Buona pizza

Posts written by buona pizza

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    Per flessibilità, ma per me è inutile va bene uno da 120uF se lo trovi, altrimenti 2 da 60uF
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    Carissimi amici, oggi siamo mille, come l'esercito di Garibaldi. Non è poca cosa, siamo nati come un gruppetto sparuto di emarginati espulsi ingiustamente da altri lidi; ma la passione era ed è tanta e nessuno ci poteva fermare, abbiamo continuato a impastare con tenacia e determinazione. Quando abbiamo fatto questo forum eravamo al 30.000° posto e 10 utenti, oggi siamo al 35° posto e siamo un esercito. Siamo orgogliosi di tutto ciò e siamo orgogliosi della serenità che si percepisce in questo forum. QUI non c'è regolamento, non si banna, non si vende. QUI vige veramente, e non di facciata finta buonista, spirito di condivisione e aiuto reciproco. Siamo orgogliosi di voi.
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    Messo nel Museo delle Meraviglie nella sezione cibo da strada e finger food :)
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    https://www.facebook.com/notes/gabriele-ra...hc_location=ufi

    Copio/incollo anche qui:

    La maturazione dell’impasto a temperatura controllata.
    GABRIELE RAIMONDI·MARTEDÌ 21 MAGGIO 2019·

    Come in altre occasioni il mio ingrato compito è di remare controcorrente , immagino la serie di improperi che mi arriveranno , a mia discolpa cerco di portare le cosi dette “pezze di appoggio” come ho sempre fatto , continuando nello spirito di condivisione che mi ha sempre contraddistinto.
    Ho sempre letto nelle discussioni che si instaurano sui social tra amanti e operatori dell'arte bianca la parola “maturazione" che è entrata a far parte del lessico comune , e che indica l’idrolisi delle macromolecole (amido, proteine , lipidi) nei loro monomeri che li costituiscono.
    E su queste reazioni biochimiche sono stati scritti fiumi di parole , qualcuno addirittura si è addentrato a costruire (con molta fantasia) tabelle dalle quali si desume il tempo necessario per arrivare ad una giusta maturazione in base alle caratteristiche reologiche di una farina .
    La convinzione generale che introducendo l’impasto ad una temperatura controllata (t.c. come viene definito nelle varie discussioni) in frigo si riesca in qualche maniera a rallentare quasi a 0 la lievitazione mentre invece si è sempre supposto che la cosi detta “maturazione” prosegua e che quindi sia questa la soluzione per far si che maturazione e lievitazione arrivino assieme al traguardo. Perché si è sempre supposto che la maturazione continui anche a temperature basse .
    La verità scientifica è un’altra : mettere l’impasto in frigo vuol dire metterlo in stand by , metterlo in pausa sia come lievitazione che come processi di idrolisi delle macromolecole .
    Gli enzimi deputati come catalizzatori alle reazioni di idrolisi delle macromolecole e cioè il gruppo delle amilasi , le proteasi e lipasi hanno un andamento in funzione della temperatura molto simile al grafico sotto riportato .

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    http://wwwdata.unibg.it/dati/corsi/95003/7...tica%202016.pdf
    Vale a dire che a zero gradi l’attività di questi enzimi si annulla , aumentando la temperatura questa attività raggiunge un massimo appena prima che l’enzima raggiunga la temperatura di denaturazione.
    Ritornando al nostro impasto messo nel frigo , inizialmente l’impasto ha una temperatura attorno ai 20-23°C (temperatura alla fine dell’impasto) che man mano si riduce in funzione del volume e quindi della quantità di impasto , molto prima se sono i classici panielli e più lentamente se nel frigo immettiamo l’intero impasto . Una volta raggiunta la temperatura ipotetica di 4°C sia la lievitazione che la maturazione si riducono drasticamente quasi a zero. Non è vera quindi l’ipotesi che la maturazione continui più velocemente che la lievitazione (che quasi si ferma) , e che quindi la bassa temperatura copra il gap tra tempo di maturazione e tempo di lievitazione nelle farine di forza. In realtà invece questi distinti processi sono solamente quasi azzerati , dico quasi perché si arrestano a zero gradi.
    Sotto aggiungo alcuni link di pubblicazioni tratte dalla letteratura che rendono l’idea di quanto sopra ho detto.
    https://staticmy.zanichelli.it/catalogo/as...5896_04_CAP.pdf
    https://paperap.com/paper-on-effect-temper...tracted-barley/
    http://www2.hkedcity.net/sch_files/a/bch/b.../enzymes-02.pdf
    www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0263876213003559
    https://www.researchgate.net/publication/2...is_Isolate_AI20
    www.japsonline.com/admin/php/uploads/44_pdf.pdf
    L’ ho scritto in altre occasioni che con la parola maturazione per quanto riguarda le proteine si identifica un processo di parziale idrolisi delle proteine e invece di una esplicita depolimerizzazione del macropolimero di glutenina . Come saprete la gliadina nell’impasto viscoelastico rappresenta la viscosità , mentre invece la glutenina rappresenta l’elasticità. Nel cosi detto reticolo proteico si sviluppano dei complessi macropolimeri di glutenina , questa complessità è molto marcata nelle farine di forza .
    Quindi ritornando alla nostra maturazione , durante questo periodo abbiamo una parziale proteolisi delle proteine che coinvolgono sia le albumine che le globuline e in parte gliadine e glutenine , si è supposto in alcune pubblicazioni che questa possa essere quantificata in circa un 5% massimo. Mentre invece quello che incide sulla estensibilità (che è quello che interessa) è la depolimerizzazione del macropolimero di glutenina , che vuol dire che da una grande molecola complessa si ottengono dei polimeri meno complessi ma non aminoacidi come si pensava .
    www.academia.edu/13357246/Fluorescence_Labeling_of_Wheat_Proteins_for_Determination_of_Gluten_Hydrolysis_and_Depolymerization_during_Dough_Processing_and_Sourdough_Fermentation
    La depolimerizzazione del GMP (glutenin macropolymer) aumenta l’estensibilità dell’impasto.
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    CITAZIONE (LAPERGAMENA @ 1/6/2019, 16:25) 
    BACHOUR17_0

    L'approccio alla sfogliatura e' sempre molto delicata, se poi ci si aggiunge anche la lievitazione, il tutto diventa ancora piu' complicato.
    E' opportuno seguire delle piccole regole per evitare di collezionare insuccessi che non ci gratificano e spronano a proseguire.
    Di seguito una piccola guida per tutti coloro che si vogliono avvicinare alla sfogliatura dolce lievitata.
    Buona lettura :)

    ******************
    L’impasto del croissant è composto di farina, acqua, lievito e zucchero in quantità non eccessiva, di solito 12/13%. Talvolta si spennella con un tuorlo d’uovo la superficie per ottenere un colore più dorato al momento della cottura. Il cornetto italiano è invece preparato con farina, zucchero, lievito, acqua, burro e uova. Gli ingredienti dell’impasto sono dunque diversi, ma la forma di mezzaluna arrotolata è uguale.
    Quindi, cornetto e croissant sono diversi perché l’impasto del primo contiene uova, burro e più zucchero. Non è solo una differenza di impasto: il croissant ha la crosta fine e croccante, proprio perché lo zucchero nell’impasto è pochissimo, mentre il cornetto è più morbido proprio perché si avvicina di più ad un impasto brioche.
    I croissant essendo realizzati partendo da un impasto più magro: hanno meno zucchero, meno burro, non sono presenti uova oppure ne hanno in piccole quantità.. Nella fase di laminazione, invece, si utilizza una maggiore quantità di burro per conferire al croissant maggiore croccantezza e un sapore più intenso di burro. Non si utilizzano aromi, anche se noi italiani tendiamo ad inserirli lo stesso, e, per questo motivo, questo impasto può essere utilizzato anche nella pasticceria salata. I cornetti invece hanno un impasto molto simile: si utilizzano il doppio dello zucchero, del burro (nella pasta danese anche il triplo), uova, aromi e nella laminazione si utilizza una quantità inferiore di burro .
    Una volta cotti, hanno un sapore di burro meno marcato, sono più morbidi (meno croccanti), e mantengono questa caratteristica più a lungo.

    Per un eccellente risultato è fondamentale ottenere una perfetta stratificazione pasta/burro.
    E’ necessario rispettare le temperature di lavorazione di pasta e burro e gli spessori degli stessi.
    Durante la laminazione l’impasto deve avere la stessa consistenza del burro e per avere ciò l’impasto deve essere più freddo del burro.
    La pasta andrà lavorata a massimo 6 gradi mentre il burro piatto va utilizzato a circa 14 gradi.
    Nella fase delle pieghe la pasta deve avere uno spessore tra i 7 e gli 8 mm.
    E’ molto importante anche la temperatura della cella di lievitazione che non deve superare 25 gradi.
    Per evitare che il burro sciogliendosi rovini la stratificazione.

    *il miele nei croissant serve per far si che il prodotto duri nel tempo più buono senza asciugare e può essere sostituito con lo zucchero invertito perché la funzione nella ricetta è umettante.
    * La lecitina aggiunta all’impasto serve nel caso in cui si dovessero congelare per non far soffrire le fibre del glutine. Infatti forma una patina protettiva intorno alla maglia glutinica evitandone la rottura.
    * Un consiglio molto utile: una volta tagliati i triangoli, 30 minuti di riposo in freezer e 3 ore in frigo. Poi procedere all’arrotolamento.
    * Altro consiglio: per evitare l’elasticità della pasta in fase di laminazione occorre fare l’autolisi.
    * La pasta madre per realizzare i croissant è poco utilizzata proprio per la natura del cornetto di essere consumato in giornata. All’estero è molto usata la polish, stessa proporzione di farina e acqua, con lievito tra lo 0,1% e lo 0,3%. Si prepara di solito il giorno prima in modo da lasciarlo fermentare tra le 8 e le 16 ore.
    Viene usato in proporzione tra il 30 e il 40%. Si ottiene una maggiore estensibilità che facilita la laminazione.
    * Se volete avere dei croissant perfetti non saltate la maturazione di una notte in frigo per la formazione del bouquet aromatico.
    È determinante per la pasta il riposo di una notte, prima della lavorazione perché permette una migliore lavorabilità, una migliore digeribilità e migliori caratteristiche organolettiche (sviluppo di aromi e profumi che si formano dopo almeno 6 ore di riposo a 4°C). Ne è dimostrazione il risultato: lo stesso impasto, lavorato subito e lavorato dopo una notte passata in frigorifero, produce prodotti molto diversi in termini di qualità, sapore e resa.
    *E’ consigliabile effettuare la prima piega di incasso della parte grassa a mano.
    Questa operazione permette di stressare meno la pasta, scaldare meno il burro e dare eventualmente le altre due pieghe in successione senza riposi, ottenendo una stratificazione burro-pasta perfetta.

    • Per quanto riguarda il numero di pieghe , è una scelta dell’operatore, il risultato migliore si ottiene dando tre pieghe da tre, ottenendo il giusto numero di strati (27 strati): il prodotto è ben sfogliato, sviluppa bene e non perde grasso (la teglia non è unta) in quanto il burro è bene legato con la pasta. Si ottiene una buona croccantezza all’esterno e bella alveolatura all’interno. Con un maggiore numero di strati si hanno minori sviluppo e croccantezza e con un numero minore di strati il burro è meno legato alla pasta, i prodotti potrebbero perdere grasso in cottura, risultando più unti al tatto e al palato. Si possono fare anche 1 piega a 4 e una a tre, in questo caso si avrà un’alveolatura aperta e meno regolare.

    MATERIE PRIME.....

    LA FARINA.......

    La farina che si utilizza è' la normale farina bianca, la quale deve aver un buon contenuto proteico che faciliti la formazione di un glutine estensibile ed elastico e non rigido.
    La scelta della farina è molto importante per ottenere un buon risultato finale, infatti a seconda della farina utilizzata ci troveremo di fronte a diverse operazioni da effettuare.
    E’ necessaria quindi una farina forte che consenta di sviluppare il glutine sia durante l’impasto che durante la sfogliatura W 320/380. PL oltre ad essere forte è indispensabile che la farina mantenga questa forza nel tempo fino alla cottura in forno. Il migliore si posiziona tra 0,4 e 0,7. Più questo fattore è elevato minore è l’elasticita’ della farina.
    Esempio va bene una lievitati di circa 370 W e un PL 0,48/0,50
    Oppure una farina sfoglia 300/320 W PL 0,48/0,50

    Se invece dovessimo ignorare questo accorgimento, si rischierebbe poco sviluppo a causa della rottura della maglia glutinica, con fuoriuscita del grasso sulla teglia e conseguente prodotto pesante e poco cotto nel centro.

    Se invece la farina utilizzata è' forte si ha bisogno di meno tempo per impastare, perché la prolungata lavorazione provocherebbe un glutine troppo tenace che causerebbe restringimenti della sfoglia durante la lavorazione e meno friabilità al morso.
    È' possibile aggiungere del malto all' impasto che risulta molto benefico in unione con le farine forti , rendendolo più' estensibile, oltre a dare una bella colorazione alla sfoglia.
    La dose ideale è' di 10/25 gr per kg di farina.

    UOVA…..
    Contengono acqua proteine e grassi e idratano al 73% d’acqua.
    I tuorli donano una fine texture e quando la quantità è elevata i tuorli aiutano ad emulsionare grandi quantità di burro all’interno della pasta. Inoltre aiuta la reazione di Maillard e favorisce la colorazione in cottura.
    LO ZUCCHERO
    Se aggiunto troppo presto nella procedura di impastamento, la formazione del glutine sarà ritardata e la pasta avrà più difficoltà a sviluppare. Se quindi si hanno quantità dal 10% in su dovrebbe essere aggiunto a pasta formata e a piccole dosi, preferendo granulometrie fini.
    I GRASSI......

    Inutile ripetere che il miglior grasso per gusto e profumo per questo tipo di impasto è il burro, ma le aziende ultimamente hanno creato delle margarine a sfoglia adatte per questo uso.
    Il burro è la materia grassa migliore in pasticceria: è naturale e non subisce processi di lavorazione atti ad alterarne le sue caratteristiche; è ricco di elementi indispensabili al nostro organismo, oltre a lasciare il palato pulito, avendo il burro un punto di fusione diverso.
    Non tutti i burri sono idonei per essere utilizzati nella preparazione della pasta sfoglia, è necessario infatti che sia plastico è malleabile, non deve diventare appiccicoso e in più' adatto a sopportare lunghe lavorazioni.
    Sembrerà' strano, ma la margarina per la sua consistenza plastica facilità di più' la lavorazione di inserimento dei grassi, soprattutto se si lavora in ambienti con temperature non controllate.
    Il burro va sempre controllato, deve essere freddo ma malleabile, ossia dobbiamo poterlo piegare senza romperlo= plasticità.

    IMPORTANTE.....

    È' fondamentale per una buona riuscita che la consistenza dei grassi sia simile a quella del pastello.
    Vi faccio un esempio:
    Nel caso in cui la materia grassa utilizzata è' molle, anche il pastello lo deve essere
    Nel caso in cui la materia grassa è dura, anche il pastello lo deve essere.


    IL SALE....

    Il sale aggiunto all' impasto facilità la stabilità e la consistenza del glutine, inoltre dona sapore e colore all' impasto.


    L'ACQUA........

    L' acqua e' indispensabile per creare la struttura del pastello e per trasformarsi durante la cottura in vapore, favorendo lo sviluppo in altezza del prodotto.
    La quantità' necessaria dipende dal grado di assorbimento della farina.
    Si può' arricchire l' impasto anche con tuorli, albumi, o uova intere per una percentuale non superiore al 10%.
    Nell’inserimento degli ingredienti, è bene eseguire un preciso ordine: zuccheri, uova o tuorli, 70% acqua o latte, farina e lievito, sale, restante acqua o latte e in ultimo il burro miscelato con gli eventuali aromi. In questo modo la maglia glutinica si sviluppa correttamente, conferendo all’impasto la giusta consistenza (buone elasticità, tenacità e capacità di mantenere la forma). Inoltre, se sono presenti gli aromi, mescolandoli con il burro si amplificherà la loro capacità aromatica, grazie alla capacità del burro di fissare i sapori e veicolarli negli altri ingredienti.
    E’ consigliabile infatti preparare la parte aromatica nel burro almeno un giorno prima.

    TEMPO DI RIPOSO.......

    Un' operazione fondamentale nella lavorazione della pasta sfoglia e' il rispetto dei tempi di riposo, i quali permetteranno di ottenere un impasto elastico e non deformabile durante la cottura.
    È' necessario quindi far riposare l' impasto finito in frigo per un paio D' ore, poi formare e di nuovo riposo per l meno 1/2 ore minimo.
    Maggiore sarà' il riposo è migliore sarà' il prodotto finale che andremo ad ottenere.




    LA LAVORAZIONE.........

    A seconda della tecnica e della ricetta che andremo a realizzare, avremo una diversa varietà' di lavorazione.
    Nel metodo classico si procede impastando il PASTELLO e il PANETTO.
    IL PASTELLO e' composto da acqua, sale, farina, e in alcuni casi uova, vino, o altro.
    IL PANETTO invece è' formato dal grasso ( burro o margarina) che può' anche essere a sua volta lavorato con un po' di farina in modo da renderlo più' lavorabile e più' friabile in cottura.
    Una volta effettuato il dovuto riposo si inserisce il panetto nel pastello tramite i giri di inserimento o pieghe e i successivi riposi.
    I GIRI si suddividono in GIRI SEMPLICI o PIEGA A TRE. E GIRI DOPPI o piega a quattro.

    I giri sono legati al tipo di prodotto che vogliamo ottenere, ma soprattutto alla quantità' di grasso che andremo ad inserire nel pastello.
    Nel caso in cui usassimo pochi grassi, avremmo bisogno di fare meno giri, con più' grassi ci sarà' necessità
    di fare invece più' giri.

    IMPORTANTE......

    se utilizzassimo 500 gr di burro/ margarina per kg di farina avremmo bisogno di fare 3 giri doppi

    Se utilizzassimo 600/700 gr di burro/ margarina per kg di farina avremmo bisogno di fare 2 giri semplici e 2 doppi

    Se utilizzassimo 800/1000 gr di burro/ margarina per kg di farina avremmo bisogno di fare 4 giri doppi.

    Nel caso in cui la farina utilizzata fosse debole, è' necessario ad ogni giro 30/50 minuti di riposo in frigo a 4 gradi.

    Con farina forte sono invece necessari 60/120 minuti di riposo in frigo a 4 gradi.



    LA PIEGA A TRE........

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    LA PIEGA A QUATTRO.....


    croissant10



    IMPORTANTE.......

    La pasta sfoglia va tirata sempre con le due aperture rivolte verso di noi.
    Se si inverte il verso la sfoglia in cottura SI RITIRA.

    La stesura della sfoglia andrebbe fatta con la sfogliatrice, ma se si procede con cautela si ottengono ottimi risultati anche con il matterello.
    È' importante picchiettare sul' impasto in modo da ammorbidire il burro e stendere lentamente e gradualmente in modo da evitare di spostare il grasso verso l' esterno.
    Quindi l' abbassamento dell' impasto deve essere regolare e graduale.

    Inoltre ricordare che il panetto e il pastello devono avere la stessa consistenza. :)
    Nel caso in cui avessero diverse consistenze, la massa più' dura prevarrebbe sul' altra e la stratificazione risulterebbe irregolare.
    Se ad esempio il panetto fosse più' duro, la pasta sfogliata cotta subirebbe una perdita di grasso sviluppando meno in altezza.
    In tutti e due i casi sarebbe penalizzata sia la croccantezza che la friabilità.


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    In conclusione....
    ricordare le tre regole:


    1)temperatura della pasta:
    andra' lavorata a 4/6 gradi massimo

    2) temperatura del burro
    il burro andra' lavorato a 12/14 gradi circa.

    3) spessore della pasta
    durante la fase di piegatura la pasta va stesa a 7/8 mm

    rispettiamo le regole di base e sara' piu' facile avere buoni risultati.



    La lettura di questo link porta passo passo ad una realizzazione di una ricetta croissant

    https://buonapizza.forumfree.it/?t=75686158

    https://buonapizza.forumfree.it/?t=76134304

    https://buonapizza.forumfree.it/?t=76238221


    https://buonapizza.forumfree.it/?t=75692358
  6. .
    CITAZIONE (Milligrammo @ 27/6/2018, 11:09) 
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    Il pane è una brutta droga. Se si inizia a farlo in casa è difficilissimo smettere! C’è sempre da sperimentare: nuove tecniche, nuove tempistiche, nuovi mix, nuove forme, nuovi tagli. Ogni minimo aspetto incide profondamente sul risultato, sull’aspetto, sulla struttura, sulla mollica…
    Un milione di variabili diverse che sono talvolta difficili da prevedere ma che poi rappresentano il bello del gioco: la sfida di adattare e modificare le modalità sulla base delle proprie esigenze e di come reagisce l’impasto.

    E’ quindi impossibile definire delle linee guida vere e proprie o un modus operandi fisso. Per quanto mi riguarda l’unica raccomandazione che dovrebbe valere sempre e comunque è quella di trattare l’impasto con i guanti di gomma, cercando di essere il più delicati possibile per evitare di rovinare la struttura costruita con tanta fatica. Per cercare di capire ho visto centinaia di video, parlato con centinaia di persone, letto centinaia di libri (ecco vabè centinaia no, diciamo decine, anzi cinquine) e ho raggiunto un mix che non fa felice nessuno, ma che per me inizia ad essere accettabile. Il video che vi propongo mostra la mia gestione “standard” che viene puntualmente modificata e adattata alle esigenze. Ma più o meno parto sempre da qui (o quasi).
    Prima del video dimostrativo (mi sono imbarazzato un sacco a farlo) ecco qualche punto fisso.


    Lievito: inutile parlare di idratazione, farine, tecniche esotiche se non si ha a disposizione un lievito in forma smagliante. Ovvio che non parliamo di un grande lievitato, ma da un lievito fiacco non uscirà mai un pane di lievello, specialmente se desidera una mollica aperta e piena di alveoli. Condizione necessaria (ma non sufficiente) è quella di avere un lievito in grandissima forma. Io uso quasi esclusivamente lievito naturale liquido, ma nulla vieta di usare solido o anche LDB, magari con biga o polish. Il mio lievito liquido subisce 3 rinfreschi di 12h a TA prima di un prefermento relativamente breve (4-6h).

    Idratazione: in questo caso è un 80%, ma scendo spesso anche al 75% o leggermente sotto. Tutto dipende dalla farina usata. Non cadete nell'inganno di chi vi dice che la soluzione per avere i buchi è aumentare l'idratazione. Se non riuscite ad avere un pane aperto con un 75% non ci riuscirete con un 90%, anzi, sarà anche peggio. Imparate prima a gestire idratazioni umane, e poi eventualmente salite.

    Farine: 70% tipo0 W300 e 30% integrale forte. Ma ho sperimentato virtualmente ogni possibile combinazione con tipo 1, tipo 2, semola, farro e segale (di solito usate al max al 30%), fino a 100% integrale. E’ pura questione di gusti personali, anche se a seconda della farina usata sarà necessario variare le tempistiche.

    Sale: qui al 2% sulla farina, ma ho oscillato dall’1.8% fino anche al 3%. Molto dipende dall’attività enzimatica della farina. Con farine integrali tendo a salire per evitare un eccesso di attività proteolitica.

    Autolisi: sono un grande fan dell’autolisi per il pane! In condizioni normali gli do un paio di ore, se ne ho meno scaldo l’acqua fino a 55° per accelerare i processi. Alla bisogna la faccio in frigo, anche tutta la notte ma con l’aggiunta di tutto il sale previsto dalla ricetta. Per la semola la allungo anche a 4h (per via del glutine corto e tenace) mentre la riduco o addirittua la evito in caso di impasti con grandi quantitativi di farro in cui porterebbe un’estensibilità eccessiva.

    Impastamento: a macchina, a mano o NK poco cambia. Il gioco principale è sul grado di sviluppo del glutine che si sceglie. All’inizio del video vedete che tendo a portare l’impasto ad uno sviluppo medio/alto. Forma il velo ma non è eccessivo.

    Pieghe: da qui in poi i rischi di fare danni sono alti. Un impasto perfetto che viene maltrattato produce un pane peggiore. Le pieghe devono essere sempre fatte con delicatezza e senza perdere i gas accumulati. Di pieghe ce ne sono di diversi tipi, ma tutti volti a donare struttura all’impasto e doneranno tanto più struttura quanto più avanzato lo stato della lievitazione (immaginate di sovrapporre strati di pluriball da imballaggio, quello è l’effetto di una piega con un impasto già lievitato). Le pieghe consentono così di rendere gestibili anche impasti abbondantemente idratati che per loro natura sarebbero semiliquidi. Dal video è evidente la differenza della struttura tra la prima piega, con impasto piatto e spatasciato sul marmo, e l’ultima in fase di formatura. Sembrano impasti diversi, e solo per via delle pieghe e del progredire della lievitazione.
    Vi mostro solo una tipologia di pieghe (e chiusura su banco) ma sul tubo trovate 500 milioni di varianti. Trovate la vostra strada, ma sempre con estrema delicatezza per evitare di rovinare il lavoro fatto. In questo caso ho fatto 3 pieghe interavallate da 30’. Ma il numero di pieghe e l’intervallo dipende molto da fattori quali l’idratazione e la temperatura.

    Staglio: questa fase è molto molto molto rischiosa. E’ quella dove in passato ho fatto più danni tagliando troppi pezzi o manipolando troppo l’impasto. Anche qui l’accortezza deve essere massima, cercando di raggiungere le pesature desiderate in non più di 2/3 tagli.

    Preformatura: dopo lo staglio si procede con una serie di pieghe e si da una preformatura a sfera. Nel video do una preformatura abbastanza leggera, si può essere anche più decisi, specialmente se si decide di accorciare il tempo di puntata.

    Formatura: ancora una volta, decisa ma rispettosa dell’impasto. In questo caso essendo avanti con la lievitazione ho optato per una chiusura abbastanza dolce e senza troppi rinforzi. Fosse stato più indietro con la lievitazione avrei cambiato tecnica e optato per più pieghe. In ogni caso, alla fine della formatura opto sempre per una pausa di 5’ su banco per sigillare bene la chiusura. Dopodichè do ancora tensione rotolando il panetto sul banco e lo trasferisco nel cestino per la lievitazione finale (in questo caso in frigo per 16h, ma anche 2/3h a TA).

    Tagli: di tagli ce ne sono molti. Per la batard il metodo del nostro Fabrizio non si batte. Lo trovate spiegato meglio qui https://buonapizza.forumfree.it/?t=75678783.

    Cottura: a che temperatura? Statico o ventilato? Vapore o non vapore? Per quanto? Anche qui mille varianti, ognuna specifica al tipo di impasto, al tipo di crosta che si vuole, al tipo di forno che si ha a disposizione. Fondamentale è l’immissione di una quantità sufficiente di vapore che rallenti la formazione della crosta e consenta il pieno sviluppo di crescita all’impasto. Io personalmente con il mio forno di casa opto per due varianti:

    1. Cottura nella pentola di ghisa (forno belga). In questo caso non è necessario immettere vapore; sarà l’ambiente (piccolo) chiuso ermeticamente che genererà sufficiente vapore per far sviluppare la pagnotta. Scaldo a 250° il forno in modalità statica, poi metto la pagnotta nella pentola chiudendo ermeticamente per 20’. Scoperchio e abbasso gradualmente a 230/210/180 ogni 10’, lasciando lo sportello aperto gli ultimi 10’ per asciugare la crosta. Raffreddamento in verticale per 3h prima del taglio.

    2. Cottura su pietra refrattaria (non biscotto, pietra refrattaria). In fase di riscaldamento (250° statico) inserisco uno stampo da plumcake in cui arrotolo un aciugamano immerso in acqua, questo satura il forno di vapore ancor prima di infornare. Lo stampo ha 3-4 dita di acqua in cui l'asciugamano si imbeve, ma deve esserci una superficie non immersa, che è quella che genererà vapore. Questo lo inserisco direttamente all'accensione del forno e lo tolgo passati i primi 20'. Sul fondo del forno,sempre all'accensione, ho anche una teglia con rocce laviche da BBQ che faccio arroventare. Al momento dell'infornata, poco prima di chiudere lo sportello, ci verso un bicchiere di acqua fredda che genera una quantità di vapore pazzesca che imita abbastanza bene l’iniezione di vapore dei forni professionali. Attenzione solo a possibili ustioni.
      In alternativa qualche cubetto di ghiaccio fa comunque il suo lavoro. Se vi interessa questo post (in inglese) era stato illuminante per me. Non sottovalutate questo aspetto perchè è determinante. . Inforno direttamente su refrattaria (il biscotto tende a rilasciare calore troppo lentamente) posizionata in basso per 20’ con vapore a 250°. Poi 250/230/210 ogni 10’, e termino a 180° con fessura aperta per 15’ (tempistiche per una pagnotta da 1.2Kg).


    Se volete replicare questo pane vi posto anche la ricetta, anche se, come al solito, le dosi vogliono dire molto poco. Tutto dipende da come vengono gestite le varie fasi. Questo test era fatto così:

    Prefermento (6h a 26°)
    45 licoli già in forma
    95 farina panettone
    95 acqua a 38°

    Autolisi di 2h a TA
    Farina 0 W300 690
    Farina integrale (Petra 9) 230
    Acqua 560

    Impasto
    tutto il composto autolitico
    tutto il prefermento
    Sale 20
    Acqua 150

    Impastato fino a sviluppo medio del glutine (vedi video).
    Puntata a TA (26°) 4h, con 3 serie di S&F ogni 30’.
    Staglio e preformatura con pausa di 45’
    Formatura e lievitazione finale di 16h in frigorifero (4°).

    Vabè, dopo tutta questa premessa beccatevi questi 5’ di video, sperando possano essere utili a qualcuno.


    Emanuele

    PS, non rompete, lo schiaffetto finale è per frankuzzo!




    [URL=https://www.youtube.com/watch?v=FgPMKAhmrLo]https://www.youtube.com/watch?v=FgPMKAhmrLo


    www.youtube.com/watch?v=10T28ZPG5U8

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  7. .
    buona pizza ringrazia
  8. .
    CITAZIONE (shakin89 @ 8/4/2019, 17:59) 
    Dosi per circa 1700 grammi, per uno stampo 15x15x30
    Prefermento
    475 farina w300
    212 acqua
    24 licoli
    Impastare il prefermento com fosse una biga, lasciandola grumosa. Va lasciato 12 ore a TA circa 20 gradi. Io ho lasciato 12 ore in frigo e 12 a TA
    Water Roux
    60 farina w300
    300 acqua
    Mettere in un pentolino sul fuoco e portare a 68 gradi, o fino a quando non si addensa, mescolare ancora per 30 secondi abbassando il fuoco, lasciar freddare e riporre in frigorifero
    Si conserva fino a 3 giorni in frigo
    Impasto
    415 farina w260
    118 acqua
    47 zucchero
    29 sale
    38 olio
    +Prefermento
    +Water Roux
    Inserire in macchina la farina, il prefermento, il water roux ed avviare. Far incordare aggiungendo altra acqua se necessario, unire infine il sale, lo zucchero e l’olio ed incordare
    Far puntare circa 2 ore, fino a che non ha lievitato di circa il 30%, spianare ed arrotolare dando una leggera tensione mentre si arrotola.
    Riporre nell’apposito stampo e attendere che arrivi a 2 cm dal bordo.
    Infornare a 200 °C per circa 50-60 minuti. Prova stecchino per vedere se è cotto.

    p.s. io ho fatto puntare, formato, messo in stampo ed inserito in frigorifero. Il giorno dopo altre 3 ore circa per arrivare al bordo.
    La ricetta è compatibile con gli orari lavorativi sfruttando il frigorifero2019-04-03_19-57-52_0872019-04-03_19-58-34_4182019-04-03_20-13-50_952
  9. .
    Fantastico! :)
  10. .
    CITAZIONE (LAPERGAMENA @ 4/6/2018, 01:00) 
    #punto_pasta

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    Il punto pasta...., quanti avranno provato a digitare queste due parole sulla tastiera del pc e sfogliato gli indici di libri specializzati senza aver ottenuto risposta ?
    È' praticamente impossibile trovare la soluzione e cercare di imparare questa cosa tramite i libri o in rete.
    Solo una grande quantità' di prove ed esperienza saranno in grado di educare le nostre mani per sentire e valutare la forza di un impasto ed eventualmente operare delle correzioni quando necessario.
    Sia la manualita' che la percezione sensoriale non si può' studiare, ma si acquisisce solo provando, sbagliando e riprovando di nuovo.
    Alle volte, soprattutto quando si è' all' inizio, spesso ci si scoraggia, magari al ritorno da un corso, dove si è' visto svolgere delle operazioni che all' apparenza ci sono sembrate facilmente ripetibili, al momento di metterle in pratica ci si accorge che non si è' in grado di replicare con così tanta facilità'.
    È solo necessario fare pratica ed acquisire la manualita' necessaria.
    Il punto pasta può essere definito come la forza che l' impasto dovrebbe avere in base a quello che si vuole ottenere come prodotto finito.

    È il perfetto equilibrio tra le caratteristiche fisiche della pasta che stiamo lavorando:

    - estensibilita'
    - elasticita'
    - tenacita'

    ESTENSIBILITA' e' la proprietà di un impasto di essere allungato, è una condizione che può essere migliorata con la tecnica dell'autolisi, con una media che va dai 20 minuti ad 1 ora.
    Per la pizza 20 minuti sono sufficienti.
    Le proteine contenute nella farina hanno più' tempo di assorbire l' acqua, migliorando la struttura del glutine creando un effetto positivo sull'estensibilità.

    ELASTICITA' lo dice la parola stessa, si riferisce alla capacità' dell' impasto di ritornare alla posizione iniziale dopo essere stato allungato.

    TENACITA' e' la proprieta' di un impasto di resistere ad un' azione di stiratura.

    In ogni caso con l' esperienza s'impara a riconoscere il momento in cui terminare la fase di impastamento.
    La superficie dell' impasto risulterà' liscia, la pasta si solleverà' dai bordi della vasca reagendo alle sollecitazioni, deformandosi ed estendendosi, creando un velo privo di grumi.
    Anche il rumore che sentiremo nell' impastatrice sarà' cambiato, come se la pasta scrocchiasse.

    È' facile riconoscere un impasto poco lavorato, perché' prendendone un pezzetto tra le mani, non lo si riesce a tirare e in trasparenza si vedono grumi, non ha corpo ne' estensibilita', si rompe se proviamo ad allungarlo e rimane appiccicoso tra le dita.


    Facciamo un esempio:
    Una pasta debole ha tanta estensibilita' ed è' facilmente allungabile, ma e'cosi poco elastica che non torna indietro durante la formatura.
    Nonostante sia facilmente lavorabile e si stenda quasi da sola, il glutine non ha la forza di mantenere gran parte dei gas prodotti dalla lievitazione, durante la fase della cottura.
    Come conseguenza i prodotti finiti avranno sicuramente un volume ridotto e alveoli con aperture poco sviluppate.

    Facciamo tesoro di quello che dovrebbe essere una buona lavorazione di un impasto, cerchiamo di memorizzarne le consistenze in modo da essere sempre in grado di riprodurle anche in situazioni di non normalità' e con apparecchiature diverse da quelle a cui siamo abituati.

    E soprattutto mai dimenticare che un impasto si valuta da come reagisce la pasta alla deformazione e non dalla sua consistenza.
  11. .
    CITAZIONE (Japi @ 7/12/2018, 11:03) 
    Un utilissimo e semplice strumento per calcolare il rapporto di due ingredienti con "concentrazioni" diverse di qualunque cosa (alcool, grassi, ma anche la forza della farina) è la Croce di sant'Andrea.

    Si mettono in alto le due concentrazioni di partenza, al centro della croce quella da ottenere e in basso mettiamo il valore assoluto delle differenze tra i valori di partenza e quello che vogliamo ottenere.

    IMG_20181207_103633_resized_20181207_103721073

    Qui sopra, ad esempio, 2 farine con W300 e W100 e voglio ottenere una farina con W250. Faccio 300-250=50 e lo scrivo in basso a destra, 100-250=-150 (il segno lo ignoro) e scrivo 150 in basso a sinistra. Il rapporto lo ottengo dividendo 150/50=3.

    Quindi dovrò utilizzare tre parti di farina W300 e una parte di farina W100.

    Facile no? Enjoy :)


    Edited by Japi - 7/12/2018, 19:26
  12. .

    CITAZIONE (ramirez @ 30/5/2019, 20:35) 
    La scheda tecnica è un elemento importante per la valutazione qualitativa di una farina , è auspicabile quindi che tutti i mulini la forniscano, è una carta d’identità necessaria all’utilizzatore .
    Deve essere chiara , leggibile e facilmente interpretabile.
    Voglio cercare di dare quindi un contributo fattivo alla interpretazione di questo documento.
    Per prima cosa la scheda tecnica non è l'analisi diretta della farina che andrete ad usare, è una informazione del fornitore sui valori medi di quella farina, è un documento che dice che quella farina ha mediamente quelle caratteristiche durante l’anno, è importante quindi che questa volontà sia espressa nei fatti .
    A volte sono abbastanza accurate nel senso che il range dei valori è abbastanza ristretto,altre volte invece è un intorno di valori abbastanza ampio, faccio un esempio :
    W = 290-310 questo è un range abbastanza ristretto, che vorrebbe dire in sostanza che il fornitore è abbastanza sicuro di "centrare" il range.
    W= 280 -320 questo è un range un po più largo , il fornitore in questo caso è stato un pò più sul sicuro.

    Umidità
    Molti indicano l'umidità max di legge cioè 15,50%, alcuni indicano invece un range , meglio comunque acquistare farine che abbiano umidità basse per due ragioni fondamentali, una che l'assorbimento è più alto , due che l'aspetto igienico-sanitario è migliore specie se ci sono escursioni termiche alte , in questo caso con farine alte di umidità si corre il rischio che siano infette dalle muffe.

    W alveografico
    Diciamo che è il dato che maggiormente conosciamo , esprime direttamente un lavoro e quindi è direttamente legato alla capacità che puo avere quella farina a sopportare le operazioni di impasto e successiva lievitazione , da solo questo valore assume una certa importanza ma non è determinante deve essere interpretato assieme ad altri valori come le proteine e la stabilità farinografica.

    P/L
    Rappresenta in soldoni il rapporto tra la tenacità(P) e l'estensibilità(L) . Dove P in sostanza non è altro che l'altezza del grafico che si ricava facendo l'analisi alveografica moltiplicato per un fattore(H x 1,1), dove L è invece la lunghezza del grafico .
    Ora questo rapporto viene considerato equlibrato in presenza di valori che vanno da 0,4 a 0,6 questo per farine medio deboli . Per le farine forti invece il rapporto è equilibrato in presenza di valori che vanno da 0,5 a 0,7.

    Proteine
    Questa è una caratteristica interessante che è abbastanza correlata con il W. Mi spiego se io ho una farina con 200 di W mi aspetto che abbia minimo 10% di proteine , così se ho una farina con 400 di W mi aspetto che abbia minimo 14% di proteine . Non è una regola intendiamoci , ci sono diversi grani che sfuggono a questa correlazione , specie i grani cosi detti “antichi”.

    Assorbimento
    Anche questa è una caratteristica interessante da verificare , anche questa è in relazione con la quantità delle proteine e come abbiamo visto con l'umidità della farina stessa e con il danneggiamento degli amidi.
    Però attenzione questo dato è relativo all'analisi eseguita con il farinografo Brabender, non è esattamente trasformabile in realtà , è un dato in senso assoluto ricavato dall'apparecchiatura . Faccio un esempio :
    Una farina con 14% di Proteine e con 350 di W praticamente è un Manitoba che si trova in commercio , ebbene questa farina potrebbe avere un assorbimento farinografico di 60% in realtà è una farina che si può idratare fino al 70-80%, o al 100% nel caso venga usata per una teglia alla romana.
    Deve essere visto quindi come un dato da trasformare nella realtà comunque molto utile.

    Stabilità
    Anche questo è un dato ricavabile con l'analisi farinografica , non ha corrispondenza diretta con la realtà, nel senso che anche in questo caso è un dato assoluto che però a saperlo leggere indica la resistenza che può avere quella farina durante tutte le fasi di impasto e lievitazione , più è alta la stabilità più sarà alta la resistenza di quella farina a tutte le sollecitazioni.
    Faccio un esempio:
    Una farina Manitoba deve avere almeno un 16-18 minuti di stabilità , questo vuol dire che questa farina riesce a resistere a tempi di impasto abbastanza lunghi e a lievitazioni lunghe.
    Se invece avessi una stabilità di 12 minuti , sempre su una farina Manitoba , vuol dire in sostanza che è abbastanza scarsa per il tipo di lavorazioni che ci si aspetta da questa farina.
    All'opposto se ho una farina con 200 di W mi aspetto che abbia una stabilità bassa (2-3 minuti) che vuol dire che è poco resistente alle sollecitazioni , che bisogna stare attenti ai tempi di impasto.
    Nel caso ad esempio di una farina da biscotti , questa dovrebbe avere al max una stabilità di 1,5-2 minuti , se ne avesse di più non andrebbe bene per la relativa produzione.

    Falling Number
    Questa è una caratteristica che è in relazione con l'attività alfamilasica della farina , cioè la capacità di fermentare(lievitare) più o meno velocemente , in due parole con la cinetica di lievitazione.
    E' una caratteristica che è in funzione con gli avvicendamenti climatici del luogo in cui è stato coltivato il grano, con determinate caratteristiche di umidità e di temperatura il grano tende a far partire il processo di germinazione , in sostanza partono le amilasi trasformando l'amido in malto e destrine .
    Il valore del Falling Number per avere una normale lievitazione non dovrebbe scendere sotto i 270 per farine medio deboli e sotto i 300 per una farina forte .

    Ho tralasciato volutamente di parlarvi degli altri valori indicati nella scheda tecnica , concentrandomi su quelli che sono i valori da prendere in considerazione e che hanno riscontro pratico.
    Molto spesso ultimamente però alcuni mulini indicano anche le caratteristiche estensografiche che sono sicuramente interessanti soprattutto per una ragione fondamentale che questa analisi viene eseguita idratando la farina seguendo il reale assorbimento della stessa , mentre l’analisi alveografica viene eseguita ad idratazione costante (50%).
    Le caratteristiche estensografiche sono da paragonare a quelle alveografiche infatti :
    L’estensibilità
    Esprime esattamente la capacità che ha l’impasto di essere stirato senza che questo si laceri o si rompa. E’ paragonabile alla L(lunghezza del grafico) alveografica.

    Resistenza
    E’ la resistenza che oppone l’impasto allo stiramento , corrisponde grossomodo alla P alveografica(tenacità)

    Energia
    In sostanza non è altro che l’area sottesa dalla curva estensografica misurabile in cm quadri, grossomodo simile al W alveografico.

    Livello qualitativo della farina
    Sopra accennavo al fatto che il W alveografico non è un valore da prendere come elemento determinante del livello qualitativo della farina , bisogna sempre valutare oltre al W la quantità delle proteine e la stabilità farinografica.
    Cerco di rendere più leggibile quanto sopra detto con degli esempi :

    W ------proteine in %-----stabilità in minuti
    350 ------ 14 ------------ 18
    300 ------ 13 ------------ 15
    250 ------ 12 ------------ 7
    200 ------ 10,5 ----------- 3
    Diciamo che mediamente questi sopra possono essere abbinamenti attendibili , cosa diversa sarebbe riscontrare ad esempio una farina che abbia 250 di W con 10,5% di proteine e 3 minuti di stabilità , in questo caso specifico il livello qualitativo è simile (più o meno) a quello di una farina come sopra riportata con 200 di W -10,5% di proteine e 3 minuti di stabilità , e come tale deve essere usata.
    Altro esempio:
    Si potrebbe verificare anche di trovare una farina che abbia 300 di W con 12% di proteine e con 7-8 minuti di stabilità , voi capite che non è paragonabile all’esempio sopra riportato(300 W-13% proterine-15 minuti stabilità) perché ha un livello qualitativo inferiore .


    Edited by Japi - 27/11/2019, 12:02
  13. .
    Ciao e benvenuta :)
  14. .
    CITAZIONE (shakin89 @ 7/6/2018, 10:29) 
    Come costruirsi una ricetta.

    tl;dr: come dicono gli americani, “too long, did’nt read” ovvero se per voi è troppo lungo da leggere saltate alla fine che trovate un foglio excel per la costruzione delle vostre ricette.

    Vediamo prima di tutto quali sono i “sistemi di riferimento” che vengono usati in panificazione.
    Principalmente esistono due sistemi di riferimento più diffusi:
    si riferiscono tutti gli ingredienti alla quantità di acqua presente nella ricetta, esprimendo le quantità in grammi per litro.
    si riferiscono tutti gli ingredienti al peso della farina, esprimendo le quantità in percentuale rispetto a questo peso
    Il primo sistema viene usato solitamente dai pizzaioli, in particolare dai pizzaioli napoletani, i quali solitamente partono dall’acqua per impastare e si fermano qualora abbiano raggiunto il loro punto pasta. Viene quindi naturale riferire tutti gli ingredienti in forma di g/l (grammi per litro) rispetto all’acqua usata. Quindi potreste sentire spesso parlare di 2 g/l di lievito, o 1600 g/l di farina.
    Seppur può suonare strano, questo sistema è identico al secondo, vanno solo riconvertite le quantità in percentuali.

    In panificazione e/o pasticceria si usa solitamente riferire tutti gli ingredienti alla percentuale totale della farina.
    La prima regola fondamentale è che il totale della farina dovrà sempre essere il 100%.
    Tutti gli altri ingredienti saranno espressi (sempre in percentuale) rispetto alla farina. Quindi se trovo scritto che lo zucchero sarà il 20%, questo numero sarà sempre riferito alla quantità di farina presente nella ricetta.
    Perché usare questo metodo?
    Mettiamo che io abbia una ricetta e che con il quantitativo riportato posso fare una teglia di pizza 30x40. Cosa succede se ne devo fare due? raddoppio le dosi. E se devo fare 3 teglie 45x35? posso farmi i calcoli a mano, ma se questo mi succede spesso? Oppure se la ricetta prevede 10 kg di impasto ma io devo fare solo un panetto da 600 grammi per una teglia.
    Ecco che ci vengono in aiuto le dosi in percentuale. Dato il peso dell’impasto finale che ci servirà, le percentuali ci aiuteranno a calcolare facilmente le quantità di ogni singolo ingrediente che ci serve. Se poi inserisco tutto questo su di un foglio di calcolo, ecco che l’operazione è ancora più semplice.
    Inoltre, se devo scambiare le dosi con una persona anglosassone, oppure ho un blog in lingua italiana ed inglese, non ho problemi di conversione tra le unità di misura. Posso esprimere le quantità assolute sia in grammi che in once, senza alcun problema. Le percentuali sono indipendenti dal sistema di misura.
    Poniamo il caso che invece voglio cambiare l’idratazione della mia pizza, perché quella appena fatta non mi soddisfa. Ecco che cambiando semplicemente la percentuale dell’acqua dell’impasto mi permette di avere nuovamente le quantità assolute ricalcolate in automatico.

    Vediamo innanzitutto le regole di base:

    1. tutti gli ingredienti devono essere espressi nella stessa unità di misura (kg, gr o libbre) e devono essere pesati, compresi i liquidi;

    2. L’ingrediente principale (in questo caso la farina) deve essere sempre considerato 100. Quando due o più farine sono usate nella formula, la somma delle loro percentuali deve sempre essere 100;

    3. la quantità di tutti gli altri ingredienti è espressa come percentuale del peso totale della farina;

    4. programmi come microsoft excel, openoffice calc o google fogli sono di grande aiuto nel calcolare queste formule.

    Partiamo dal considerare una formula semplice, di un pane ad impasto diretto (ovvero senza prefermenti o paste di riporto o altro) e scriviamo la tabella con le percentuali degli ingredienti.
    ricetta1

    Notate come nella ricetta siano presenti due tipi di farina e che la somma delle loro percentuali faccia sempre il 100%. Notate anche che alla fine della formula abbiamo sommato il totale delle percentuali costituenti la formula.
    Supponiamo che di questa ricetta vogliamo fare 10 kg di impasto

    Primo metodo di calcolo
    Pur essendoci vari metodi di calcolo questo è uno dei più semplici.
    Dobbiamo dividere la percentuale totale della formula (173%) per la quantità della farina (100%).
    Da questa operazione otteniamo il risultato 1,73 (173/100).
    Dividiamo adesso la quantità di impasto che vogliamo fare per il risultato ottenuto.
    Quindi 10 kg / 1,73 = 5,78 Kg che è la quantità di farina che dovremmo utilizzare.
    (Scorciatoia: possiamo anche riunire le due operazioni in una unica singola facendo 10 kg / 173 x 100 = 1,73)

    ricetta2

    Di conseguenza possiamo calcolare tutto il resto degli ingredienti moltiplicando il peso totale della farina per la percentuale dell’ingrediente. Questo grazie al fatto che tutti gli ingredienti sono espressi percentualmente rispetto alla percentuale totale di farina (100%).

    ricetta3

    Gli arrotondamenti vengono effettuati alla terza cifra decimale (millesimo) in modo che la ricetta sia precisa al grammo (dato che la ricetta è espressa in kg, se fosse espressa in grammi non ne avremmo avuto bisogno).

    Secondo metodo di calcolo.
    Fissiamo la quantità totale di impasto che vogliamo fare, ad esempio 10 kg.
    Sommando tutte le percentuali della ricetta, otteniamo 173%.
    Dividiamo il peso totale dell’impasto per la somma delle percentuali
    ricetta4

    Dovremo d’ora in poi moltiplicare la costante K per la percentuale di ogni singolo componente della ricetta, per ottenere il peso del singolo ingrediente.

    Farina per pane = 70 x 5,78 / 100 = 4,046 Kg

    e così via per tutti gli altri.

    La ricetta totale sarà quindi

    ricetta5

    I calcoli possono pure essere fatti al contrario. Ovvero se io conosco la quantità degli ingredienti posso calcolarmi la percentuale degli ingredienti della ricetta. Posso così scalare facilmente le quantità da una ricetta industriale ad una casalinga, o viceversa.

    Esempio di calcolo delle percentuali partendo dalle quantità
    Poniamo il caso che ci troviamo di fronte una ricetta con le seguenti quantità:
    Farina per pane 1000 g
    Acqua 700 g
    Sale 20 g
    Lievito di birra 5 g

    Per ottenere le quantità percentuali di ogni singolo ingrediente basta dividere la quantità totale di ogni ingrediente per il peso totale della farina (o delle farine nel caso siano più di una) e moltiplicarlo per 100.

    Farina per pane: 1000 / 1000 x 100 = 100%
    Acqua 700 / 1000 X 100 = 70%
    Sale 20 / 1000 x 100 = 2%
    Lievito di birra 5 / 1000 x 100 = 0,5%

    Benissimo. Adesso portiamo la nostra ricetta un passo più in là.

    Aggiunta di un prefermento alle tabelle
    Aggiungiamo alla nostra ricetta un prefermento, come ad esempio può essere una biga, composta da farina integrale e farina bianca, lievito e acqua al 45%.
    Per fare la biga useremo una parte della farina prevista dalla ricetta, ad esempio un 30%. Questo è un dato indicativo, che possiamo fissare noi. Unico parametro da rispettare è il quantitativo degli altri ingredienti per realizzare la ricetta. Con una biga che è idratata al 100%, il fattore limitante è solo la farina, ovvero posso usare pure il 100% della farina per realizzare la biga, non mi troverò mai con un impasto super idratato. Con un poolish che invece è idratato al 100% il fattore limitante sarà l’acqua, infatti se dovessi usare il 100% di farina della ricetta per realizzare il poolish mi troverei che per l’impasto finale ho usato più acqua di quanta ne prevede la ricetta (70%), quindi l’acqua sarà il fattore limitante che determinerà il quantitativo massimo di farina utilizzabile.
    Questi sono degli esempi estremi per far comprendere il concetto.

    Torniamo alla nostra formula. Per realizzare la biga useremo il 30% di farina della ricetta, metteremo il 1% di lievito rispetto alla farina usata per la biga e il 45% di acqua sempre rispetto alla farina usata per la biga. Metteremo anche lo 0,5% di sale rispetto alla farina usata per la biga, per mitigare l’azione dei lieviti, in quanto la farina integrale fermentando più velocemente, senza sale ci porterebbe la biga a surmaturare e non ci vogliamo trovare con una biga surmaturata.
    La tabella si trasforma in questo modo:

    ricetta6

    Come abbiamo determinato il peso della farina da usare nella biga?
    La farina totale della ricetta è pari a 5,78 Kg, quindi il 30% della farina totale è 1,734 Kg. Dividendola per due, perché abbiamo messo metà farina bianca e metà farina integrale nella biga, otteniamo appunto 0,867 Kg di farina per ogni tipo.
    Se avessimo voluto invece dividere le farine della biga come 80 farina per pane e 20 farina integrale avremmo dovuto fare: 1,734 Kg di farina totale della biga (ovvero il 30% della farina totale della ricetta) x 80%
    1,734 x 80 / 100 = 1,387 Kg di farina bianca
    1,734 - 1,214 = 0,347 kg di farina integrale.

    Avremmo anche potuto usare tutta la farina integrale nella biga, quindi nella biga sarebbe scomparsa la farina per pane.

    Per sottrazione ci possiamo determinare le quantità da usare nell’impasto finale. Il suggerimento è quello di non usare le percentuali nelle dosi dell’impasto finale, perché potrebbero essere fuorvianti e non darebbero una idea chiara dell’idratazione reale della ricetta né della percentuale del sale.

    ricetta7

    Il consiglio per prendere confidenza con il metodo è quello di usarlo, usarlo ed usarlo.
    Una volta preso confidenza con la metodologia vi troverete a vostro conforto nel trasformare ricette espresse in solo peso in ricette con percentuali che vi permettono di scalare le ricette, o di trasformare ricette espresse in percentuale in ricette espresse in peso.
    Per aiutarvi in questa tipologia di calcoli, ci sono vari strumenti.
    Uno dei più diffusi è Microsoft Excel e la sua alternativa Libreoffice Calc (o Openoffice Calc), altrimenti ci sono anche i fogli online come Google fogli (Google Spreadsheet).

    Versione Google Fogli
    https://docs.google.com/spreadsheets/d/1az...dit?usp=sharing

    Versione Excel
    https://drive.google.com/file/d/0Bzxz0CY84...iew?usp=sharing
  15. .
    jpg
    Come calcolare le percentuali in panificazione

    Come calcolare le percentuali in pasticceria

    Il metodo napoletano riferito all'acqua

    (ce ne è altri?)

    Edited by Japi - 30/5/2019, 13:59
34 replies since 1/6/2018
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