Camallo 19, tutto quello che c'è da dire

Come alcuni sanno, il sottoscritto è stato leggermente sfiorato dal dramma, quando mio figlio ha passato tre giorni sotto una tenda in attesa del risultato dei due tamponi. Attesa prolungata dalla presenza di una polmonite interstiziale, ma non bilaterale.
Questa cosa, unita all'equivoco dato dalla notizia che un suo amico, visto due settimane prima, aveva avuto due giorni di febbre alta, aveva convinto i medici che il ragazzo abbisognasse di una broncoscopia per essere sicuri che il virus non fosse comunque presente.
Senonché mio figlio, visibilmente scosso dai tre giorni sotto la tenda e dalla certezza di doverci passare un'altra notte, ha preferito firmare e farsi riportare a casa.
Durante quei tre giorni sono stato molto tempo presso il Pronto soccorso, anche per stare vicino a lui, ed ho visto un'atmosfera quasi da tempi di guerra, con le ambulanze in fila che attendevano anche per molte ore di poter scaricare i pazienti. Una volontà ammirevole da parte di tutto il personale medico e non, unito ad una chiara disorganizzazione, di cui non si poteva incolpare nessuno, perché non penso esista una scuola che ti insegni come affrontare una cosa che non conosci. Per questo non ho avuto niente da ridire alla decisione di mio figlio di andarsene via.
Abbiamo fatto le nostre due settimane di isolamento volontario, con mio figlio isolato a sua volta da noi a fare le terapie indicate. Il tutto con la latitanza totale dalla ASL, con l'eccezione di una telefonata a seguito di un'email del sottoscritto, dove l'unica notizia utile è stata l'approvazione del medico alla decisione di mio figlio di andarsene dall'ospedale.
Una radiografia successiva ha confermato la risoluzione totale del problema, per cui ci siamo finalmente potuti lasciare alle spalle questa storia.
Concludo con un pensiero che non mi lascia dall'inizio di questa emergenza. Non avrei mai pensato di dover ringraziare il destino o chi per lui, per aver fatto si che mio padre se ne sia andato prima di tutto questo.
Scusate il lungo sfogo, ne avevo bisogno.

Edited by mindgames - 21/5/2020, 17:07

Diciannove a breve.

Amici comuni di mio cognato: lui (63 anni) lei e i genitori di lei (entrambi non autosufficienti). Nel giro di una settimana se ne va prima il papà e dopo tre giorni ricoverano anche la madre. Dopo il funerale del padre arriva la notizia che era positivo COVID19. La mamma se ne va dopo due giorni. Tampone ad amico, moglie e badante peruviano, che era stato a casa alcuni giorni con influenza. Risultato: badante e moglie negativi, nostro amico : positivo. Ricovero immediato (in ospedale dove conosce infermiera e dottore). Ha complicanze precedenti per diabete ed infezioni urinarie, per cui lo bombardano di insulina e antibiotici. Se la cava con solo cannula nasale e probabilmente tornerà a casa a breve. Morale: lui distrutto per evidente senso di colpa nei confronti dei suoceri. Quando l'ho sentito l'ultima volta al telefono, un paio di giorni fa, mi ice che ha intenzione di chiudere l'officina auto molto ben avviata in cui passava 12 ore, nonostante fosse in pensione, con commesse per auto d'epoca anche all'estero. Basta, mi ha detto, voglio vivere.

Domani, a reti unificate, il discorso del Camallo ai suoi sostenitori.

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Grazie Tina 👍

Mi accodo alla domanda di Glauco perché il fatto che dopo tutto quel tempo passato a casa nessuno dei tuoi famigliari sia risultato positivo magari asintomatico dà da pensare.
Anch'io mi scuso in anticipo se sono troppo indiscreto.