Posts written by Killian Ambrosia Degan

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    Se cadessi in un secchio di tette usciresti con un cazzo in mano

    Meldof a Callan
    The Witcher
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni
    La ragazza avrebbe trattenuto una risatina quando Aaron le disse di aver interagito con sua sorella gemella, non ce la vedeva stretta in un camice bianco a parlare di cose futili con quel collega. «Ah si? Discorsi lavorativi immagino, Shiny non è una che si sbottoni troppo facilmente, un asso con le pozioni e in erbologia ma molto introversa.» Sembrava l'inizio di una barzelletta; "Una Grifondoro, una Serpeverde e un Corvonero…" «Manca un Tasso e abbiamo fatto il quartetto completo!» Disse, accennando un leggero sorriso. I colleghi erano una parte fondamentale del lavoro da Auror, bisognava contare sempre su qualcuno all'interno del Quartier Generale Auror e lei perlomeno era stata molto fortunata nel trovare in Krasus sia un collega che un amico. Quello stesso sorriso si allargò quando Aaron definì certi suoi colleghi inclini a credersi invincibili. Era dell'idea che certe convinzioni fossero nocive e quanto di più sbagliato potesse esserci e che, se sottovalutato, avrebbe portato la persona e tutti i suoi compagni di missioni alla tomba. «Si! Hai proprio ragione, molti si credono invincibili ma non sono altro che degli sciocchi… Conosco alcuni Auror con quella filosofia ma posso dirti che persone del genere esistono in tutti i campi e in ogni professione.» La rivelazione che quel posto, insieme a molti altri, appartenesse a lui le fece sollevare leggermente le sopracciglia mentre un lieve sorriso sarebbe spuntato sul suo volto. «Ah! Porcaccia troia! Allora sei proprio ricco se riesci a permetterti non uno ma una serie di bar e locali come questo!» Disse, non doveva essere per niente semplice, per uno con un lavoro così impegnativo, riuscire a gestire tutto. Non era infastidita da quanto lui fosse ricco ma che, o così le dava l'impressione, la ostentasse con così tanta boria. Sapeva che certe famiglie basavano la propria ricchezza sul cognome della stessa e, sia nel mondo magico che in quello babbano, avere un cognome antico solitamente significava non solo in un consistente patrimonio, ma anche da tradizioni, fama e potere. Lei stessa portava, non solo un cognome antico di secoli, ma un titolo nobiliare che le pendeva sulla testa come una spada. Era ricca eppure non aveva mai attinto alla ricchezza familiare per i suoi bisogni, al contrario aveva sempre dato fondo ai suoi risparmi ottenuti tramite il proprio lavoro e le gare che aveva fatto e che ormai erano un lontano passato. Non era una ragazza parsimoniosa, il suo denaro le piaceva spenderlo e Shanessa spesso definiva le mani della gemella bucate da quanto denaro scialacquasse per frivolezze come nuovi bastoni da passeggio, scarpe o ninnoli inutili. Quello che aveva al fianco, ad esempio, era uno dei suoi bastoni preferiti. Aveva una storia interessante e per via di ciò l'aveva pagato un'occhio della testa: l'oggetto apparteneva ad un mago che aveva furbamente pensato di darlo in testa ad un troll di montagna, quello stesso troll, in risposta alla bastonata, lo aveva polverizzato con una mazzata, ricambiano il favore, ed il bastone era l'unica cosa che era sopravvissuta. Ma quando capì il vero motivo per cui lui era lì Killian si rabbuiò, facendosi d'un tratto pensierosa. Avrebbe sorriso nuovamente e, accavallando la gamba sull'altra, con quel suo sorrisetto furbo e vispo che fece capolino sul suo volto. «Probabilmente la persona che hai assunto per fare da direttore non è abbastanza competente come ti ha fatto credere durante il colloquio. In questo tipo di lavori occorre avere il pugno di ferro in un guanto di velluto. Ho un'idea sai… Ci sarebbe un modo per controllare questi esercizi commerciali senza mettere in soggezione i propri lavoratori. Suppongo che tu non sia conosciuto da tutti i tuoi dipendenti… E beh… Potresti farti assumere come impiegato , lavorare da loro per alcuni giorni per controllare come effettivamente svolgono il loro lavoro e poi… BAM!» Sottolineó, sbattendo il puntale del bastone sul pavimento «Gli schiaffi in faccia la verità e prendi i provvedimenti necessari.» Avrebbe sorriso furbescamente più per il fervore con cui quell'idea l'aveva presa e, inclinando il capo verso destra, si sarebbe sistemata la ciocca di capelli andata fuori posto per poi portare le mani avanti come a stoppare qualsiasi rimostranza dell'uomo nei confronti della propria proposta. «Si lo so, sei un Medimago, magari non riesci a fare una cosa del genere in contemporanea con i tuoi turni.» Eppure era un'idea valida, che avrebbe potuto dare modo all'imprenditore di poter vedere la situazione con i propri occhi senza artifici di sorta. «Potresti quasi definirla una "missione sotto copertura". » Mimando le virgolette con indice e medio delle mani «Non so quante te ne possano capitare in veste di Guaritore del San Mungo.» Si sarebbe rigirata la tazzina in mano lasciando decantare il liquido scuro al suo interno e facendogli prendere aria. «E poi ho scoperto sul campo che, se dai alla persona che sorvegli modo di rilassarsi, potresti fornirti un ottima visuale di ciò che potrebbero fare in tua assenza… Potresti perfino trovarlo divertente e decisamente intrigante… » Killian prese un sorso del proprio caffè e, finendolo, posò la tazzina vuota sopra il bancone. «Il barman è bravo comunque, questo caffè che ho appena finito era ottimo altro che quella schifezza di brodaglia annacquata che spacciano per caffè!» Osservando le espressioni del medimago su quello che era stato detto per poi estrarre dal taschino il prezioso e amatissimo orologio per controllare l'ora «Mi spiace ma adesso devo andare, ho un appuntamento e non posso mancare. Mi ha fatto piacere poter parlare con te Aaron. Arrivederci e spero a presto.» La ragazza si sarebbe alzata dallo sgabello del bancone raccogliendo le proprie cose, si sarebbe infilata la giacca e messa la borsetta a tracolla. Da quest'ultima Killian avrebbe preso il portafogli e, estraendo da esso un paio di banconote da cinque sterline, avrebbe pagato la propria consumazione e quella di Aaron. Fatto ciò l'Auror avrebbe rivolto un ultimo sorriso verso il Medimago e, girandosi, si sarebbe diretta verso l'uscita del locale.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni
    La casa poteva sembrare caotica e disordinata ma, ad un occhio attento, non sarebbe passato inosservato che l'arredamento non era lasciato al caso in quel modo. Shanessa avesse sistemato la mobilia in modo astuto e studiato. Alcuni oggetti, tra cui un piedistallo, una poltroncina, un semplice bastone in legno agganciato alla ringhiera della scala che saliva al secondo piano e oggetti simili, erano tutti stati sistemati tatticamente, all'insaputa di Killian, per offrire un eventuale appoggio alla sorella.
    «Fai attenzione perché Shanessa ha la brutta mania di riordinare l'arredamento ogni tre per due perché non è convinta della sistemazione di alcuni oggetti...» Avrebbe avvisato sbuffando « ...più di una volta le ho chiesto di sbarazzarsi di quel piedistallo osceno... Ma non mi ascolta.» Sbuffando ancora sentendo la battuta che il collega del Quinto livello le rivolgeva e, puntando il dito indice in faccia a Vath, lo avrebbe osservato minacciosa con un sorriso satanico sul volto. «Devo farti un occhio nero così tu fai il panda?» Disse anche se, a dir la verità, aveva apprezzato la spiritosaggine. La ragazza sarebbe rimasta stupita della sua risata chiedendosi se alla parola "cazzo" Vath si fosse scandalizzato. «Troppo volgare per un signorino come te?» Chiese, sorridendo ironicamente, cercando di punzecchiare l'uomo, anche se la cosa la divertiva e non poco. «Mia sorella ti ha aiutato?» Ripeté in maniera interrogativa. Non era la prima volta che la gemella le combinava un appuntamento ma quella volta aveva anche lasciato casa libera cosa che di solito non faceva restando saggiamente in camera sua ma a portata d'orecchio. «Ah… E perché la cosa ti stupisce?» Lo avrebbe guardato appoggiare il pacchetto sul ripiano con curiosità, accettando i due baci e, facendo una smorfia che le sollevò il sopracciglio fino a farlo sparire sotto la chioma argentea, disse. «Ah, cucini pure! Dovresti sposarti, faresti contenta una donna.» La ragazza avrebbe notato come Vath fosse imbarazzato per via della situazione e Killian avrebbe fatto finta di niente per non peggiorare la cosa. Si sarebbe concentrata sul cibo e, ascoltando cosa si celasse al suo interno, la ragazza sospettò che Vath si fosse fatto consigliare dalla gemella anche sulla scelta della torta. «Oh… Una Foresta Nera… La mia preferita!» Il tono avrebbe tradito la golosità dell'Auror riguardo quella torta, conservando anche un pizzico di contentezza nel riceverla a sorpresa. Avrebbe commentato «Mh…» ascoltando le scuse del Ministeriale. «Ci sono delle sorprese che mi piacciono ed altre no, è stata fatta a fin di bene quindiiii… Credo che non mi devi delle scuse. Shanessa avrebbe fatto qualsiasi cosa per me, come io farei lo stesso per lei» Gli avrebbe fatto cenno di accomodarsi sé sulla poltrona o sul divano l'avrebbe lasciato decidere a lui e lei si sarebbe seduta per terra, accanto al tavolino con la schiena rivolta verso il camino acceso. «Mi fa piacere che hai voluto festeggiare il nostro compleanno.» Disse, calcando la parola nostro rendendo palese come non volesse escludere la sorella gemella. «Anche Shanessa si merita una fetta di torta.» Guardandolo vestito in quel modo e guardando la tuta che portava con un sorriso propose a Vath. «Ti cambi tu o mi cambio io?» La domanda era retorica e, alzandosi da terra, Killian avrebbe cercato di dirigersi verso la propria camera al piano di sopra. Una domanda sorse nella sua mente e fermandosi per un attimo, avrebbe stretto le labbra portandosi le dita al mento riflettendo. «Stavo pensando di mettere su un film, quindi probabilmente non ha molto senso cambiarsi, ti va se metto su dei pop-corn nel microonde? Di solito non ci facciamo mancare qualcosa da sgranocchiare durante un buon film.» La ragazza avrebbe lasciato il Ministeriale in salotto e, andando in cucina, avrebbe tirato fuori da un cassetto la scatolina di pop corn con dentro l'ultima bustina di tre da riscaldare al microonde. 'Devo ricordarmi di comprarne altro, lo abbiamo fatto fuori con l'ultimo film e mi sono dimenticata di prenderlo… spero che basti per entrambi.' Pensò mettendo la busta con le alette rivolte verso l'alto sul piano del microonde. Lo avrebbe chiuso e regolandolo alla temperatura massima premette il tasto d'accensione. Non ci volle molto che i primi chicchi di mais iniziarono ad esplodere e il profumo di popcorn salati si sparse per tutta la cucina.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni
    Non se lo aspettava quell'atteggiamento da parte del Ministeriale. Come sempre era padrone della situazione ma qualquadra non le cosava: l'outfit di Vath era composto da un Blazer monopetto in tinta unita blu oltremare che ne metteva in risalto gli occhi, con bottoni blu e lo stemma familiare cucito con un filo dorato sul taschino e una cravatta in seta del medesimo colore, una camicia in lino chiaro e un paio di pantaloni in cotone indiano, ai piedi un paio di mocassini. Era abbastanza casual per quanto ricercato ma decisamente meno impettito dell'abbigliamento solito che aveva al lavoro. Appariva più rilassato e ne dava prova il fatto che le avesse posato con delicatezza una mano sul fianco. Suo malgrado quel gesto le fece inarcare leggermente il sopracciglio perché lo aveva fatto di fronte ad altre persone e il muro eretto da Killian non era pronto ad abbassarsi. Gli avrebbe rivolto un mezzo sorriso e, insieme a quello, con il pollice e l'indice fece il gesto di avvicinare le dita tra loro. «C'è mancato tanto così che non venissi. Grazie per l'invito ma sai benissimo anche tu che sono qui solo per il cibo.» Ma glielo avrebbe detto con un sorriso. I vari ospiti stavano arrivando e cominciavano ad attorniarsi per salutare il padrone di casa. Si irrigidì resistendo all'impulso di allontanarsi, non voleva che quel gesto fatto con tanta tenerezza da parete di Vath sembrasse che la infastidiva ma, ancora, non riusciva a gestire tutte quelle persone vicino a sé. Era probabile che il Ministeriale si fosse accorto di come si era irrigidita e che, già di sua spontanea volontà, avrebbe cercato di rimediare a quella situazione per metterla a proprio agio. Cercando di non apparire maleducata o scortese Killian cominciò a salutarli. Iniziò da Wyatt che le aveva rivolto oltre che il saluto un pensiero. «Ciao Wyatt, è un piacere vederti. È vero, è piacevole trovarsi anche al di fuori del lavoro per avere la possibilità di conoscersi.» Salutò anche Isond che nel frattempo era arrivata e si era messa alle spalle del futuro marito. «Salve Isond…» Non riuscendo a finire le classiche frasi di rito che qualcun altro avrebbe posato la mano sul suo fianco. Istintivamente, ancor prima che parlasse, Killian lo riconobbe, un sorriso spontaneo, affettuoso e solare sarebbe apparso sul suo volto. Alzò la testa per poter incrociare lo sguardo di Krasus abbracciandolo felice che l'altra metà della sua anima fosse riuscito a partecipare alla grigliata. «K, che bello vederti!» Disse con entusiasmo per poi inclinare la testa, visibilmente più rilassata alla sua vicinanza, rivolgergli un sorriso di scherno e gli chiese. «Il letto ti ha sfrattato?» Ridacchiando, conosceva le abitudini del suo miglior amico e sapeva che, quando era di riposo, niente e quasi nessuno riusciva a sollevarlo dal letto. «Ho dormito bene grazie e tu? Non sembra molto.» Avrebbe detto sorridendo, osservandolo preoccupata e rimanendo quasi senza parole alla frase del piccolo Barnes nei confronti di Krasus. Nessuno poteva dire, fare o blaterare qualcosa alla metà della propria anima senza pagarne le conseguenze.
    Avrebbe squadrato per un attimo Blake con cattiveria e, prendendo subito le fraterne difese del proprio parabatai, l'agente K, avrebbe ripreso il ragazzino rispondendo alla frecciatina che aveva fatto.
    «È semplice educazione. C'è chi la conosce e chi no. Soprattutto come ospite. E a quanto pare tu ne sei sprovvisto testina quadrata.» Disse osservandolo con rimprovero per poi rivolgergli un leggero cenno del capo «Killian.» Esordì, presentandosi al ragazzino e, rivolgendo un sorriso più ampio al fratello più grande, avrebbe salutato Aaron guardandolo con comprensione. «Ciao Aaron, porta pazienza. Prima o poi il periodo dell'adolescenza finirà. Piuttosto, come stai? È da quella sera al bar che non ci si vede. Sei poi riuscito a risolvere quella situazione?» Avrebbe seguito Vath nella zona predisposta al pranzo e, al gesto galante del Ministeriale avrebbe sorriso e ringraziato con un cenno del capo, sedendosi a tavola. Sentirsi dire che si sarebbe dovuta tenere leggera le fece alzare gli occhi al cielo mentre una mano sarebbe andata al viso coprendo l'espressione affranta dopo aver visto tutto quel ben di Dio imbandito sulla tavola. «Non sapevo di essere a dieta.» Disse trattenendo a stento una risata.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni
    A Killian quell'uomo sembrava sempre più confuso, il perché era da ricondurre al fatto che Aaron stava cercando di ricordarsi dove l'aveva già vista. Non era complicato: stessa età, stessa scuola e, di conseguenza, probabilmente anche le stesse lezioni. Un sorriso, le parole del Medimago fecero scaturire quell'increspatura all'insù nelle labbra dell'Auror. La ragazza non avrebbe potuto dire se conoscesse Aaron durante il periodo scolastico, non era per nulla fisionomista e le persone di quel periodo era come se fossero dietro ad una tenda spessa, rendendola incapace di riconoscerle grazie anche ai suoi vuoti di memoria. Durante l'infortunio aveva battuto la testa e non era inusuale che Killian avesse dei buchi temporali e quindi la ragazza non sapeva se durante una lezione di Pozioni avesse accidentalmente versato del Pus di Bubotubero sulle mani del ragazzo rendendole piagate. «Grazie per il complimento, sei molto gentile.» Guardandolo negli occhi, cercando di capire se i suoi fossero blu o grigi dato che erano nascosti nella penombra del locale. «E no, non credo che tu sia uno stupido, capita che non ci si ricordi nomi o fisionomie.» Aggiunse per tranquillizzare il ragazzo. «Sì, ci conosciamo. Sono stata alla tua festa di Natale ma per quanto riguarda il periodo scolastico ad Hogwarts non credo di ricordarmi di te, io ero una leoncina.» L'auror aveva un vantaggio su Aaron, le visite di riabilitazione che faceva al San Mungo avevano una cadenza di quindici giorni e ogni tanto per i corridoi dell'ospedale lo incrociava. «Beh diciamo che ho un vantaggio, in effetti, spesso vengo al San Mungo per delle visite di riabilitazione alla gamba oppure quando vengo a trovare la mia gemella che sta facendo uno stage formativo per diventare Magiveterinaria e mi capita di vederti al bar o in giro nei corridoi.» Ammise rivelando come il Magipsicologo fosse un volto che riconosceva. Gli fece cenno sullo sgabello di accomodarsi e quando si sarebbe seduto Killian gli avrebbe detto. «Scherzi?!? Io non vivo senza caffè! Me lo inietterei per endovena ogni mattina. In borsa ho sempre un thermos pieno di caffè esclusivamente espresso.» Finendo la frase con una risatina autoironica estraendo il thermos dalla borsa a riprova di quanto detto. «Lavoro al ministero, sono un'auror. Sbaglio o mi sembri un poco scocciato? Posso chiederne la ragione se ti va di parlarne?» Killian aveva cambiato modo di relazionarsi senza chiudersi troppo in un ermetismo grazie alle persone che aveva conosciuto di recente e ritrovando quel poco di fiducia nel genere umano.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni
    «Ovvio che le cose sarebbero differenti!» Avrebbe risposto.
    Stringendo le mani di Krasus e fissando lo sguardo su quell'occhio serpentesco.
    «Se fossimo assieme quelle feste le eviteremmo come la peste.» Ridendo nell'immaginare loro due in fuga da un qualsiasi evento mondano.
    Che cos'è l'amicizia per Killian?
    Se lo era chiesto molto spesso negli ultimi tempi.
    La ragazza se lo era domandato anche durante la folle corsa in moto per raggiungere la villa di Krasus.
    Era giunta alla conclusione che, se prima dell'infortunio era circondata da questi cosiddetti "amici" avendo addirittura un ragazzo con cui passava gran parte delle serate. Dopo l'infortunio queste persone erano sparite come neve al sole facendola sprofondare nella solitudine e nella depressione. Al momento Killian aveva pochi solidi rapporti: sua sorella Shanessa era una presenza costante e, senza le sue cure, difficilmente si sarebbe ripresa così in fretta; i suoi genitori continuavano a sostenerla e a darle tutto il loro affetto incondizionatamente; al di fuori della famiglia Killian vedeva una certezza al pari della gemella solo in Krasus.
    Killian osservò la porta bianca con finiture in acciaio azzurro e quando sentì il motivetto le venne da ridere perché le sembrava di essere una bambina tornata indietro nel tempo dove i campanelli polifonici la facevano ridere e sentire la frecciatina dell'amico la fece ridere ancora di più. Si era aspettata una battuta simile da Krasus e in quel momento, osservandolo mentre apriva la porta di casa, il commento sul fatto che lei fosse un ubriacona la lasciò perplessa. Era come se il merlo dicesse al corvo
    «“Quanto sei nero!”» Lì non aveva bevuto solo lei e Krasus non poteva vantare una resistenza migliore della sua. Killian si portò la mano alla bocca soffocando un reflusso gastroesofageo ma, brilla com'era, non le riuscì di trattenere un sorriso ebete seguito ad una leggera risata. Gli occhi arrossati e lucidi, quasi a palla, della ragazza si fissarono su quelli dell'Auror suo collega e, battendo con il pugno un paio di colpetti sulla spalla di lui, Killian esordì dicendogli. «Bella ziii…» La voce strascicata e lenta. «Non è che io ti ho mai visto andare ad acqua!» Una risata e poi avrebbe aggiunto. «Sai bene anche tu che fa ruggine sull'acciaio, figurarsi ad uno stomaco umano!» Una volta entrata in casa poté notare come il suo amico possedeva molte cose, quello osservando l'interno della casa era un dato di fatto, Killian vide come gran parte degli oggetti posseduti da Krasus fossero di metallo o, comunque, color acciaio. La cucina, in particolare, aveva molti utensili e elettrodomestici in acciaio e quello la fece ridere di gusto. Era raro che maghi di una certa levatura avessero elettrodomestici moderni e, in un mondo magico fermo al medioevo, poté considerare come con il nuovo secolo l'avvento della magitecnica avesse accorciato il divario tra Babbani e maghi in fatto di tecnologia. Krasus era un mago proiettato anima e corpo nel ventiduesimo secolo con qualche sbavatura tendente al gotico come si poteva notare nel camino. Anche la passione per il gotico era un qualcosa che li accomunava: Killian aveva supplicato Shanessa, il che si traduceva nel averla costretta, ad assecondare la sua idea per trovare un appartamento in cui convivere che appagasse il suo gusto stilistico. Avrebbe dato uno sguardo al divano quando Krasus né parlò, trovandolo invitante e pronto a darle un caldo abbraccio. «Sporcarlo? Mh…» Si sentiva un po' lo stomaco sottosopra dopo tutto quel bere, come se fosse stata sparata in aria e fosse tornata a terra in meno di un secondo, tipo una giostra dei parchi adrenalinici, ma non così tanto da dare di stomaco. Avrebbe abbandonato la terza bottiglia di rhum, lasciandola su un ripiano e distogliendo lo sguardo dal divano gli avrebbe detto. «No, lascia stare, niente divano. Altrimenti corro il rischio di addormentarmi. E non ti assicuro neppure che la mia attenzione sia abbastanza alta in biblioteca.» Rimpianse il fatto che, il proprio bastone da passeggio, era stato lasciato nell'armadietto del suo ufficio e, facendo cenno a Krasus, avrebbe seguito l'amico fino alla biblioteca.
    Non era sicura che, una volta trovate le informazioni, avrebbero potuto procedere da soli per eseguire il rito. Quella pratica la conosceva per sommi capi e non era certa che le notizie avute corrispondessero alla realtà e non aveva fatto in tempo ad ampliare queste nozioni.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni

    9 Agosto 2022

    Era il loro compleanno.
    Suo e di Shanessa
    Appena sveglia era corsa in camera sua, balzando sopra il lettone per torturare la sorella col solletico e Killian aveva ricambiato il favore. Solo quando Shanessa ne aveva avuto abbastanza e si era calmata Killian l'aveva avvolta insieme a lei sotto la coperta, abbracciandola forte. Aveva appoggiato la fronte su quella della sorella "Buon compleanno sorellina, grazie per tutto." Sussurrò sottovoce.
    Amava la sorella più di qualsiasi altra cosa, al di sopra di ogni inimmaginabile concezione. Certo a volte la trattava proprio male ma avrebbe dato sangue e ossa e tutto ciò che aveva di sano e non nel corpo per lei.
    Avevano fatto colazione con le immancabili pizzette per Killian e dei MonteCristo Sandwich,un toast imbottito con prosciutto e formaggio che viene poi passato nell’uovo sbattuto, per poi essere fritto in padella nel burro e servito con marmellata di fragole, anche se la ricetta originale prevede una spalmata di maionese e senape miscelato e cosparso di zucchero a velo dopo la cottura, per poi uscire di casa. Si erano dirette a Londra, passando tutta la mattinata da Harrods dove Shanessa aveva fatto dello shopping sfrenato mentre Killian aveva cercato un nuovo bastone così per sfizio e comprato il regalo alla gemella. Avevano pranzato in una steak house Argentina e passeggiato per un po' per le vie della città prima di rientrare. Con un gentilissimo quanto affettuoso
    «Vai a dormire o ti spezzo le ossa.» aveva lasciato alla sorella il tempo di riposarsi in previsione del suo turno notturno e lei, impaurita dalla minaccia, aveva salito le scale di corsa e ridendo. Aveva approfittato del suo riposo per uscire a cavallo e rilassarsi un paio d'ore, per tornare in tempo per fare una doccia, indossare una tuta in cotone, preparare una Carbonara e uno spuntino notturno per la sorella.
    Aveva un sorrisino malizioso quando l'aveva accompagnata alla porta e stava per uscire di casa
    «Che c'è?» Le chiese «Niente, stavo ripensando a oggi. Siamo state bene e dovremmo farlo più spesso.» Rispose, guardando l'orologio da polso, abbracciandola e dandole un bacio. Killian le aveva augurato buon lavoro e, una volta chiuso la porta, l'aveva chiusa a chiave per poi dirigersi in salotto e sedersi comodamente con un libro e un cookie grande come un disco in mano ma non aveva fatto in tempo a mettersi comoda che un rumore alla porta la fece rialzare «Hai di nuovo dimenticato le chiavi, Shiny?» Urlò mentre andava ad aprire, ficcandosi il biscotto in bocca. Biscotto che per poco non le cadde dalla bocca quando vide chi era alla porta «Grazie, molto gentile» Rispose agli auguri con un sorriso imbarazzato, incredula di quella apparizione «Non vorrei essere scortese ma…» Facendosi da parte per farlo entrare «Come cazzo hai fatto a trovarmi?» Chiese, indicandogli la strada verso il salotto, guardare il proprio abbigliamento e darsi una manata in fronte.

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    Edited by Killian Ambrosia Degan - 2/11/2022, 21:31
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni
    Cicatrici
    Tutti portano delle ferite, visibili e invisibili
    Ci sono segni che vengono portati con orgoglio perché simboleggiano una conquista, una realizzazione.
    Alcune faticano a guarire perché vengono inflitte da chi pensavi ti fosse amico, da un amore perduto, dall'insoddisfazione.
    Altre che faranno sempre soffrire perché sono sfregi che non guariscono, che continuano a sanguinare, a volte molto a volte poco ma che comunque sono presenti e sono dovute all'eterna guerra che combattiamo con noi stessi per gli sbagli, i rimpianti, i sensi di colpa.
    Ma ce ne sono altre che ti spezzano… Ti risucchiano l'anima
    L’impatto è brutale, la sensazione è quella di essere dilaniata da una deflagrazione improvvisa e devastante e ti senti subito tramortita, la nausea sale e si diffonde velocemente, gli ingranaggi dentro la testa si inceppano come se venissero spenti, come se ti fosse caduto il mondo addosso
    Quando pensi di avere tutto ciò che desideri, quando ti senti soddisfatta dei risultati ottenuti con impegno, quando ti senti completa, hai un lavoro che ami, uno sport che adori, amici fidati, un “fidanzato” con cui progetti il futuro, la famiglia orgogliosa di ciò che sei diventata quando tutto sembra perfetto…arriva la sorpresa. Ecco che, pronta, arriva la sorte e ti chiede il conto. E resti lì, immobile in quel lasso di tempo che sembra non passare mai e ti incolpi di tutto e ti fai mille domande, domande la cui risposta sai che non arriverà, sei sopravvissuta al dolore, alla disperazione, alla paura, alle lacrime che sono ancora qui, col cuore in tumulto, il respiro affannoso e gli occhi sbarrati e, senza rendersene conto, scivoli inarrestabile verso l’oblio ma la verità è che dentro ti senti morire e poi… Il vuoto… L'ombra di te stessa… Uno spettro
    Ma ti rialzi, ricominci a vivere un respiro alla volta, un passo incerto dopo l'altro, in punta di piedi anche se a volte ti senti a pezzi ma nonostante il dolore, continui a vivere nascondendo il male che ti tormenta. Cerchi di non pensarci, di evitare alcuni pensieri ma la mente dimentica di avere pietà delle tue richieste, dei tuoi timori e così, impotente, ti arrendi ai ricordi, ti abbandoni alla loro dolcezza, ti fai cullare dal loro respiro chiedendoti dove si era persa, dove fosse finita quella ragazzina curiosa e determinata, quella sognatrice ribelle
    La vita è dura, molto spesso è crudele, le insidie sono dietro l’angolo che ci aspettano, pronte a complottare contro ciò che ci rende felici.
    Killian aveva la gamba sfregiata a ricordarle la sua colpa, la protesi della rotula e il tutore per non dimenticare i suoi sbagli, gli attacchi di panico come ammonimento durante il giorno e la sera, quando rimaneva sola, quando stanca andava dormire e la parte cosciente cercava ristoro dagli attacchi di ansia, durante la notte quando si svegliava di soprassalto per gli incubi, allora sì che sentiva il cuore come trafitto da cento lame roventi, sentiva il cuore piangere… Il suo battito si insinua nella testa e comincia a far male e ti ripeti che domani sarà un nuovo giorno, una nuova recita, una nuova battaglia ma che domani potrebbe andare meglio.
    Ma la vita, quella stessa vita che per suo diletto ti aveva tolto tutto, sembra quasi pentita della crudeltà con cui ti ha trattato e, inaspettatamente, ti fa un dono.
    Da quando era rientrata e ripreso a lavorare aveva incontrato molte persone, partecipato a feste e ripreso la parvenza di una vita normale. Tutto sembrava procedere normalmente ma la batosta era stata feroce e lei procedeva con cautela, guardinga e all'erta in quei nuovi rapporti.
    E poi, un giorno, si erano visti.
    Era da poco rientrata al Ministero, lavorava solo mezza giornata perché si stancava presto, il mal di testa non le dava tregua e le sedute riabilitative erano quasi tutti i pomeriggi. Stava uscendo, lo sguardo rivolto al pavimento, quando l'ombra di una figura che stava entrando in quel momento, incrociò la sua. Dall'apice della testa le due ombre si incrociarono e fusero, Killian sollevò lo sguardo per vedere chi, in quel preciso momento, stava per scontrarsi con lei e si fermò incontrando i suoi occhi. Il tempo stesso sembrò fermarsi, diluirsi all'infinito. Due eterocromatici occhi la stavano fissando e in quegli occhi, Killian, sembra specchiarsi. Li, nell'angolo più remoto, vide lo stesso oscuro buio denso e intenso, talmente simile al suo che avrebbe potuto chiamarlo per nome. Sentí una vibrazione partire da quell'anima e arrivare a far vibrare la sua. Non sapeva quanto tempo era passato ma improvvisamente tutto tornò normale e lei ricominciò a muoversi verso l'uscita chiedendosi se fosse stato reale o lo avesse solo immaginato, costringendola a voltarsi per verificare di non averlo sognato ma lui era lì, con quegli occhi insoliti ancora fermi su di lei… Ma ne aveva anche paura. Aveva paura che il fato, il destino o chi per esso sia, in un momento di rilassatezza e spensieratezza vedendola troppo felice, le portasse via anche quella piccola briciola di umanità che le restava e pregava con tutte le forze che distogliesse, se la stava osservando, lo sguardo.
    Killian temeva che, con tutta la fatica e le paure, tutto quello che stava pian piano ricostruendo venisse spazzato via.
    Krasus era entrato a far parte della sua vita come un vento soffice e caldo, una luce lunare chiara e argentea, era riuscito a rischiare i cupi nuvoloni dentro di lei.
    Un movimento alle sue spalle e questo la fece sorridere e uscire dal circolo vizioso di quei malinconici ricordi. Erano arrivati a destinazione e lei, persa nella brodaglia della memoria, non si era accorta della strada che portava all'abitazione dell'amico ma aveva sentito la rassicurante pressione del suo corpo sulla schiena. Sapeva di aver bevuto troppo ma quelli non erano pensieri dettati dall'effetto dell'alcol ingerito. Killian adora veramente quell'uomo dalla grande presenza fisica e, quando lo guardava, non poteva fare a meno di chiedersi come, un corpo così piccolo, riuscisse a contenere un anima così tanto grande.
    Il loro volersi bene era qualcosa di unico e, molto spesso, non servivano le parole per dimostrarlo… molte volte si erano sostenuti a vicenda, spesso si erano ritrovati a ridere senza una spiegazione… i momenti più belli erano quelli che Killian passava con lui… ma quella sera avevano bisogno, entrambi, di parole, parole di conforto, parole d’amicizia, parole che provocassero una risata… e per tutta la sera avevano condiviso risate, confessioni, e segreti… segreti che solo loro sanno… Erano poche le persone di cui si fida ciecamente, si potevano contare su tre dita di una mano, a cui avrebbe affidato la propria vita senza battere ciglio.
    Krasus era una di queste.
    Non aveva mai preso in considerazione un parabatai, non lo aveva programmato, eppure, senza pensarci troppo, le era venuto spontaneo e lei non aveva fatto altro che dare voce a quel sentimento che la legava così saldamente al guerriero. E lo aveva chiesto a lui, al suo Agente K.
    Sollevò la testa a guardarlo, sorrise prima di distoglie lo sguardo e prendere la mano che le dava per aiutarla a scendere dalla moto.
    «No, non così tante, scappavo pur di non partecipare a feste e veglioni.» Ammise ridacchiando «La casa dei miei, in Italia, è enorme… Un piccolo castello.» Osservando con occhio critico la costruzione «Io però preferisco questa, è più gestibile e confortevole… Credo che quella mia e di mia sorella sia ancora più piccola…» Disse, riportando lo sguardo sul compare. Killian non aveva avuto bisogno di confermare il fatto che, si, avrebbe accettato l'offerta di fermarsi da lui per un po', era sicura che lo avesse letto nei suoi occhi. «Che dici? Mi fai vedere anche dentro o mi devo procurare una tenda da campo? Sai com'è… Avrei freschello e un altro goccio per brindare alle nostre anime lo prenderei volentieri.» Estraendo dalla giacca la bottiglia che aveva comprato prima di uscire, mostrandogliela con un sorriso.

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    RevelioGDR
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