L'area venne devastata dallo scontro delle due tecniche, così simili e così diverse. La terra si sollevò, spaccandosi e riducendosi al nulla sotto la pressione del loro cosmo. Detriti e polvere furono sparsi per decine e decine di metri, rendendo irriconoscibile in campo di battaglia. Cercò di non perdere compostezza, di restare saldo anche a costo di subire un danno più elevato. Aveva tutto il margine per potersi permettere simili sciocchezze, anche soltanto per alimentare l'immagine di ostacolo inamovibile, un ulteriore atto della sua piccola battaglia psicologica con la piccola Ariete. Le bruciature, i traumi da impatto e gli ematomi vennero percorsi dalla potente radiazione della creatura Missaqar, ancora legata al suo corpo.
Alla fine, la provocazione aveva sortito qualche effetto. Era stato sufficiente, se non altro, per misurare davvero il carattere della ragazza.

Rise. Non era una risata di scherno, ma di divertimento, che si protrasse per qualche secondo mentre il suo notevole cosmo continuava a bruciare furiosamente, rendendo ogni singola ferita, anche la più piccola, soltanto un ricordo. A lei non sarebbe dispiaciuto troppo, ne era sicuro: l'immediatezza del colpo doveva averla costretta ad abbandonare ogni difesa pur di colpirlo al meglio delle sue possibilità, quindi era la prima a doversi riprendere. Quel genere di scommessa era stata molto coraggiosa, glielo concedeva volentieri, ma anche altrettanto stupida.
Le aveva però già concesso abbastanza tempo. Per quanto fosse riuscito in parte a sfogarsi, doveva pensare a come procedere da lì in avanti, se davvero non c'era modo di parlare con Andrea.
Quindi, per prima cosa, decise che avrebbe lasciato alla sua temporanea compagna di giochi un'impressione indelebile.

Non interruppe la sua piccola scena, passando gradualmente a una risata più sommessa. Nel mentre, continuando a bruciare una quantità costante di cosmo, attivò una formula specifica delle sue Chiavi, una che magnificasse la velocità di conduzione e reazione dei propri input neuromuscolari, permettendogli di muoversi ancora più facilmente a velocità impossibili per la fisica classica. Subito iniziò a piegare lo spazio in maniera impercettibile. Un compito facile, considerando che si stava concentrando unicamente in quel senso. Quando fu pronto, lasciò al suo posto una perfetta replica di sé, ancora intenta a sogghignare in maniera chiaramente udibile, ma chiaramente nell'atto di caricare un nuovo, potente attacco frontale. Il suo vero sé scivolò al massimo della velocità nel portale che si apriva alle sue spalle, occultato da un velo di illusioni tale da rendere il passaggio completamente invisibile.
Sapeva che anche lei poteva piegare lo spazio, muovendosi in maniera perfino più efficiente rispetto a quanto concedesse il suo dominio dimensionale, e non voleva darle il tempo di farlo. Mentre ancora la copia stava lentamente sollevando le mani al di sopra della testa, attorniate da una fioca spirale di microscopiche stelle, il portale di uscita si aprì alle spalle di lei, leggermente alla sua destra.

Per lui fu come proseguire in linea retta, ma invece di allontanarsi si avvicinava a lei da dietro, scartando appena e ruotando per fronteggiarla e caricare una palmata portata con la mano destra, diretta all'addome. Non sarebbe stato un colpo poderoso, ma incredibilmente subdolo. Meccanicamente non avrebbe fatto altro che aprire la sua guardia. L'energia che lo circondava, invece, era infusa con una densa componente dimensionale, tenuta insieme da una miriade di piccoli sigilli, in modo che l'impatto facesse vibrare il più possibile l'intero spazio tridimensionale attorno alla figura di Ariete, rendendo estremamente difficile trovare una stabilità sufficiente per minare l'equilibrio, rendendo di conseguenza ancora più complessa la fuga dal seguito.

I muscoli iniziavano a bruciare, ma non vi fu esitazione.
Il pugno sinistro partì senza sporchi caricamenti, senza che la guardia si scomponesse. La rotazione del bacino e del busto trascinarono, perfettamente allineati, l'estensione del braccio per portare un colpo secco, che scaricasse tutto il suo peso in un punto. Quindi seguì un'altra rotazione, un caricamento, un altro pugno. E poi un altro. L'energia mentale filtrata dal Necronomicon riempiva ogni pugno della raffica. Non voleva mostrarle nulla stavolta, né farle credere di essere colpita da altre meteore o addirittura pianeti. Ogni singolo pugno andato a segno, però, avrebbe eroso ulteriormente la sua psiche. Non gli importava un gran ché di farle male. Non si era nemmeno concentrato in tal proposito: ciò che la sua mente stava producendo era l'impressione, l'idea, che ogni pugno fosse tremendo, terribile, mortale. Ciascuno di quei pugni, per una vittima impreparata, sarebbe sembrato fatale.

Stare seduto a quella tavola rotonda rappresentava una delle più bizzarre esperienze che avesse mai vissuto.
Non poteva fare a meno di notare il palpabile senso di disagio che aleggiava sugli individui riuniti e che forse rappresentava il vero filo conduttore che li accomunava tutti quanti.
Si riscosse appena all'arrivo di Chernobog. Era ormai certo che, da un momento all'altro, Pan avrebbe iniziato a prendere a pugni ogni superficie della stanza tanto per fare, ma la presenza dell'altro Araldo avrebbe forse stemperato l'indole del fratello.
Senza ruotare il capo, lasciò che lo sguardo - accuratamente celato dalla maschera dell'elmo - si posasse per qualche secondo su Oliver, senza riuscire a soffermarsi su un solo, coerente pensiero che lo riguardasse. Le immagini del loro ultimo incontro, il sangue, il dolore che entrambi avevano provato, l'incapacità di trovare le parole giuste, o anche solo l'impossibilità di capire quale sarebbe stato il passo successivo.
Fu salvato dall'ingresso di altri rappresentanti, tra cui un elfo con ricche vesti candide. Era senza dubbio un giorno di sorprese, per lui.
L'ultimo a chiudere fu il primo tra i cani di Atena. Bartolomeo era l'unico tra i presenti che Lawrence era assolutamente certo di incontrare in una situazione simile, quindi non fu affatto toccato dalla sua presenza... per quanto si rese conto solo vedendolo di quanti anni fossero passati dall'ultima volta. Probabilmente Aleksander era rimasto solo o quasi a proteggere il Santuario. Sarebbe stato un momento perfetto per conferire col suo antico maestro.
Deviò rapidamente dalla china pericolosa di quel pensiero, ricordandosi che la sua attenzione non doveva essere monopolizzata dai suoi progetti per il futuro, non quel particolare giorno.

Gli Aesir chiusero le porte, una volta uscito anche l'ultimo accompagnatore. Studiò con attenzione il complesso incantesimo intessuto da Heimdall - quindi anche i sigilli esterni dovevano essere opera sua - riconoscendo sotto le rune una struttura univoca che caratterizzava diversi vincoli. Il resto era oltre la sua comprensione, ma da quelle poche similitudini capì, mentre ancora la formula era in creazione, che non volessero interferenze di alcun tipo, durante il concilio. Si inquietò appena pensando che lui avrebbe agito nel medesimo modo, ma fu rapido a ridurre la similitudine a un oggettivo senso pratico. Si chiese quanta magia ci fosse nel messaggio che aveva raggiunto tutti loro per convocarli lì, dato che sarebbe stato poco saggio farlo arrivare anche a orecchie nemiche, semplicemente urlandolo all'intero mondo. Fu quasi sul punto di chiederlo, giusto per soddisfare la sua curiosità, decidendo però di starsene in silenzio ad ascoltare l'altro imponente essere che prese la parola subito dopo.

Niente alleanze, niente accordi. Se non altro sanno con chi stanno parlando - pensò in risposta alle ferme parole di Thor. Gettò rapidamente uno sguardo agli altri partecipanti. Lui per primo non avrebbe accettato una premessa differente, ed era certo che quasi tutti a quel tavolo la pensassero allo stesso modo. Probabilmente, l'unico davvero disposto ad allearsi con tutti gli altri sarebbe stato Bartolomeo, a meno che non si sbagliasse di grosso e ci fosse anche solo un altro tra loro, tanto stupido da non rendersi conto delle differenze inconciliabili che li avrebbero divisi fino alla fine dei tempi.

La terza tra gli Aesir a prendere la parola lo inquietò appena, a differenza degli altri due, sia con la sua presenza così apparentemente dolce, sia con le notizie che condivise. Era vero: sembrava che agli assalti dei Corrotti, al loro numero, non ci fosse fine. Apprenderne il motivo da una parte lo fece infuriare: era un fallimento, l'ennesimo, degli olimpici, che trattavano da sempre il mondo come un parco giochi, noncuranti della loro stessa idiozia e mancanza di lungimiranza. D'altro canto, però, significava che anche gli spettri di Ade fossero in difficoltà davanti alla minaccia di Ponto, dato che avevano invaso il loro dominio come locuste, cibandosi delle anime racchiuse nell'Averno.

Non era che l'antefatto. Il Giappone. Quella battaglia era stata sicuramente un duro colpo per la Corruzione. Possibile che l'avessero indebolita tanto da costringerla a ripiegare? Se Niflheimr rappresentava davvero una riserva di anime tanto immensa quanto facevano intuire i discorsi degli Aesir, allora dovevano impedirlo a tutti i costi, o sarebbero stati sommersi da un'ondata di abomini mai vista prima, che avrebbe cancellato tutto ciò che avevano faticosamente difeso negli ultimi anni.
Stette a sentire i discorsi infervorati del Daimon e del Titano senza troppo prestarvi attenzione. Il semplice fatto di avere enormi eserciti a disposizione avrebbe aiutato ben poco senza applicare un minimo di criterio a quella faccenda. Non che si potesse aspettare altro, da entità che non avevano fatto altro che guerreggiare per miliardi di anni senza risolvere alcunché.
Ritenne un po' neutro l'intervento del Celebrante. Forse aveva fiducia che i suoi dei o i suoi alleati si occupassero di tutto e sembrava più preoccupato per l'assenza di un'altra guerriera alla tavola rotonda, che per tutta la situazione, affatto serena.

Mi perdonerete... - intervenne con una certa irruenza, la schiena appoggiata allo scranno e le mani incrociate davanti al petto. - ma avete detto che Odino stia facendo guardia ai passaggi di collegamento tra i mondi.
Passò lo sguardo da Thor a Heimdall, proseguendo - Eppure parlate di attacchi già avvenuti e di testimoni.
La sua voleva essere una constatazione pratica, puramente fredda e meccanica, ma non poteva fare a meno di pensare che le informazioni in possesso di quegli esseri fossero molto più consistenti e dettagliate di quanto volessero far trasparire.
Quindi, o il vostro Padre Tutto ha già fallito, oppure ci sono altre vie oltre a Yggdrasil per raggiungere Niflheim. Debolezze che la Corruzione sta già sfruttando, falle nel sistema e cose del genere.
Si trattava certo di un argomento di cui era abbastanza esperto, ma non si preoccupò minimamente di accennare alla cosa. Un paio di parole ben piazzate potevano provocare qualche reazione sincera, in quella scena ben congegnata. La sua apprensione però era del tutto onesta.
Non fraintendetemi: non voglio raffreddare il commovente entusiasmo di queste gentili... entità. Voglio solo aver chiara la situazione prima di mettermi a incitare le truppe.

Wild Youth → Energia Nera

PRAGMATIC ɅOID

V

Al contatto, la mano non sembra né fredda né calda.
Le sue dita scivolano lungo il tuo palmo, poi sull'avambraccio, serrandosi appena prima del gomito. Non hai potuto seguire il movimento, captando solo quelle due distinte posizioni, come se vedessi due soli fotogrammi tra decine di altri. I suoi occhi sono nuovamente a pochi centimetri dai tuoi.
Le schegge di Orium confitte nella tua carne esplodono, gemmando sottili prolungamenti nella loro struttura. Attraversano le tue braccia da parte a parte, lordando di sangue il braccio della statua, il cui volto è deformato da un ghigno quasi caricaturale.
La presa non si scioglie. Non sono solo le sue dita a stringerti: innumerevoli spiedi di cristallo nero lunghi un cubito inchiodano insieme i vostri arti.


Lo stridore della voce nella tua testa raggiunge un livello che non hai mai avvertito prima. La tua fronte sembra sul punto di spaccarsi a metà. Hai appena il tempo di intuire la variazione di potere che avviene attorno al tuo corpo. La statua di Yianni passeggia pochi metri più in là, lo sguardo diretto verso l'orizzonte e un'espressione indecifrabile. Il tuo braccio è libero, ancora teso in avanti e ridotto a un ammasso di tessuti crivellati, dolorosamente inutile.
Con orrore realizzi che la Kintaral non riveste più il tuo corpo. Nello stesso istante la vedi brillare sul corpo della statua, che sta ammirando la propria mano sollevata davanti al viso, continuando ad allontanarsi lentamente. Non vedi il suo braccio che si abbassa,
La statua è comparsa accanto a te e - a quanto pare con la mano levata - ha sferrato un manrovescio sulla tua mandibola. Il colpo non è troppo forte, ma basta a farti girare la testa.
Non hai potuto reagire in alcun modo. Soltanto ora capisci che ti puoi muovere. Fino a un secondo fa eri totalmente paralizzato e il tuo cervello non si azzardava nemmeno a mettere a fuoco una simile limitazione, come se non sapesse di doverlo fare.
La statua ricompare nella direzione opposta rispetto a prima, continuando la placida passeggiata mentre si scompone nella parodia di una risata. Un gesto ridicolmente artificiale, come se stesse provando a riprodurre quel particolare atteggiamento avendone solo sentito parlare.

Note Master:

Siamo nel Sottosopra, no?

Asarthur → Black Libra

BEFORE THE MIRACLE

VI

Più le visioni proseguono, più si fanno sporche. Non è più il semplice atto di rivivere dei ricordi dal punto di vista, ma un viverli attraverso il tuo cuore e la tua mente, al momento sprofondati in un desolante torpore. Ogni ricordo ha il sapore e l'intensità del più vivido dei sogni.
Non servono le parole di Milyen a farti intuire il suo stato d'animo, l'urgenza che prova mentre misura ad ampi passi il salone vuoto in cui gli Alchimisti sono soliti riunirsi.

-

Devi riflettere. Pensare al prossimo passo, come ti è stato insegnato, come tu stessa hai insegnato a tua volta.
Dall'epoca della Guerra dei Quattro Re, l'oceano che circonda Death Queen Island è attentamente sorvegliato. Avete dislocato qabbrat su svariate isole, nel tentativo di osservare ogni mossa del nemico mantenendovi quanto possibile a distanza, in un silenzioso gioco di equilibri... così mesi fa Odojinya ha evidenziato alcuni rapidi spostamenti, qualcosa che non avveniva da molto tempo, a dire il vero.
E poi la quabbrat ha smesso di rispondere. Soltanto allora il Daleth ha acconsentito a inviare un Alchimista. Le tue labbra si sono serrate, livide sotto la maschera, quando Aselar ha chiesto con voce dura che gli venisse assegnata la missione. Non hai potuto evitare di pensare che quella fredda determinazione fosse frutto del vostro ultimo, amaro incontro.
No, lui sa che è dovere di ogni Alchimista sostenere l'Impero Nero, così come lo sai tu. Soltanto per questo motivo ha deciso di partire alla volta di quelle isolette sperdute. Non è la prima volta che siete lontani, separati anche per mesi e mesi, se i vostri compiti lo richiedono.
Eppure...

I rapporti si sono interrotti bruscamente. Non vuol dire nulla, chiaramente. Venerya è l'unica a esprimere un minimo di preoccupazione in tal senso. Qualcuno nel Daleth ha l'ardire di giudicarla debole ed emotiva; altri ritengono che la sua preoccupazione non abbia nulla a che fare col sangue e provenga invece dal destino incerto di una delle basi di ricognizione più preziose, rimasta segreta e inviolata per secoli.
Tu non sai cosa pensare. Siedi in silenzio, quando il Daleth si riunisce. Pensieri orrendi continuano ad aggredirti, nonostante la grande disciplina mentale che ti contraddistingue e il tuo innato talento per la meditazione, che ti ha permesso fin dalla giovanissima età di espandere il tuo potere oltre i limiti della ragione. Sai che parlare a favore dell'intervento di un Alchimista Supremo andrebbe contro i tuoi stessi tentativi di impedire una guerra aperta. Sai che un tuo coinvolgimento in prima persona andrebbe a screditare l'immagine di algida superiorità che tanto hai lavorato per costruire. Sai tutto questo e sai che non te ne importa. C'è qualcosa di inquietante in questa precisa serie di avvenimenti.
Voci, sussurri, niente di più. Da simili piccolezze dipendono le tue preoccupazioni. Da questo, e dalle parole e dai silenzi che vi siete scambiati quel giorno.

-

L'aria salmastra che spazza l'isola ti dà quasi la nausea. Hai messo in gioco tutto per poterti trovare lì, esattamente dove sei. Quel singolo messaggio, dopo settimane di silenzio, ti ha fatta tremare.

sono qui, mia signora

Tracce di una battaglia furiosa, la qabbrat sventrata, l'intera isola devastata. Il tuo cuore batte all'impazzata; non riesci a normalizzarne i battiti.
La percepisci, prima di vederla: una presenza inquietante, immensa, che stride contro tutte le leggi che conosci. Stagliata contro il cielo opaco, la sagoma immobile sembra un abisso senza fondo, come se l'armatura informe risucchiasse qualsiasi riflesso. Hai già sentito quel potere. Lo ricordi come un morbo che cammina, un'empia distorsione di tutto ciò che è vivo.

Ciò che senti, Milyen, è terrore allo stato più puro.

Note Master:

Nella prima parte puoi allacciarti al post precedente come vuoi. Sai solo che è passato moltissimo tempo, probabilmente anni, anche se la longevità del sangue lemuriano rende tutto piuttosto indifferente.
L'isola, per riferimento, si trova vicino a Samoa e - SPOILER - non esiste più sulle mappe. Decidi come/se integrare il tutto con altri avvenimenti e concludi come preferisci lasciando qualsiasi azione al condizionale.