se ne accorgesse la notte passò, e solamente all'alba riuscì a terminare il suo operato. Era veramente un peccato che il marito non fosse stato presente perchè avrebbe potuto aiutarlo molto più velocemente ma doveva riconoscere di essere riuscita ugualmente ad ottenere un risultato soddisfacente. Era ancora molto pallido ma ora respirava molto più regolarmente ed era sicuramente fuori pericolo anche se la convalescenza sicuramente avrebbe richiesto parecchi giorni di riposo.

    “ Non vi dovevate sporcare le mani per me ma..grazie.. “ La ragazza sorrise osservando il sari completamente rovinato dalle macchie di sangue, ma era l'ultimo dei suoi problemi. Proprio in quel momento lo costrinse a bere una bevanda che aveva appena preparato grazie all'uso di alcune erbe trovate, e che avrebbe avuto il poteri di aiutarlo a rigenerare più in fretta le ferite, e a farlo guarire più rapidamente. Alcuni monaci arrivarono, sconvolti all'idea che Nefertari avesse assistito da sola il cavaliere senza la presenza del marito, ma a lei questo non importava anche perchè se avesse perso tempo a chiamare qualcuno per assicurare la sua rispettabile condotta di sicuro non sarebbe stato semplice salvarlo. Si limitò a scrollare le spalle e a lasciarlo nelle mani di chi era appena arrivato, e lo salutò prima di dirigersi nella propria stanza a riposare visto che era completamente esausta.

    Shaka tornò il giorno dopo, almeno così a lei parve, e la osservò silente mentre stava ancora riposando, gettando un'occhiata a quel sari macchiato di sangue che aveva appoggiato a terra. Gli era stato riferito che si era presa personalmente cura del suo allievo e la cosa lo aveva parecchio insospettito, ricordandogli il motivo per cui Arles l'aveva costretta a sposarsi con lui. In ogni caso si limitò ad osservarla per parecchio tempo prima che si svegliasse, destata dalla luce del sole che faceva capolino dalla finestra. Quando lo vide, senza volere, la giovane arrossì tirandosi il lenzuolo fino al mento, imbarazzata anche se indissova un sari da notte molto lungo.
    “ Non volevo svegliarti, sono appena tornato. Non ci sono stati problemi presumo. “ Buttò lì la frase ma Nefertari non disse nulla su quello che aveva fatto nel timore di sentirsi deridere, o rimproverare; stava per seguirlo verso il luogo in cui gli apprendisti si allenavano quando si rese conto che era un comportamento sciocco, tanto glielo avrebbero detto i monaci e si decise a raccontarglielo, anche per vedere la sua reazione che, al solito, fu impassibile. “ Si lo so, sono appena stato da lui per avere il rapporto sulla missione che gli avevo affidato e me l'ha raccontato.” E sapeva anche, per averlo visto, che aveva passato qualche ora con lui quella notte. Li aveva visti parlare a bassa voce e non aveva particolarmente gradito, ecco perchè si era presentato al capezzale dell'allievo per conoscere la sua versione che, aggiunta a quella di Nefertari, combaciava perfettamente ma lui non riusciva a credere che la ragazza avesse fatto tutto da sola.

    Era in piena meditazione quando uno dei monaci arrivò trafelato, dicendo che uno degli altri si era ustionato gravemente un braccio e che necessitava di cure.
    “ Direi Nefertari che ci puoi pensare tu, che sei così esperta.. “ Pacata e non aggressiva la voce di Shaka, che vedeva in quella sfortunata vicenda l'occasione per scoprire se la moglie era veramente capace di guarire le persone; la vide incerta ma non cambiò idea e la seguì all'interno. Non aveva dubbi sul comportamento tenuto con Pavone ma doveva vedere coi propri occhi quello di cui era capace come guaritrice.

    Forse era la prima volta che si lasciava sorprendere ma fu costretto a constatare che non le mancava affatto l'esperienza: sapeva perfettamente cosa fare ed era anche capace di tranquillizzare il vecchio monaco parlando dolcemente per distrarlo dal dolore mentre lo curava. La sola pecca era la mancanza di qualche potere magico che la aiutasse a guarire più in fretta ma era altrettanto sicuro che solo con le proprie capacità poteva fare molto. L'ombra di un sorriso si delineò sul suo volto, qualche ora dopo, mentre si trovavano nella loro stanza nel sentire quell'accusa.
    “ Non sono stupida, volevi mettermi alla prova perchè non mi credevi capace di curare vero? Forse hai anche pensato qualcosa di male riguardo al fatto che ho curato personalmente il tuo allievo vero? “ Nefertari aveva trovato molto strano che si fosse preso il disturbo di assistere personalmente quando aveva curato il braccio del monaco e subito aveva capito che doveva essere una prova, o qualcosa del genere, Sentiva che era necessario affrontare l'argomento ed era questa sensazione che l'aveva spinta a prendere di petto il problema perchè non aveva nessuna intenzione di lasciare che lui la pensasse capace di ingannarlo o qualcosa del genere. Lo vide sorridere. Una cosa che la colse di sorpresa mentre constatava quando fosse bizzarro quel sorriso su un volto di un uomo che non apriva mai gli occhi.

    “ Hai ragione ho voluto vedere personalmente come te la cavavi ma non ho dubitato neppure per un momento della tua buona fede. “ Non era propriamente vero ma in fondo Shaka non aveva sospettato davvero nulla di male. A lei sembrò strano che ammettesse candidamente ciò che pensava, si aspettava una negazione. “ E dal momento che ti vedo molto abile penso tu possa esercitare attivamente qui in caso di bisogno, sempre se ti va. “ Sapeva che probabilmente sarebbe stata lieta di occupare il tempo in qualcosa in cui era pratica e che le ricordava i tempi passati e senza dire altro le fece cenno di seguirlo. Si doveva recare sul Gange a meditare un po' ed era sicuro che fosse un bene condurla con sé. Si trovavano li da qualche ora quando improvvisamente ruppe il silenzio. “ Il Sacerdote mi ha chiesto se non sia il caso che tu torni al Santuario dato che dovrò passare molto tempo la nei prossimi mesi. “
    A quelle parole Nefertari si sentì gelare dalla paura. Il santuario era il luogo in cui era caduta in disgrazia seppur senza volere, e temeva fosse una pessima idea ritornarvi specialmente così presto anche perchè temeva di perdere la calma se si fosse imbattuta in Aphrodite e nel suo compare ma non disse nulla. Aveva sempre il timore di osare troppo, di essere invadente o di sembrare troppo pretenziosa senza contare che ammettere di odiare uno dei suoi compagni avrebbe potuto essere pericoloso. Non sapeva che proprio in quel momento Shaka si stava domandando come affrontare il delicato argomento di Aphrodite, non poteva negare di essere colpito dalla reazione che aveva quel nome nella giovane quando veniva nominato o anche solo collegato ad altre persone o fatti. “ Ho detto che per ora devi stare qui, devi ancora ambientarti e poi Pavone avrà sicuramente ancora bisogno delle tue cure per riprendersi in fretta. “
    La ragazza lo guardò annuendo, grata nel constatare che non era ansioso neppure lui di farle rimettere piede al santuario tuttavia ignorava che c'era qualcosa che forse avrebbe dovuto sapere e che Shaka non si decideva a dirle nel timore della sua reazione. Proprio poco prima di ripartire, questi aveva incrociato Milo che gli aveva raccontato come pochi giorni dopo la cerimonia avesse visto il Maestro dei Ghiacci al tempio, in cerca della figlia recandosi a parlare con il Sacerdote personalmente. Quello che aveva lasciato sorpreso Milo, e a ben vedere lo stesso Shaka, era che dopo l'udienza il Saint aveva lasciato il Tempio senza parlare più con nessuno, tornando immediatamente in Siberia, senza neanche chiedere notizie della ragazza come se si fosse scordato dell'esistenza di Nefertari. Shaka si risolse a tacere l'argomento perchè sospettava che la moglie avesse per il momento giù un po' troppi fardelli da portare addosso, quello del rifiuto paterno avrebbe potuto essere la classica goccia che fa traboccare il vaso e non era il caso.

    - continua -

    Note delle autrici
    N.d. * Violet *ciao a tutti XDDDD spero vi piaccia, anche se non avete avuto quello che volevate temo U__U era semplicemente troppo presto, d'altronde ce lo vedete Shaka a forzare una ragazza che già ci andrebbe a letto poco volentieri lui?XD eh u.u comunque non è stato facile decidere cosa inserire e a che punto fermarci perciò abbiamo fatto andare avanti un po' la storia. In questi capitoli sarà molto incentrata sul “rapporto” tra Shaka e Nefertari perciò spero che vi piaccia^^ al prossimo capitolo

    Edited by Aresian - 31/8/2011, 23:11
  13. .

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    Per il logo si ringrazia sentitamente GioTanner.

    CAPITOLO 3- Non tutto è come sembra

    Buio, solo quello si intravvedeva dall'esterno. Non una parola si poteva udire dalle tirate labbra di Nefertari, sorda anche a quelle consolatorie pronunciate da Milo mentre la scortava fino all'ingresso della dimora di Shaka; la mente della ragazza era occupata da quello che aveva appena saputo sul proprio destino. Non aveva mai davvero pensato che nella sua vita si sarebbe sposata, specialmente non dietro ordine per un crimine che non ricordava nemmeno di avere commesso, e proprio da qualche giorno l'aveva cancellato dalla lista delle priorità non più così propensa ad aprire il proprio cuore a qualcuno. Non avere neppure idea della fisionomia di questo suo misterioso futuro marito era sconvolgente, non riusciva minimamente ad immaginarlo e questo lasciava spazio alle peggiori ipotesi, specialmente dopo aver visto la subdola malvagità di Aphrodite e Death Mask oltre alla glaciale indifferenza di Camus. Non aveva idea degli altri ma all'improvviso tutte le eroiche gesta che il padre le aveva narrato riguardo alla nobiltà d'animo dei cavalieri d'oro non aveva più ragione di essere, non di fronte agli avvenimenti di cui era stata vittima.
    Rimase qualche minuto immobile davanti all'ingresso posteriore della dimora, sentendosi ancora più piccola ed insignificante di fronte all'imponenza di quella struttura, manifestata dalle solide colonne e dal capitello che rivelava racconti di imprese gloriose di epoche passate, mentre la figura di Milo diveniva sempre più lontana per poi sparire nella direzione dalla quale erano arrivati. Con un sospiro decise di entrare, per porre fine a quella lenta tortura che la stava consumando, pronta ad attendersi le peggiori disgrazie con apparente serenità.
    La casa era celata nella tenebra senza la minima traccia di vita. Nefertari mosse cautamente qualche passo in avanti con l'intento di essere il più silente possibile tanto da camminare in punta di piedi. Non c'era davvero traccia della presenza del suo guardiano e la giovane lo prese come un segno del destino avverso, probabile personale punizione del guerriero che forse doveva disapprovare quanto gli avevano detto su di lei. Rimpianse di non poter più vedere il prato che l'aveva accolta la volta precedente quando, all'improvviso, lo scorse: fu costretta a sbattere gli occhi un paio di volte per essere sicura di essere sveglia. Una figura completamente dorata levitava a qualche centimetro da terra, immersa in una concentrazione così profonda da lasciare Nefertari completamente immobile e timorosa persino di respirare; ad una seconda occhiata potè cogliere la forma del fiore di loto sotto di lui e anche il modo in cui teneva piegate le gambe senza sforzo apparente. Portava un lungo mantello bianco che ricopriva la maggior parte dell'armatura ed aveva gli occhi perfettamente chiusi; una visione così perfetta da indurre la giovane a fissarlo ma senza aprire bocca, con solo una muta domanda a riflettersi negli occhi.
    Un movimento la strappò a quei pensieri. Il guerriero, circondato da quell'impalpabile luce dorata, aveva sciolto la posa meditativa ed ora era in piedi, rivelando più dettagli di quelli che Nefertari aveva scorto prima. L'elmo venne tolto, liberando la lunga chioma bionda che la lasciò sorpresa perchè non l'aveva notata subito a causa del mantello e della lucentezza dell'armatura: a colpirla altrettanto era quella pelle così chiara che non sembrava proprio tipica dell'India, terra di origine del cavaliere stando almeno a quello che le aveva raccontato Milo poco prima.

    “ Benvenuta nella mia umile dimora, come avrai immaginato io sono Shaka il suo guardiano e tu devi sicuramente essere Nefertari, l'anima perduta che mi è stata affidata per il futuro. Vieni avanti e siediti. “

    La voce del cavaliere era priva di accuse ma anche questa – come altre – priva di simpatia anzi, sentirsi chiamare anima perduta non era proprio un complimento seppur non potesse dargli torto; anche solo essere stata vista in quello stato era stato tremendamente imbarazzante, e sentiva di aver davvero perso parzialmente l'onore e l'orgoglio. Shaka la vide muovere qualche passo in maniera incerta per poi raggiungerlo e sedersi a terra, piegando le gambe come aveva visto fare in oriente; egli fece la stessa cosa poiché la casa era priva di sedie anche se la sua era la stessa postura a forma di fiore di loto che aveva tenuto sino a qualche istante prima. In quei minuti aveva, a modo proprio, studiato la ragazza ma era rimasto colpito dalla totale assenza di sfacciataggine, quella sicuramente necessaria a commettere un'azione impura come la sua; al contrario sentiva molta paura nel suo animo e gli questo rendeva difficile associarla alla stessa persona di cui gli aveva parlato Arles solamente alcune ore prima. Continuò a tacere mettendo alla prova la pazienza della ragazza ma non era sicuro di come interpretare quel suo contegno ella, infatti, teneva gli occhi quasi sempre abbassati e raramente alzava la testa senza, per altro, interrompere il proprio prolungato silenzio.

    “ Non parli per paura di me o perchè sai di meritare una punizione per il tuo vergognoso comportamento? Sei stata fortunata, non a tutti viene concesso di potersi redimere.. “

    Era stato facile decidere l'apertura del dialogo, una frase accusatrice avrebbe smosso la situazione costringendola a reagire e non fu per nulla sorpreso dal lampo d'ira che vide in quegli occhi ma sentiva che era frenata da qualcosa, forse dalla certezza che comunque qualunque cosa ella potesse dire non sarebbero cambiate le cose.

    “ Redimermi?! Se fosse stata quella la soluzione mi sarebbe anche andata bene! Invece mi è stata strappata di mano la mia vita per qualcosa che non ho neppure fatto! “

    Shaka si aspettava che lei negasse perchè – da quello che aveva detto Arles – non aveva alcun ricordo della cosa ma Atena era stata certa prima di decidere, e questo a lui bastava avendo già discusso quel punto con il Sacerdote. A lasciarlo sorpreso fu piuttosto l'amarezza con cui aveva parlato, e il fatto che non si fosse curata affatto dell'eventualità d'irritarlo.

    “ Anche il matrimonio può essere una redenzione, nonostante sia una decisione singolare da parte di Atena, tutto dipende da chi sarà la tua guida. Mi chiedo semplicemente che cosa ci hai trovato in Aphrodite, mi sconcerta sentire che si è preso il disturbo di notare qualcosa di diverso dal proprio riflesso nello specchio. Probabilmente non sono terreno abbastanza da considerare importante il desiderio carnale che avete avuto. “

    Una considerazione priva di ironia la sua, semplicemente una constatazione di fatto. A quel commento Nefertarì arrossì violentemente ma non riuscì a replicare a quelle osservazioni così strane, da persona che si riteneva quasi di sicuro superiore a tutti. Shaka osservò il suo imbarazzo, chiedendosi perchè mai seguitasse a tacere. Improvvisamente si sentiva a disagio, non era avvezzo a parlare di argomenti tanto mortali proprio lui che non aveva mai avuto a che fare con nulla di simile. Ripensò al colloquio con il Sacerdote e alle sue proteste che quest'ultimo aveva prontamente messo a tacere: se non fosse stato ordinato direttamente da Atena avrebbe rifiutato di servire da capro espiatorio per i peccati commessi da Nefertari e non era stato molto ben disposto verso di lei, anche se quando l'aveva sentita attraversare la propria casa la prima volta era rimasto colpito dalla purezza del suo animo. Peccato che l'avesse guastato così velocemente, e proprio con una persona tanto viscida come Pesci.
    Dopo un altro lungo momento di silenzio la sentì parlare con voce timida e timorosa, inciampando sulle parole.

    “ Immagino che..che sarà un matrimonio.. di facciata, insomma...? “

    Era incerta nei modi di esprimersi, temeva di sembrare troppo audace perchè già solo accennare a quell'argomento la riempiva di imbarazzo. Non aveva mai parlato apertamente con suo padre di queste cose, erano state tutte lasciate in sospeso fino al momento opportuno ma, nonostante tutto, Nefertari aveva una vaga idea di ciò che poteva accadere tra due persone ma non aveva mai pensato realmente ai dettagli. Da quando si era ritrovata completamente svestita in quel letto aveva, per istinto di mera difesa, cercato di cancellare i segni di quella che per lei era stata una profanazione in piena regola, anche se il Cavaliere dei Pesci non avesse approfittato fisicamente di lei non era piacevole pensare di essere stata così volgarmente usata, fosse anche stato solo uno sguardo o con dei gesti che non ricordava. Quei pensieri non gli permisero di cogliere il prolungato silenzio da parte di Shaka.
    Forse non era voluto tuttavia egli rispose con un lieve ritardo con una leggera incrinatura della voce che poteva darle l'idea che non fosse un argomento leggero neppure per lui. In realtà, ad irritare Shaka era il fatto di dover essere lui a spiegare alla ragazza i dettagli di quell'accordo. “Per entrare meglio nella parte” parole del sacerdote. Come se un matrimonio fosse una sciocca recita.

    “ A quanto pare Atena ha.. stabilito che per rendere l'unione più.. concreta ci debba essere la presenza di un figlio quindi.. no, non dovrebbe essere solamente di facciata. “

    Un leggerissimo velo di rossore era apparso sulle guance del guerriero, fortemente imbarazzato all'idea del significato sottointeso di quella dichiarazione, la sola condizione su cui aveva fortemente discusso con Arles pur senza successo. Notando l'improvviso pallore della giovane, che aveva assunto l'incarnato di un cadavere e pareva sul punto di svenire, sporse la mano in avanti, afferrando il braccio di Nefertari. Il tempo parve fermarsi, per un istante, a quel breve contatto riprendendo a fluire normalmente quando si rese conto che stava piangendo, in silenzio, cercando di non mostrarlo, ma erano proprio lacrime quelle che scendevano dai suoi occhi. L'aiutò con delicatezza, quanta era capace di usarne, a risedersi senza sapere come comportarsi di fronte a tanta disperazione; neppure lui aveva fatto i salti di gioia all'idea ma non osava dirle del tentativo di dissuadere il Sacerdote, avrebbe potuto prenderlo come un'offesa e peggio ancora aperto rifiuto prima ancora di conoscerla. Attese in silenzio che si riprendesse e passò parecchio tempo prima che lei trovasse il coraggio di parlare e quando lo fece, la voce era tornata quasi normale.

    “ Non.. non volevo offendervi ma è che.. “

    “ Non hai bisogno di spiegarmi, persino io posso capire la riluttanza ma non lascerò che pensi qualcosa di sbagliato; non ho intenzione di comportarmi diversamente dai miei principi, non sono Aphrodite, quando i tempi saranno maturi allora succederà.. Non prima, non sarebbe neppure naturale dato il motivo che ci spinge a questo passo.. A proposito di questo, vorrei illustrarti qualcosa riguardo a ciò che mi aspetto da te. Non so se ti è stato detto che la mia unica condizione per accettare di aiutarti è stata quella di farti abbracciare la dottrina buddista della quale io sono il massimo esponente; sarebbe inappropriato per te , come mia sposa, avere altre religioni a cui essere votata...”

    Quello che Nefertari non sapeva era che non era precisamente una richiesta quella del guerriero ma un obbligo, l'unico che lei probabilmente avrebbe ricevuto da lui visto che gli altri erano stati dettati da ordini superiori. La giovane rimase incerta di fronte a quelle parole, assimilando i concetti che le aveva appena esposto, per la prima volta sinceramente impaurita all'idea di doversi trovare davvero da sola con lui. Non la inquietava il suo aspetto ma quel modo di fare così misterioso e distaccato che gli consentiva di parlarle con leggerezza di argomenti molto intimi, come il concepimento di un figlio, e un improvviso adattamento ad una religione di cui aveva solamente sentito parlare in maniera vaga. Strinse nervosamente le dita attorno alla stoffa grigia del chitone che portava addosso, senza sapere cosa dire: annuì col capo più per fargli intendere che lo stava ascoltando che per reale convizione ma con la mente era già altrove, persa in scenari talmente orribili da impedirle di parlare. Si rese conto che, in tutto quel tempo, Shaka aveva compiuto pochissimi movimenti e che teneva costantemente le palpebre abbassate la qual cosa gli donava un'aria serafica ma al contempo pericolosa, o forse si stava lasciando suggestionare dagli eventi. All'improvviso lo vide alzarsi per allontanarsi in una parte più profonda e interna della sua dimora, priva di luce, tanto da rendere difficile intravvederlo, cosa che lo rese ancora più distante e quasi irreale.

    Rimasta sola Nefertari scoppiò in un pianto disperato, incapace di trattenere l'umiliazione e il dolore che stava provando. Non era sicura che Shaka fosse crudele tuttavia non si era sentita confortata da lui come aveva ingenuamente creduto anche se la speranza era stata così flebile da essere quasi insignificante. Si rese conto che probabilmente non sarebbe più riemerso dal quell'antro scuro perciò, forse, poteva approfittarne per tentare la fuga visto che sapeva che le case erano vuote. Si alzò in piedi tremante ma aveva fatto appena in tempo a voltarsi che si ritrovò a sbattere contro qualcuno. Con sgomento riconobbe la fisionomia di Shaka, con la stessa espressione atona sul volto che le mise in corpo una paura folle. Certa che avesse captato la sua volontà di fuga chiuse gli occhi aspettando un colpo che non arrivò. Con il cuore che pulsava frenetico in petto si rese conto di essere stata semplicemente sfiorata ma solamente aprendo gli occhi capì che le aveva messo al collo una strana collana. Inconsciamente la rigirò tra le dita, incapace di fare un passo indietro per allontanarsi visto che a lui non sembrava dare nessun fastidio quella vicinanza dal profumo dal suo odore di fiori di loto.

    “ E' un rosario, ho pensato di donartelo visto che non sai nulla sul Buddismo. Non è il modo migliore per iniziarti ma lo puoi considerare una specie di.. regalo di nozze, si. In attesa della cerimonia civile, che si terrà nelle stanze di Arles domani pomeriggio, quella buddista avrà luogo in seguito in India, ho disposto che sia una delle sacerdotesse guerriere ad ospitarti. “

    Solo dopo avere detto quelle parole si spostò, lasciandole la via libera consentendole di allontanarsi. Nefertari lo guardò incredula mentre si allontanava vivamente sorpresa nello scoprire che non avrebbe più dimorato in quella cella in cui aveva provato tanto dolore in quei giorni. Osservò ancora il rosario mentre si accorse solo in quel momento della presenza di due soldati che l'attendevano e che, al contrario di altri, sembravano poco inclini a dimostrarsi autoritari mentre la scortavano fino al punto in cui iniziava il quartiere delle sacerdotesse guerriere.



    Nina era una delle apprendiste del Santuario e si dimostrò lieta di ospitare Nefertari, facendole strada con un torrente di chiacchiere sulle ultime novità e tendenze del tempio da stordirla. La ragazza era rimasta sorpresa da quella maschera argentata che portava sul volto ma anche quella venne chiarita come una regola millenaria per far combattere le donne. A Nefertari venne assegnata un'ampia stanza spoglia di quella casa e passò quasi tutto il tempo ad ascoltare Nina perchè non aveva nient'altro da fare. Spesso ripensava all'incontro avuto con Shaka ma non riusciva a decidere se potersi fidare di lui oppure no. Da una parte no perchè il suo modo di fare le aveva rivelato che non era certo entusiasta all'idea di doverla sposare e le aveva anche imposto alcuni obblighi ma d'altro canto poteva toccare con mano i segni di una gentilezza nascosta, sia quando aveva assicurato di non volerla forzare e anche dal fatto che aveva deciso che non doveva stare in una cella, additata da altri come una criminale. Non riusciva a smettere di giocare con il rosario, che fossero racchiuse li quelle risposte che non aveva trovato?

    Poco prima che la notte giungesse due figure bussarono alla porta della casa. Essendo sola, in quel momento, Nefertari ebbe qualche timore ad andare ad aprire sperando che non si trattasse né di Arles e di nessuno che volesse attaccarla in qualche modo.

    “ Buonasera, siamo due discepoli del nobile Shaka e siamo qui per poter fare la conoscenza della sua illustre fidanzata. “

    A parlare era stato il cavaliere che si presentò come Pavone, un ragazzo dai capelli scuri; l'altro, Loto, aveva una folta capigliatura rossa ma lo stesso sguardo di rispetto del suo compagno. Nefertari non era certa di avere udito giusto e restò completamente di sasso nel vedere che si erano inchinati letteralmente ai suoi piedi; fece qualche passo indietro per lo spavento, convinta che ci fosse qualcosa di strano e bizzarro in quel modo di fare ma fu ancora lo stesso cavaliere a parlare.

    “ Non intendevamo spaventarla signorina ma per noi è un onore trovarci in sua presenza, non avremmo mai immaginato che il nostro potentissimo Maestro si scegliesse una sposa un giorno ed è un onore il fatto che ci abbia messo a parte della bella notizia. Siamo perciò venuti a congratularci personalmente con voi, portandovi anche un presente dall'India come buon auspicio per la vostra felicità futura. “

    Da quelle parole Nefertarì comprese tante cose. La prima era che evidentemente Shaka doveva essere stimato ed apprezzato dai suoi allievi e, forse, era un cavaliere dotato di estrema potenza anche se non era una cosa che la interessava molto; la riverenza con cui le parlavano non sembrava finta anzi, sembravano rispettare molto la sua presenza ragion per cui dovevano quasi certamente ignorare lo scandalo che aveva portato a quel matrimonio. Strano, forse Aphrodite era stato obbligato al silenzio per il decoro del Santuario? Non ne aveva idea ma con quella scatola che Loto le stava porgendo non sapeva che cosa fare: la prese per educazione ma poi capì che attendevano che l'aprisse. Doveva essere qualcosa di molto ingombrante ma senza peso, almeno fu quello che potè dedurre appoggiandolo sul tavolo mentre loro aspettavano ancora inchinati; la imbarazzava un atteggiamento del genere ma non aveva idea di cosa dir loro per paura di sbagliare. Si aspettava qualcosa di banale invece ciò che capitò tra le sue mani era un indumento prezioso che denotava i colori e le tradizioni dell'India, almeno così suppose. Era un sari ed era bellissimo, tanto che non avrebbe voluto accettarlo per orgoglio: aveva l'aria di essere molto antico e di sicuro adatto alle occasioni speciali. Li ringraziò timidamente visto che non sentirono ragione di riprenderlo: per loro era un onore, così dissero, perciò fu costretta a tenerlo domandandosi se un rosario e un sari avrebbero potuto renderle più facile la vita dal giorno successivo.

    - continua -

    Note Ciaooo^^ scusate ma con la tastiera ko devo scrivere dalla biblioteca e non posso farlo sempre^^ grazie per le recensioni e vedo che avete amato Aphro and co XDDD come immaginavate di sicuro questo capitolo era incentrato quasi esclusivamente sull'incontro iniziale tra Shaka e la fidanzata U____U devo dire che scriverlo non è stato facile, anzi, però sono soddisfatta del risultato ottenuto.
    A questo proposito volevo annunciare ufficialmente che la sto scrivendo a quattro mani assieme ad aresian, che appunto mi ha riguardato questo capitolo e aiutato nella stersura oltre che in altre cose XDD
    ora..perchè ho messo Loto e Pavone?
    1. volevo che Nefertari cominciasse ad avere un'idea di quanto sia potente e venerato Shaka. Ok sa che è Gold ma non ne aveva finora avuto la certezza assoluta^^
    2. 2. volevo fargli fare bella figura xddd
    3. semplicemente le serviva un vestito U___U detto ciò buona lettura a tutti^^

    Edited by Aresian - 31/8/2011, 23:09
13 replies since 30/6/2009
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