Life in Berlin

[NC17] Romantico - Commedia - Twc not related - AU - Language - OOC - Lemon - Drug use(accenno) - Angst - Fluff - Sequel (ALS)

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    13. Capitolo






    Era da un paio di giorni che Tom trovava Georg piuttosto strano, nel senso più strano del solito; non faceva che osservarlo con attenzione, come se lo stesse in qualche modo studiando. Quando gliel’aveva fatto notare, il ragazzo si era limitato a rispondere che era solo il frutto della sua immaginazione, o qualche suo sordido desiderio di attenzione da parte sua. Non era mica pazzo, sapeva perfettamente ciò che aveva visto; evitò comunque di tornare sull’argomento, era meglio non dargli troppa importanza.

    Quel pomeriggio si era svolta una delle sue lezioni con Gustav, il quale aveva cercato di inculcargli in testa la regola dei Ruffini, ovviamente con scarsi risultati. A parer suo era di gran lunga più semplice insegnare la matematica a un mulo, ne avrebbe tratto maggiori soddisfazioni e non avrebbe sudato sette camicie, come invece stava facendo con quell’incompetente del suo amico, che, per discolparsi, aveva dato la colpa ai cambiamenti climatici, insinuando che influivano negativamente sul lavoro svolto dal suo cervello e gli impedivano di metabolizzare tutte quelle formule.

    Si era già fatta sera quando uscirono dalla biblioteca.

    «Propongo di andare a mangiare qualcosa», disse Tom, intento a stiracchiarsi i muscoli della schiena; dopo aver passato tutte quelle ore seduto su una scomoda sedia si sentiva letteralmente a pezzi. «La matematica mi mette un certo appetito».

    «Io ho bisogno di reintegrare i sali minerali che mi hai fatto perdere».

    «La fai sempre tanto tragica», commentò il moro. «Devi però ammettere che ho fatto un grosso passo avanti rispetto all’inizio».

    «Già, hai smesso di contare con le dita».

    «Dovresti incoraggiarmi non calpestare il mio entusiasmo», protestò Tom, corrucciando la fronte. «In realtà, non te lo volevo dire, ma è per questo tuo atteggiamento ostile che non riesco ad applicarmi, non mi dai i giusti stimoli».

    «Purtroppo non posso stimolarti nella maniera in cui Bill ti ha abituato», rispose Gustav, ironico. «Focalizzati sull’idea che, se non passerai l’esame, il tuo ragazzo ti mollerà per un laureando in, che ne so, giurisprudenza ad esempio; ti è di aiuto questo?».

    «Affatto!», esclamò Tom. «Mi fai solo venire l’ansia», borbottò, mangiucchiandosi nervosamente le unghie. «Quindi… è stato Bill a dirtelo? Non mentirmi Gus, mi spezzeresti il cuore».

    «Per l’amore del cielo Tom! Era così per dire. Tu e Bill starete insieme fino alla veneranda età di centodue anni».

    «Lo pensi davvero?», gli chiese, con gli occhi che gli brillavano come due diamanti. «Sarebbe bellissimo, significherebbe che ci amiamo tantissimo e che passeremo il resto della nostra vita solo lui ed io».

    «Ancora mi domando come faccia quel povero ragazzo a sopportarti», commentò il biondino, scuotendo il capo. «Deve avere la pazienza di un santo».

    Puntarono verso una stradina secondaria che conduceva all’uscita, ma sul loro cammino si piazzarono due individui, che li fissavano con aria minacciosa.

    «Dici che ce l’hanno con noi?», bisbigliò Tom, un pochino intimorito dalla stazza di quegli armadi con le gambe, ben superiore rispetto alla loro, che a confronto sembravano due stecchini; soprattutto lui.

    «Ho questa vaga impressione», rispose Gustav, scrutandoli con attenzione.

    «Siete Tom e Gustav?», chiese uno di quelli, con un vocione spaventoso.

    Ora era lampante che cercassero proprio loro; il moro fu tentato di dire no e darsela a gambe levate. Non aveva tutta questa gran voglia di essere usato come un possibile pungiball, ne aveva prese fin troppe in passato, e stava ancora cercando di riprendersi.

    «Cosa desiderate?», domandò il biondino, mantenendo una parvenza di sicurezza, nonostante anche lui se la stesse facendo addosso. Non era mai stato bravo a fare a pugni, scarseggiava parecchio in difesa e non aveva mai avuto l’occasione di passare all’attacco, anche perché lo avevano sempre steso prima che potesse sollevare un dito.

    «Dovete seguirci».

    «In verità avremmo un altro impegno, magari alla prossima occasione Ora, se volete scusarci».

    «Prendiamoli!», tuonò l’altro ragazzo.

    Prima ancora che avessero il tempo di gridare aiuto, i due gorilla misero loro un sacco nero sulla testa e se li caricarono in spalla. A nulla valsero i tentativi di liberarsi, ormai erano spacciati.

    Stava per morire e non aveva neanche avuto il tempo di salutare i suoi genitori, i suoi famigliari e Bill… il suo amato Bill; già lo vedeva con il velo nero che celava il suo viso straziato dal dolore, mentre lo rimpiangeva sopra la sua tomba, maledicendo il cielo per averglielo portato via così presto. Non avrebbero avuto la possibilità di visitare Roma, né di avere un futuro insieme, e tutto per colpa di… Aspetta, ma cosa aveva fatto? Stava per passare all’altro mondo e non sapeva nemmeno il perché o a causa di chi; che triste fine lo attendeva.

    Sentì il suo gorilla scendere delle scale e una serie di porte che venivano aperte e poi richiuse.

    Finalmente, dopo minuti che gli sembrarono interminabili, durante i quali aveva sentito il pranzo risalirgli lungo la trachea almeno un paio di volte, venne depositato a terra e lo stesso fecero con Gustav.

    I due si levarono i sacchi dalla testa e si guardarono intorno; non avevano idea di dove fossero finiti, l’illuminazione scarseggiava parecchio lì dentro.

    «Tom e Gustav», tuonò una voce da un angolo non ben definito della stanza. «Siete stati portati qui con uno scopo; ora sarete sottoposti a dei terribili test che metteranno alla prova la vostra resistenza al dolore, e ciò mi permetterà di capire se siede adatti a intraprendere questo viaggio».

    Ancora test?! Aveva passato tutto il pomeriggio a farli, non sarebbe riuscito a svolgerne neanche uno in più. Ma, un momento… C’era un non so che di familiare in quella voce, benché risultasse un po’ deformata, era comunque certo di averla già sentita prima… anzi l’aveva sentita fin troppo spesso durante quelle settimane.

    «Georg?», azzardò a chiedere, cercando di scorgere la figura dell’amico nel buio.

    Ci fu un attimo di silenzio in cui percepì non solo il proprio respiro e quello di Gustav, ma anche quello di altre persone.

    «Come hai fatto a riconoscermi?».

    «È quell’idiota di Georg?!», esclamò il biondino.

    «Bada bene che ti ho sentito, Puffo Quattrocchi. Accendete le luci, lo show è finito; grazie tante Tom, hai rovinato tutto».

    La stanza fu inondata dalla luce di alcuni faretti, e i due furono costretti a coprirsi gli occhi, infastiditi da quel bagliore improvviso che li aveva quasi accecati.

    Quanto tornarono a vedere osservarono con attenzione la stanza. C’erano due divani, una tv con diverse console di gioco, un minibar, un biliardo, un canestro, due intere librerie piene di film in dvd e giochi, e tanto altro.

    «Dove siamo finiti?», domandò Tom, stupito; quello era una specie di paradiso per gli uomini. Era morto e non se n’era accorto?

    «Ti presento, amico mio, la sede della CDC», disse Georg, allargando le braccia, come un perfetto padrone di casa.

    «CDC?», chiese a quel punto Gustav.

    «Compagnia del Cazzeggio», gli spiegò il ragazzo.

    «Se Tolkien fosse ancora in vita ti citerebbe per violazione di copyright e per storpiatura indegna», borbottò il biondo, ma fu completamente ignorato dal resto del gruppo, come se non avesse aperto bocca.

    «Quando non ne possiamo più della stressante routine scolastica, veniamo qui e ci rilassiamo, godendoci i veri piaceri della vita».

    «Questo posto è grandioso!», esclamò il moro, visibilmente entusiasta. «Come mai non te l’avevo mai sentito nominare prima?».

    «Perché è una società segreta, solo pochi adepti possono farne parte».

    «Tu hai visto troppe volte Greek», commentò Gustav, che a differenza di Tom trovava quella roba piuttosto inutile, e anche un po’ ridicola.

    «Io sono sorpreso del fatto che tu conosca Greek, dopo quella tua uscita da nerd sul Signore degli Anelli».

    «Perché siete tutti convinti che io passi ogni singola ora della mia giornata sui libri?».

    «Perché studi matematica, mi pare ovvio», rispose Georg, come se fosse la cosa più logica del mondo. «Comunque vi annuncio con immensa gioia che siete stati ufficialmente scelti per diventare i nuovi membri della CDC. Potrete ringraziarmi in separata sede, sono sempre ben accetti anche i regali, quelli grossi ovviamente».

    «Non avresti potuto semplicemente dircelo, o magari inviarvi un biglietto?», gli domandò il biondino, irritato. «Ci hai fatto sequestrare da quei due energumeni, che ci hanno trasportato come dei sacchi di patate».

    «Non sarebbe stato altrettanto divertente», rispose il ragazzo, sogghignando.

    «Quindi possiamo venire qui quando vogliamo e divertirci con i videogiochi?», gli chiese Tom, sovraeccitato dall’idea; aveva sempre desiderato possedere un posto del genere.

    «Esattamente».

    «Che figata! Non vedo l’ora di dirlo a Bill».

    «Frena, frena 50 Cent, non puoi dirlo alla principessa coi rasta».

    «Perché no?», domandò confuso, e anche un po’ deluso.

    «Dov’eri quando ti ho detto che è una società segreta? Marcus prendi il dizionario e leggi la definizione di segreto».

    «Avete un dizionario qui dentro?», domandò Gustav, decisamente sorpreso.

    «Sto cominciando a rivalutare la tua adesione», gli fece presente Georg, con una smorfia.

    «Segreto: fatto la cui conoscenza è limitata ad alcune persone principalmente di quantità bassa», lesse il ragazzo di nome Marcus.

    «Limitata ad alcune persone», ripeté Georg, poggiando le mani sulle spalle di Tom. «Quindi questo significa che Bill è fuori. Andiamo Samy, non dovete passare per forza tutto il vostro tempo insieme; insomma che cavolo fate oltre al sesso, parlate? Ma fammi il favore! Ti sto offrendo la possibilità di passare le più belle ore della tua vita qui dentro, libero di cazzeggiare quanto ti pare, e tu vuoi mandare tutto a monte per il tuo fidanzatino?».

    «No?», rispose il moro, non del tutto sicuro.

    «Certo che no!», esclamò l’amico. «Quindi, affinché entrambi manteniate il segreto, dovrete prestare giuramento di fedeltà alla CDC».

    «Voi siete pazzi», disse Gustav, guardandoli.

    «Oh andiamo panzone non fare tanto il difficile, anche per te questo è il paradiso, e unendoti a noi smetteresti di assomigliare a uno sfigato con gli occhiali, e magari le ragazze comincerebbero anche a guardarti senza provare l’impulso di rimettere».

    «Dai Gus», lo incoraggiò Tom, facendogli un sorriso, «sarà divertente».

    «Ok». Sbuffò. «Mandiamo avanti questa buffonata, tanto siete tutti contro di me».

    «Bene allora! Inginocchiatevi dinanzi al vostro maestro».

    «Non ti sembra un po’ da megalomane?», gli domandò il biondino, in tutta sincerità.

    «Ancora una parola e ti assegnerò il ruolo della pignata», lo minacciò Georg, borbottando.

    «Chiedo scusa, maestro».

    Georg si allontanò un attimo e ritornò con una spada laser dalla lama verde stretta in mano, una riproduzione perfetta di quella usata da Luke Skywalker nell’Ombra dell’Impero.

    La sollevò appena sopra il capo e si schiarì la voce in modo solenne.

    «Per il potere conferitomi…».

    «Da chi?», lo interruppe Gustav.

    «Dicevo! Per il potere conferitomi, dichiaro voi, Tom Kaulitz, detto Sean Paul, e Gustav Schäfer, conosciuto anche come Puffo Quattrocchi, membri ufficiali della Compagnia del Cazzeggio. E ora è arrivato il momento di prestare il sacro giuramento; Kilian prendi la pergamena».

    «Intendi il quaderno?», gli domandò il ragazzo.

    «Sì, sì, il quaderno», borbottò Georg, roteando gli occhi verso il soffitto. «Razza d’incompetente, così rovini la sacralità del momento».

    Kilian porse loro il quaderno, sul quale erano state scritte delle frasi a penna.

    «Che pessima grafia», commentò il biondo.

    «Non criticare il modo in cui scrivo», s’infervorò Georg, riprendendo poi il controllo. «Ora, se non ci sono altre sgradite interruzioni, recitate insieme il sacro giuramento».

    «Giuro solennemente di essere sempre fedele alla Compagnia del Cazzeggio», lessero in coro. «Giuro di mantenere segreta la Compagnia, anche a costo della mia stessa vita, pena l’espulsione eterna».

    «Oh andiamo, questo è ridicolo!».

    «Continua a leggere».

    «E giuro di perseverare fino alla fine della mia carriera universitaria gli ideali della Compagnia, rendendole sempre onore».

    Georg sorrise soddisfatto e poggiò sulle spalle di entrambi la punta della lama verde, voltandosi poi verso gli altri ragazzi.

    «Signori, date il vostro caloroso benvenuto ai nostri due nuovi membri e via col divertimento!».

    Ci furono le varie presentazioni di rito e qualcuno tirò fuori un fustino da tre libri di birra.

    «Ti piace?», gli domandò Georg, mettendo un braccio intorno alle spalle del suo compagno di stanza.

    «Da matti. Grazie per averci permesso di farne parte».

    «Ora potrai dire ai tuoi amichetti che ti sono molto più fratello di loro».

    «No-non ci hai fatto entrare nella Compagnia per questo motivo?», gli domandò Tom, inarcando un sopracciglio. «Vero?».

    «No, certo che no, ma figurati», rispose il ragazzo, dandogli una pacca dietro la schiena.

    «Ah ok, perché sarebbe stato piuttosto da idioti», disse, ridendo divertito.

    «G-già, da idioti», replicò lui, ridacchiando nervosamente. «Andiamoci a sedere, così ti parlo un po’ di questo posto».

    Georg liberò il divano da alcune lattine vuote e vi si accomodò sopra, seguito da Tom.

    «Devi sapere, mio giovane amico, che far parte di questa società ha molteplici vantaggi. Siamo sempre i primi a sapere dove e quando si svolgeranno gli illegal party; abbiamo un archivio con tutte le foto e i numeri di telefono delle ragazze più carine dell’università, ma probabilmente a te non interessa, vedremo di metterci anche qualche bel ragazzone; possiamo farti avere le risposte dei test in modo da non farti perdere tempo a studiare sui libri, ma questo servizio purtroppo non è gratuito, e non ti è dato sapere il nome del nostro fornitore, quello è top secret per tutti tranne che per me».

    «Come hai fatto a diventare il capo?», gli domandò il moro, curioso.

    «Quando sono stato scelto non ero altro che un pivello, proprio come te, ma avevo un grande ascendente sulle ragazze e questo mi ha permesso di entrare a far parte della Compagnia. Il mio predecessore aveva già un altro pupillo, pronto a prendere il suo posto una volta che lui se ne fosse andato, quindi dovetti lottare con le unghie e con i denti per riuscire a emergere tra gli altri. Ti confesso che è stato molto difficile e pensavo di non farcela, ma alla fine eccomi qui; io ho ottenuto il potere».

    «Ma che stai dicendo?», intervenne un ragazzo lì accanto, che indossava la maglia dei Chicago Bulls. «Hai fondato tu la società il primo anno in cui sei arrivato, e solo perché volevi un posto dove poter fumare l’erba e giocare ai videogiochi».

    Georg aggrottò le sopracciglia e gli lanciò addosso uno dei cuscini.

    «Riek quando imparerai a farti gli affari tuoi? La mia versione era molto più interessante».

    «Erano solo un mucchio di balle», replicò lui.

    «Ricordati che se fai parte della Compagnia è solo perché siamo cugini di terzo grado. Bel modo di trattare la famiglia, razza d’ingrato. Comunque, tralasciando certi dettagli inutili, ho qualcosa da darti; ehi Cicciobomba vieni un po’ qui».

    «Mi chiamo Gustav», gli ricordò seccato.

    «Non ha importanza». Frugò dentro la tasca dei propri jeans e ne tirò fuori due piccole spillette rosse, che riportavano le iniziali CDC. «Ecco, mettetele».

    «Wow, grazie!», esclamò Tom, osservandola con attenzione.

    «Fa sempre più confraternita», gli fece notare il biondino.

    «Indossatele dove nessuno può vederle; quindi tu, Tom, evita le mutande, è il primo posto in cui la principessa la scoprirebbe».

    «L’appunterò alla bandana», gli disse, mentre si toglieva quella che indossava quel giorno; la mise nella parte interna, così che nessuno potesse notarla.

    «Gus tu mettila pure dove ti pare, tanto dubito che qualche ragazza abbia la malsana idea di spogliarti».

    «Non è divertente», protestò lui.

    Trascorsero una serata grandiosa; alla fine aveva giocato così tanto alla Xbox da non sentire più la sensibilità alle dita.

    Uscirono in gruppo dallo scantinato e si salutarono, ognuno diretto verso il proprio dormitorio.

    Tom stava chiacchierando con Georg quando sentì il cellulare squillare più volte; togliendolo dalla tasca vide che gli erano arrivati venti messaggi ed erano tutti di Bill, che gli chiedeva dove fosse andato a finire.

    «Oh già, mi sono scordato di dirti che lì sotto il telefono non prende. Una figata, vero? È come una specie di scudo contro i rompiscatole».

    «Devo andare da lui, sarà preoccupato».

    «Corri dalla tua bella, prima che chiami la polizia per denunciare la tua scomparsa».

    «A dopo», lo salutò, correndo verso la Hegel house. Salì le scale e raggiunse la stanza di Bill; una volta lì bussò mentre riprendeva fiato.

    «Era ora!», esclamò il moro, trovandoselo di fronte. «Dove diamine ti eri cacciato? Ho provato a chiamarti un mucchio di volte ma il tuo telefono risultava sempre irraggiungibile».

    «Avevo lezione con Gustav, non ricordi? L’ho spento per non avere distrazioni», rispose, cercando di essere abbastanza convincente.

    «Me n’ero scordato, scusami, ma stavo davvero impazzendo, pensavo ti fosse successo qualcosa».

    «Ora sono qui».

    «Vuoi entrare?», gli domandò Bill, mordicchiandosi il labbro inferiore. «Il mio compagno di stanza è andato a fare visita alla sua ragazza. Sono tutto solo…».

    Avrebbe preferito tornare nella sua stanza per riposarsi almeno un pochino, ma come poteva resistergli se lo guardava in quel modo?

    «Ok, magari solo cinque minuti».

    Il moro lo afferrò per la maglia e lo tirò dentro, un attimo dopo gli saltò addosso e Tom fece appena in tempo a prenderlo, evitando per un soffio che entrambi finissero per terra.

    Bill lo baciò, staccandosi un attimo dopo; lo stava fissando con la fronte corrugata.

    «Hai bevuto della birra?», gli chiese.

    «So-solo un goccio», mentì. «Io e Gustav siamo andati a mangiare qualcosa, lo studio ci aveva messo appetito».

    Il moro continuava a scrutarlo con attenzione, e lui si sentì a disagio sotto il suo sguardo. Aveva paura che Bill riuscisse a leggergli nella mente e scoprisse, in quel modo, della Compagnia.

    «C-c-che c’è?».

    Avvicinò il viso al suo collo e ne trasse un profondo respiro. Quando tornò a guardarlo non sembrava particolarmente contento.

    «Hai fumato».

    «M-ma che… che dici? Perché me lo chiedi?», gli domandò, deglutendo a fatica.

    «Non era una domanda ma una constatazione. Puzzi di fumo e hai le pupille dilatate, per non parlare del fatto che sembra quasi che i tuoi occhi abbiano preso fuoco, quindi non erano nemmeno delle sigarette. Ti sei fatto una canna?!», gli disse, dandogli uno scappellotto dietro la nuca.

    «I-io…».

    «Non provare a negarlo, razza di stupido! È fin troppo evidente».

    «Ho fatto solo un paio di tiri, lo giuro». Un paio moltiplicato per dieci, ma forse non era il caso di dirglielo, certi dettagli era sempre meglio tenerli per sé.

    «Non avresti nemmeno dovuto avvicinarti a quella robaccia», lo sgridò, dandogli un altro scappellotto; per sfortuna di Tom andò proprio a colpire il punto in cui c’era la spilletta ed entrambi si fecero male. «Che hai lì dietro?».

    «Niente», rispose frettolosamente, forse anche troppo, visto lo sguardo indagatore del moro. Era palese che si fosse fregato con le sue stesse mani.

    «Quindi è un niente che mi ha colpito la mano?», domandò, inarcando un sopracciglio.

    Sapeva bene che se Bill avesse continuato a fargli domande probabilmente avrebbe finito col cedere, così fece l’unica cosa che il suo cervello gli suggerì in quel momento: baciarlo. Lo sentì opporsi per qualche secondo ma alla fine si rilassò; era fuori pericolo.

    Già che c’era approfittò della situazione e puntò verso il letto del moro; vi si sdraiò sopra, senza recidere il contatto, e si godette le mani del suo ragazzo, che gli stavano accarezzando piacevolmente il viso.

    Ma Bill era molto più furbo di lui; così, dato che Tom era distratto dalla sua apparente affettuosità, gli sfilò la bandana e si alzò.

    «Da dove salta fuori questa spilla? CDC?».

    «La… la davano nell’happy meal», rispose, sfoggiando un sorrisino tirato.

    «Pensi forse che io sia stupido? Non te l’avevo mai vista indosso».

    «È solo una spilletta Bill, perché t’interessa tanto?».

    «Se è solo una spilletta dimmi che significato ha questo “CDC”», rispose lui, incrociando le braccia al petto. «È la sigla di qualcosa, dico bene?».

    Era più sveglio di quanto credesse; scostò lo sguardo dal suo e lo puntò verso la parete.

    «Lo sapevo, lo sapevo!», esclamò. «Avanti, sputa il rospo. È una specie di confraternita o qualcosa del genere?».

    «Ti sbagli», gli disse, in modo non tanto convincente.

    «Tomi lo sai bene che non riesci a mantenere un segreto con me», ribatté lui, sorridendo con fare suadente. «Quindi o me lo dici di tua spontanea volontà oppure dovrò fare a modo mio; a te la scelta».

    «I cinque minuti sono passati, forse è meglio che torni nella mia stanza; Georg mi starà aspettando, non riesce a dormire se non ci sono anch’io».

    «Non così in fretta, Kaulitz», disse il moro, spingendolo nuovamente con le spalle contro il materasso; si sedette a cavalcioni su di lui e ripercorse la linea della sua mascella con un dito. «Abbiamo molto di cui parlare».

    «A-ah sì? A che proposito?».

    «Non essere sciocco», lo ammonì dolcemente Bill. «Lo sai bene. Dimmi cosa significano quelle tre lettere».

    «Ti ho già detto che è solo una stupida spilletta, l’ho messa perché mi piaceva il colore».

    «Non sai mentire Tomi, te lo leggo negli occhi. So che hai un segreto ma non me lo vuoi rivelare; perché?», gli domandò, ricorrendo allo sguardo da cucciolo. «Pensavo che in una coppia la prima regola fosse quella di essere completamente sinceri l’uno con l’altro».

    «Non è niente, davvero; ora mi lasci andare?».

    «Lasciarti?», chiese, mutando rapidamente espressione. «Io ho appena cominciato. E, dato che non sembri avere intenzione di aprire bocca, sarò costretto a torturarti», disse, graffiandogli il collo con le lunghe unghie; sapeva bene che Tom non provava dolore quando lo faceva ma si eccitava, di fatti lo sentì agitarsi sotto di sé.

    «Bill, ti prego!», lo implorò. Quello era giocare in modo scorretto!

    «Puoi anche gridare aiuto, nessuno verrà a salvarti. Sei in mio potere».

    Il moro si trovò suo malgrado a gemere, e quando lui era in quello stato, Bill riusciva sempre a ottenere ciò che voleva, ma doveva resistere perché non ci teneva a essere cacciato dalla CDC lo stesso giorno in cui era stato ammesso.

    «Dimmelo e io la smetto».

    «No!».

    «Che razza di cocciuto! Mi costringi a passare alle maniere forti». Lasciò perdere le unghie e cominciò a strusciare il bacino contro quello di Tom, mettendoci quanta più pressione potesse. «Adesso ti decidi a parlare?».

    «Dio», gemette lui, abbassando le palpebre. Si aggrappò con forza alla maglia del moro, quasi fosse un appiglio per riuscire a rimanere lucido, senza sprofondare nell’oscura voragine della lussuria.

    «Sorprendentemente non hai ancora gettato la spugna», constatò Bill, con una punta di ammirazione. «Dev’essere un grande segreto, qualcosa di importante».

    «Non ho alcun segreto! Bill, per favore, finirò col venire nelle mutande».

    «Smetterò solo quando parlerai», rispose, ma anche lui stava cominciando a sentire i primi effetti di quei movimenti. Gemette con forza e si accasciò contro Tom, continuando a muovere ritmicamente il bacino. «Tomiii», piagnucolò, «dimmelo».

    In quel momento l’ultimo dei suoi pensieri era mantenere segreta l’identità della CDC; avrebbe solo voluto spogliare Bill e darci dentro. Il suo limite era davvero vicinissimo, quindi o cedeva, soddisfacendo così i propri evidenti bisogni fisici, oppure trovava la forza di andarsene.

    «Tom». Bill gli gemette il suo nome nell’orecchio, facendolo rabbrividire. «Dimmelo e ti prometto la scopata migliore della tua vita».

    «I-io…». Il balbettio era il primo cenno di un prossimo e molto vicino cedimento.

    «Dimmelo», sussurrò suadente il moro. Fece scorrere la pallina del piercing lungo il collo, fino ad arrivare al lobo, che mordicchiò leggermente. «Dimmelo e potrai farmi tutto ciò che vuoi».

    Quasi gli strappò la maglietta di dosso tanta era la forza con cui la stava stringendo.

    «Bill», gemette a sua volta.

    «Tomi, parla ti prego», questa volta fu lui a implorarlo. «Se andiamo avanti così non resisterò ancora per molto, e io non voglio venire in questo modo, voglio farlo mentre mi scopi e mi fai urlare».

    Era solo un uomo, non poteva pretendere troppo da se stesso; così prese Bill per i fianchi e invertì le posizioni, schiacciandolo appena sotto il suo peso, ma non seguì la voce che proveniva direttamente dalle sue mutande, che gli suggeriva di spifferare tutto e chi se ne frega, bensì quel piccolo barlume di volontà che gli diede la forza di sollevarsi dal moro. Ovviamente Bill lo fissò stupito.

    «De-devo andare», disse, uscendo velocemente da lì.

    «Tom!».

    Sentì l’urlo del suo ragazzo perfino dal corridoio; probabilmente gliel’avrebbe fatta pagare cara, sotto quel punto di vista non era cambiato affatto.

    «Ehi bello, che ti succede?», gli domandò Georg, una volta rientrato nella propria camera.

    Chiuse a chiave la porta e vi poggiò contro la sedia della scrivania, in modo da creare una specie di barriera, qualora Bill avesse deciso di corrergli dietro.

    Aveva una nuvoletta nera che gli gravava sul capo e non faceva che lanciare fulmini e saette.

    «Mi devi la scopata migliore della mia vita», borbottò, buttandosi a letto ancora vestito.

    Il ragazzo si grattò il capo, piuttosto confuso. «Ok, ma cerca di essere delicato, vorrei ci fosse almeno un po’ di romanticismo, è pur sempre la mia prima volta con un uomo».

    Tom mugugnò qualcosa di incomprensibile (un mucchio di parolacce) e si coprì la testa con il cuscino, mentre cercava di ignorare il dolore all’inguine e i conseguenti crampi allo stomaco.

    Quella sarebbe stata la peggiore nottata della sua vita!
     
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  2. jada.1984
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    hahahahahahahahaha cerca di essere romantico è pur sempre la mia prima volta con un uomo è fantasticaaaaaaaaaaaaaaaaaaa o mio dio amo georg!
     
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  3. Redda
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    XD il Manzo resta sempre il migliore
     
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  4. jada.1984
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    avoja! viva il manzo! e per la prima volta tom ha dimostrato di avere le palle non sol per trombare ma per rifiutare bill! il segreto prima di tutto!
     
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    no io AMO BILL, questo si sapeva ma ma T.T come si può essere così perfidi ed eccitanti allo stesso tempo?!?!?? Q____ che cavolo per quella CFC del cavolo ha rifiutato Bill?!?!o.o è vero che i ragazzi non hanno niente in testa oltre ai video giochi!
    Poi povero Gustav!:( mi fa tanta tenerezza, dovrebbe tappare quella boccaccia di Georg '__' perché un giorno avrà tante più ragazze di quante ne ha lui u.u
     
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  6. Redda
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    Solo Bill ha il potere di esserlo XD lui può! In quel caso il Manzo è stato parecchio antipatico con Gus, ma il Gus si rifarà quando lui sarà laureato, mentre Georg non sarà ancora riuscito a superare il primo anno xD
     
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  7. Phèdre NòDelaunay De Montrève
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    poshtaaaaaaaaaaaaaaaaa :agitato2: :agitato2: :agitato2:
     
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  8. Redda
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    14. Capitolo






    Tom sbadigliò per l’ennesima volta e si massaggiò il viso assonnato; aveva un pessimo colorito, senza contare le ben visibili borse sotto gli occhi. Durante la notte non aveva fatto altro che girarsi e rigirarsi sotto le coperte, sospirando ogni due minuti. Alla fine Georg lo aveva obbligato ad andare in bagno a soddisfare i propri bisogni; a suo dire un buon fai da te conciliava il sonno, e in quel modo anche lui sarebbe riuscito a chiudere occhio.

    Il moro seguì il suo consiglio, anche perché il compagno di stanza lo aveva personalmente accompagnato alla porta; una volta arrivato in bagno aveva occupato uno dei cubicoli e si era appena calato pantaloni e boxer, quando aveva sentito qualcuno entrare di corsa. Aveva cercato di non emettere nemmeno un sospiro, nella speranza di tornare presto solo, ma, a giudicare dai rumori che gli erano giunti dal cubicolo accanto al suo, le cose sarebbero andare parecchio per le lunghe, così, con una mano che gli tappava naso e bocca, era tornato sconsolato nella propria stanza, e lì era ripresa la sua lenta agonia.

    «Non potresti starmi a un metro di distanza?», gli domandò Georg. «Con quella faccia da zombi mi spaventi le ragazze».

    «Sono davvero mortificato», ironizzò il moro, assottigliando le palpebre. «Se sono ridotto in questo stato è solo a causa tua».

    «Mia?!», replicò il ragazzo, offeso.

    «Sì, tua e delle tue stupide regole del cavolo. Che ti costava ammettere anche Bill? Se solo ti fossi sforzato un po’ di più nei suoi confronti ora non sarebbe sul piede di guerra; non hai idea di cosa sia capace di fare».

    «Uno come lui non è il candidato ideale per la CDC», gli spiegò Georg, categorico.

    «Mi hai solo detto che non dovrei passare tutto il mio tempo in sua compagnia, ma non hai spiegato il perché», replicò Tom, incrociando le braccia al petto.

    «Lo sai il perché», rispose lui. «Comincerebbe a fare la donna di casa, a dirci di pulire, di non mettere i piedi sul tavolino, di non stare stravaccati sul divano. Sarebbe una noia mortale!».

    «Bill… una donna di casa?», domandò il moro, scoppiando a ridere subito dopo. «È la persona più disordinata sulla faccia della terra, e non si avvicinerebbe a una scopa nemmeno se ne valesse della sua stessa vita».

    «Immagina cosa accadrebbe se gli permettessi di diventare un membro della Compagnia», provò a farlo ragionare l’amico. «Conoscerebbe gli altri ragazzi, e hai visto tu stesso che tipi sono. Ogni minuto della loro giornata sono sempre super arrapati, e pensi che, trovandosi uno come Bill, che sculetta in giro per la sede, si fermerebbero solo perché è un maschio? Per loro ogni buco è trincea».

    Su quel particolare non ci si era soffermato, e non voleva di certo che gli altri ci provassero con Bill; nella sede, a quanto gli aveva detto l’amico, non vigeva di certo la regola del non fregare la ragazza agli altri membri, e lui non ci teneva a scoprire se sarebbero stati capaci di rubargli il fidanzato. Aveva visto con i suoi stessi occhi l’effetto che il moro faceva sugli uomini, i quali tendevano a non prestare attenzione al fatto che in realtà fosse un maschio, ma si soffermavano solo sul suo bell’aspetto fisico.

    «Forse è meglio lasciarlo fuori da questa faccenda», convenne. «Come hai detto tu, non c’è bisogno che passiamo proprio tutto il nostro tempo insieme, ognuno ha bisogno dei suoi spazi, della sua libertà».

    «Assolutamente», gli rispose Georg.

    «Non so come farò a mantenere ancora il segreto», confessò, sospirando sconsolato. «Bill sa bene come estorcermi le informazioni, e ieri sono quasi arrivato al punto di cedere. Ho trovato la forza di allontanarmi da lui, è vero, anche se avrei tanto voluto… Dio, non immagini nemmeno quanto me lo sarei fatto».

    Georg lo bloccò all’improvviso e gli diede uno schiaffo, lasciandolo sbalordito.

    «Per quale motivo l’hai fatto?».

    «Smetti di fare la donnetta facile! Bill riesce a comprarti con il sesso nel giro di due minuti, come se stesse rubando le caramelle a un bambino; non provi un minimo di vergogna per te stesso? Dove l’hai messa la tua dignità?».

    «Se anche tu avessi fatto sesso con lui capiresti il perché mi trovi in difficoltà», replicò Tom, mentre si massaggiava la guancia dolorante. «Io ci provo ma lui è così… Non so nemmeno come spiegartelo a parole».

    «Tira fuori le palle!», esclamò Georg, scuotendolo leggermente. «Dimostrargli chi è che porta i pantaloni».

    «Non sai di cos’è capace…», gli disse il moro. «Riesce a farti fare tutto ciò che vuole».

    «Ci riesce con te solo perché sei il suo zerbino».

    «Non prendermi in giro», borbottò, aggrottando la fronte. «Sono serio! E ho paura, perché so che si vendicherà per ieri. Non è il tipo da accettare un no come risposta».

    «Non può essere così terribile», commentò Georg, divertito.

    «Non lo devi sottovalutare… Riuscirebbe a far impallidire Satana in persona».

    «TOM KAULITZ!».

    Una voce riecheggiò in modo sinistro per il corridoio, attirando l’attenzione di tutti gli studenti che si trovavano lì in quel momento. Tom s’irrigidì e voltò lentamente il capo; emise un verso molto simile a uno squittio quando vide Bill, o meglio il suo sguardo. Era furibondo. Sapeva che non avrebbe lasciato correre quanto era accaduto la sera precedente, e se non se ne andava via subito rischiava grosso.

    «Dove vai?!», gli urlò dietro Georg, quando lo vide darsela a gambe levate, investendo un paio di ragazzi, che finirono a terra.

    «Scappa finché sei in tempo!», gli suggerì l’amico, ormai lontano.

    Prima che Georg potesse fare un solo passo, si ritrovò con le spalle al muro e il viso di Bill a un palmo dal naso. Ora capiva il perché Tom ne avesse tanta paura, bastava guardare le fiamme che stavano lambendo le sue iridi; ci si poteva quasi vedere l’Inferno lì dentro. Deglutì con una certa fatica e scostò lo sguardo, non riuscendo più a sostenere quello del ragazzo.

    «Dov’è andato?», gli domandò, in tono tagliente.

    «D-di c-chi parli?», rispose lui, fingendo di non capire, anche se in realtà se la stava facendo sotto.

    «Non fare il finto tonto, Listing, sai bene di chi sto parlando», disse il moro, afferrandolo per il collo della felpa. «Dimmi dov’è andato Tom, e forse sarò clemente nei tuoi confronti».

    «Non lo so».

    «Vuoi proprio farmi arrabbiare, non è vero?».

    «Ti giuro sulla tomba del mio pesce rosso Nemo che non lo so», gli disse il ragazzo. «È scappato via senza dirmi nulla».

    «Maledetto», ringhiò Bill, facendo sbattere nuovamente le spalle dell’amico contro la parete. «Allora rispondi a questa semplice domanda: ti ha accennato qualcosa riguardo a un suo segreto?».

    «N-no», rispose, ma evidentemente non era apparso tanto convincente come invece avrebbe voluto, perché il moro assottigliò improvvisamente le palpebre.

    «Stai mentendo», sussurrò, facendolo rabbrividire di paura. «Tu conosci il suo segreto ma non me ne vuoi parlare».

    «Non conosco nessun segreto, è la verità».

    «Credi forse che io sia stupido?», replicò il moro, stringendo la presa sulla sua felpa. «So bene che avete stipulato qualche patto che vi obbliga al silenzio, ma tu mi aiuterai a scoprire cosa nasconde Tom, volente o nolente. Ti conviene comunque fare ciò che ti dico, o ne subirai le amare conseguenze».

    «Ve-veramente avrei lezione», provò a dirgli, e Bill gli diede un pizzicotto sul braccio.

    «Finirai a lavorare come gigolò da quattro soldi in una bettola puzzolente, l’istruzione non ti salverà dal tuo triste destino», gli disse lui, trascinandoselo dietro.



    Tom passò l’intera mattinata a girovagare per l’università, senza mai fermarsi nello stesso punto per più di dieci minuti; sapeva che Bill sarebbe stato capace di assoldare qualcuno affinché lo spiasse, per questo motivo doveva confondersi con l’ambiente circostante.

    Non aveva avuto notizie da parte di Georg, e pregò che fosse riuscito a fuggire via dalle grinfie del moro; se così non fosse stato sapeva che non sarebbe riuscito a sopravvivere, e a lui sarebbe dispiaciuto davvero un sacco, perché la perdita dell’amico avrebbe comportato la ricerca di un nuovo compagno di stanza, e ormai si era così abituato alle stranezze di Georg che ne avrebbe sicuramente sentito la mancanza.

    Rubò il pranzo a un’altra matricola e si nascose dietro un cespuglio per mangiare. Gli sembrava proprio di trovarsi in guerra, ma un intero esercito non sarebbe riuscito a eguagliare la sete di vendetta del suo fidanzato.

    Avrebbe dovuto inventarsi una bugia e dirgli che era quello il segreto che stava nascondendo, avrebbe però dovuto pensarci su, elaborare il tutto e sembrare convincente, ma la sera precedente il suo cervello era inesorabilmente precipitato dentro le sue mutande, e dargli ascolto si sarebbe potuto rivelare molto pericoloso.

    Aveva sperato che il lato oscuro di Bill si fosse placato del tutto, e invece era risbucato fuori, più terrificante che mai. L’anno e mezzo di letargo non aveva fatto altro che rinvigorirlo, e ormai il moro era pronto a scatenargli contro tutta la sua ira.

    Non l’aveva torturato in abbondanza durante quell’estate di convivenza? Non si meritava una tregua? Non aveva le forze necessarie per riuscire a combatterlo, era nettamente più forte di lui e sapeva bene di cosa fosse capace.

    Il suo cellulare cominciò a squillare e Tom si affrettò a metterlo in silenzioso, non voleva di certo che il nemico localizzasse la sua posizione.

    Tirò un sospiro di sollievo quando lesse il nome di Georg sul display.

    «Sono così felice di sentirti», gli disse, poggiandosi una mano sul petto. «Sei riuscito a fuggire in tempo? Niente di rotto?».

    «Io sto bene», gli assicurò l’amico.

    «Meno male. Io mi sono nascosto ma non posso dirti dove, la telefonata potrebbe essere sotto controllo».

    «Sei fuori pericolo, ho scoperto che Bill sarà impegnato fino all’ora di cena».

    «La tua fonte è certa?», gli domandò lui, per esserne sicuro.

    «Me l’ha detto un suo compagno di corso», rispose Georg.

    «Cercherò di studiare una strategia per impedirgli di raggiungermi».

    «Intanto raggiungi me, devi venire subito nella nostra stanza».

    «Cos’è successo?», gli domandò Tom, allarmato. «Ha piazzato qualche trappola a nostra insaputa?».

    «Certo che no, c’è solo un controllo».

    «Un controllo?», ripeté. «Non sapevo che controllassero le camere, non ho visto nessun avviso in bacheca».

    «Non te lo vengono di certo a dire, lo fanno a sorpresa», gli spiegò l’amico, «in modo che tu non abbia il tempo di nascondere nulla, ma a me è arrivata una soffiata, quindi ti consiglio di correre».

    «Cinque minuti e sarò lì».

    Ci mancava solo il controllo a sorpresa! Aveva già accumulato un carico non indifferente di stress nel giro di appena un paio di giorni. Non che nascondesse chissà cosa sotto il letto, ma era sempre meglio far trovare tutto in ordine, in modo che, chiunque fosse stato mandato a fare l’ispezione, non avesse niente da ridire. Era un bene che Georg l’avesse avvisato; lui non aveva di questi problemi perché era un vero maniaco dell’ordine. Solo il suo lato assomigliava a una porcilaia.

    Fece capolino dalla siepe e guardò prima a destra e poi a sinistra, assicurandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi. Quando fu certo che la strada fosse completamente sgombra, fece una corsa verso l’Hegel house, evitando la strada principale.

    Scrutò ogni corridoio e procedette rasente il muro, fino alla sua stanza. Bussò e notò che la porta si era aperta al suo tocco, con un cigolio sinistro. La aprì un altro pochino e scrutò al suo interno.

    Tutte le sue cose erano state messe completamente sottosopra, sparpagliate sul letto e sul pavimento; eppure non ricordava di aver lasciato un simile macello. Ok era disordinato, ma quello era troppo anche per i suoi standard.

    Entrò e vide che Georg se ne stava in mezzo alla camera, con una strana espressione sul viso; sembrava molto teso.

    «Cos’è successo?», gli chiese, indicando i suoi effetti personali. «Sono entrati i ladri?».

    L’amico si limitò a scuotere il capo e non aprì bocca.

    «Io non sono stato e la stanza non può essersi messa in disordine da sola».

    Georg continuò a non parlare e sgranò gli occhi, come se cercasse di dirgli qualcosa, che però Tom non riusciva a capire.

    «Devi andare in bagno?», gli domandò ingenuamente.

    «Sean mi dispiace tanto».

    «Non dirmi che l’hai fatta nel mio letto?!», esclamò inorridito.

    La porta si chiuse dietro le sue spalle con un tonfo e il moro fece un salto per lo spavento; quando si voltò per poco rischiò davvero di rimetterci le penne. Da dov’era saltato fuori?!

    «Ciao Tomi», lo salutò Bill, con quella sua aria da seria killer.

    «Tu!», disse, puntando un dito accusatore contro l’amico. «È per questo motivo che mi hai fatto venire qui, in realtà non c’era nessuna ispezione, mi hai solo venduto al nemico!».

    «Scusami Sean, ma la principessa mi fa una paura fottuta, e ha minacciato di gettare la mia piastra giù dalla finestra, prendendola poi a martellate per darle il colpo di grazia».

    «Io valgo più di una piastra», s’infervorò il moro.

    «Lasciaci soli, Georg», gli ordinò Bill. «Tom ed io abbiamo molto di cui discutere».

    «Auguri», gli sussurrò l’amico, passandogli accanto.

    «Non dirmi auguri, va’ a chiamare la polizia!».

    Georg uscì dalla stanza, lanciando un ultimo sguardo di compatimento a Tom; il moro si avvicinò alla scrivania, trascinando una sedia proprio in mezzo ai due letti.

    «Via i vestiti».

    «Ascolta Bill…», provò a dirgli.

    «Ho detto via-i-vestiti», ripeté categorico. «O lo fai da solo o te li strappo di dosso, a te la scelta».

    Non aveva proprio idea di cosa avesse in mente Bill, ma per il momento era meglio obbedire, avrebbe provato dopo a farlo ragionare, così nel frattempo si sarebbe calmato.

    Si levò maglia, jeans e scarpe, e rimase lì a fissarlo.

    «Siediti», gli ordinò, indicandogli la sedia con un cenno della mano.

    Fece come gli aveva detto e lo vide chinarsi verso la sua borsa, dalla quale estrasse alcune spesse corde bianche, che fece roteare leggermente.

    «Abbiamo già provato il bondage», gli ricordò. «Non che non mi sia piaciuto, ma non credo che sia il mio genere, lo sai che preferisco le cose tranquille».

    «Sta’ zitto o t’imbavaglio», lo minacciò, mentre gli legava le caviglie alle gambe anteriori della sedia, passando poi ai polsi, che imprigionò dietro la sua schiena.

    «Sono strette», si lagnò Tom, mentre cercava di muoversi per allentarle almeno un pochino; sentiva i filamenti sfregare contro la sua pelle, graffiandolo leggermente.

    «Meglio», rispose il moro.

    Tornò alla sua borsa e questa volta ne tirò fuori un paio di forbici; a quel punto Tom cominciò ad agitarsi. E se avesse scoperto che in realtà Bill, fino a quel momento, gli aveva tenuto nascosto il suo passato da serial killer?

    «Vuoi uccidermi?!», strillò impaurito.

    «Non essere sciocco».

    Un dubbio ancora più atroce si fece largo nella sua mente: voleva tagliargli i suoi amati cornrows.

    «Ti prego risparmia i miei capelli, loro non ti hanno fatto niente di male».

    «Non voglio tagliarli».

    «E allora che ci devi fare con quelle forbici?».

    Bill glielo mostrò subito; fece due tagli ai lati dei suoi boxer e li ruppe, sfilando via ciò che era rimasto del tessuto, lasciando Tom completamente nudo. Sapeva bene che detestava rimanere senza alcun indumento addosso se lui restava poi a fissarlo, lo metteva a disagio. Di fatti lo vide cercare di coprirsi, ma il fatto che avesse polsi e caviglie legate glielo impedivano.

    «Ora giochiamo al poliziotto buono e a quello cattivo, ma per tua sfortuna non ci sarà nessun poliziotto buono».

    «Tutto questo è follia!».

    «Voglio solo sapere in cosa consiste il tuo segreto».

    «Mi hai spogliato e legato solo per interrogarmi?!», gli domandò scioccato. «Non siamo mica in Iraq!».

    «Esattamente», affermò il moro.

    «E non avresti potuto farlo lasciandomi i vestiti addosso?».

    «Non sarebbe stato altrettanto divertente», rispose Bill, stirando le labbra in un ghigno. «Se non mi farai sprecare troppo tempo dopo potrei anche farti divertire, ma ora parla».

    «Non ho proprio un bel niente da dirti».

    «Sapevo che non mi avresti reso il compito facile…». Sospirò il moro, allontanandosi dal suo fidanzato. «Così ho deciso di portare con me alcuni oggetti che potrebbero invogliarti a confessare», gli diede le spalle per un attimo e, quando si voltò nuovamente verso di lui, reggeva in mano due mollette da bucato. «Sei ancora intenzionato a tenere la bocca chiusa?».

    «A-a cosa ti servono quegli affari?», domandò, deglutendo a vuoto.

    «Vedrai, sarà un vero spasso», gli assicurò lui, con un luccichio sinistro negli occhi.

    Strinse le due estremità superiori, in modo da far divaricare quelle inferiori, e avvicinò la molletta al petto del moro. Tom capì solo in quel momento quali erano le intenzioni del suo ragazzo; dapprima sgranò gli occhi, spaventato, e successivamente cominciò a muoversi sulla sedia, per quanto le corde glielo permettessero.

    «Per favore, non lo fare», lo implorò, osservando la sua mano che si faceva sempre più vicina.

    «L’hai voluto tu», rispose Bill, intrappolando il capezzolo destro fra le estremità della molletta.

    Tom urlò dal dolore e prese a dimenarsi con maggiore intensità, nel tentativo di liberarsi da quell’aggeggio infernale. Era una sensazione davvero orribile, sentiva quel piccolo pezzo di carne pressato in modo innaturale, e non riusciva a capacitarsi di come certe persone trovassero simili pratiche eccitanti, era roba da folli!

    «Levamelo!», gli ordinò, con il viso rosso per la collera. «Fa un male cane!».

    «Lo farò a una sola condizione, lo sai bene… Dimmi il tuo segreto».

    «Non ho alcun maledetto segreto, e tu ti stai comportando come uno psicopatico!».

    Aveva sperimentato sulla propria pelle quanto Bill potesse essere crudele, in passato lo aveva fatto diventare il suo giocattolo personale, ma non immaginava che un giorno si sarebbe spinto a tanto.

    «Evidentemente non ti ho ancora convinto del tutto. Pensavo che sarebbe bastato stuzzicarti un po’ con il sesso, ma sorprendentemente non ha sortito l’effetto desiderato, così ho capito che l’unica soluzione per farti parlare era questa», gli disse, e imprigionò anche l’altro capezzolo nella seconda molletta.

    Le urla di Tom si triplicarono, e i ragazzi che si trovavano in corridoio cominciarono a domandarsi cosa stesse succedendo dentro quella stanza.

    «Perché mi stai facendo questo?!».

    «Perché sei molto cattivo, Tomi. Mi tieni nascosto qualcosa d’importante».

    «Non so più come farti capire che non ho nessun segreto!», sbottò furibondo.

    «E quella spilla?», domandò Bill, inarcando un sopracciglio. «Vuoi forse far finta che non esista? Da dov’è saltata fuori? E non provare a rifilarmi di nuovo la storia dell’Happy Meal, perché la prossima molletta finirà in un posto ancora più doloroso».

    «Mi è stata regalata, contento?! Ora mi togli questi affari?!».

    «Chi mai ti farebbe un simile regalo?».

    «È stato Georg, lui mi ha regalato quella spilla. Bill, parlo sul serio, voglio che tu mi tolga queste maledette mollette, i miei capezzoli stanno diventando viola!».

    «Sapevo che c’entrava quel capellone», borbottò il moro, parlando con se stesso. «È sempre in mezzo».

    «Bill!».

    «Ok, non ti scaldare tanto». Sbuffò, lasciando cadere le mollette a terra. «Meglio?».

    «Starò meglio solo quando avrai sciolto i nodi», replicò Tom, corrucciato. «Ho la circolazione bloccata».

    «Non ho mai detto che ti avrei liberato», gli fece presente il ragazzo, scrollando le spalle.

    «Io ti ho detto chi mi ha dato quella spilla, cos’altro vuoi sapere ancora?».

    «Il suo significato», rispose Bill, incrociando le braccia al petto. «Quelle lettere, sono l’acronimo di qualcosa, non è vero?».

    «Sono solo tre stupide lettere!», esclamò Tom, ormai al limite.

    «Capisci che comportandoti in questo modo mi obblighi a continuare?», gli disse il moro, quasi dispiaciuto. «Sei un testone! Ti basterebbe semplicemente dirmi come stanno le cose e tutto finirebbe».

    Tirò fuori un nuovo oggetto di tortura ma Tom non aveva idea di cosa fosse; si trattava di alcune strisce, forse di carta, e nel mezzo di intravedeva qualcosa, che sembrava tenerle unite.

    Bill cominciò a sfregare una delle strisce tra le mani e successivamente la divise, poggiando una metà sul pavimento. S’inginocchiò di fronte al moro e sollevò lo sguardo su di lui.

    «Non voglio farti del male, Tomi».

    «Certo, ora mi verrai a dire che è solo colpa mia e che me lo sono meritato», borbottò il ragazzo.

    «Esattamente».

    Poggiò la striscia sulla gamba del suo fidanzato e la sfregò un altro paio di volte; Tom fece per chiedergli cosa stesse facendo, quando Bill afferrò uno degli angoli e tirò verso l’alto con forza, strappando via i peli dalla pelle.

    «Cristo Santo!», ululò il moro, con le lacrime agli occhi.

    «Ne ho molte altre», lo avvisò lui, allungandosi per recuperare la seconda metà dal pavimento. «E potremmo stare qui per diverse ore».

    Non ne poteva più, non sarebbe riuscito a sopportare tutto quel dolore ancora per molto, e Bill sembra intenzionato a non voler smettere, in più correva il rischio di ricevere una ceretta non voluta.

    «Ok, confesso!», esclamò, e vide il viso di Bill illuminarsi.

    «Lo sapevo», disse soddisfatto. «Sapevo che non poteva trattarsi di una comune spilla, ti comportavi in modo molto strano».

    «Non potevo parlartene… e ora rischio di essere sbattuto fuori».

    «Non ti preoccupare, non ne parlerà con nessuno» gli assicurò Bill, sedendosi sulle sue ginocchia e avvolgendogli il collo con le braccia. «Manterrò il segreto».

    Tom sospirò pesantemente e abbassò le palpebre, concedendosi qualche minuto di silenzio, come se stesse riordinando le idee.

    «Avevi ragione quando dicevi che CDC aveva un significato».

    «Che vuol dire?», domandò il moro, fremente di curiosità.

    «Significato… Campo della Contea, si tratta di una zona di combattimento».

    «Sei entrato nell’esercito?!», gli chiese, strabuzzando gli occhi. «Tomi è pericoloso, non voglio che rischi la vita, come farei senza di te? Ti prego va’ via lascia perdere».

    «Faccio parte di un esercito, ma non di quello che pensi», gli spiegò il ragazzo. «Sono… un elfo arciere della seconda fazione, e spero tanto che un giorno diventerò il comandante. Il mio nome elfico è Carnil».

    «Ma… di che stai parlando?», chiese Bill, confuso. «Elfi, archi… Il dolore ti ha dato alla testa?».

    «Non sto vaneggiando, CDC è un gioco di ruolo online; in questo momento è ancora in modalità beta e solo cinquecento persone in tutto il mondo vi hanno avuto accesso. Georg ha fatto in modo che anch’io potessi entrarci e mi ha regalato la spilla quando ho ricevuto la mail con la password d’accesso. È stato un momento emozionante, quasi quanto la prima volta in cui mi hai detto che mi amavi».

    «E questo sarebbe il grande segreto che non volevi rivelarmi?».

    «Te ne avrei parlato subito ma nel regolamento c’è scritto di non divulgare troppo la notizia. Però ora che lo sai anche tu mi sento molto meglio, è come se mi fossi tolto un grosso peso dallo stomaco», gli disse, facendogli un gran sorriso. «Ehi, mi è venuta un’idea!», esclamò all’improvviso, con entusiasmo. «Perché non entri a far parte di quel mondo? È giusto rimasto un posto da elfo operaio; lavoreresti solo venti ore al giorno, la paga sarebbe minima, ma è un occupazione rispettabilissima».

    Bill si sollevò da lui e fece un passo indietro, quasi schifato. Odiava tutto ciò che aveva a che fare con videogiochi e robe del genere, li aveva sempre ritenuti dei passatemi per spostati e asociali, ed era rimasto veramente stupito nell’apprendere che ora anche Tom ne faceva parte.

    «I primi tempi sono duri, ma ti basterà giocare dieci ore al giorno per un mese, e in men che non si dica diventerai operaio di secondo livello».

    «Tu sei completamente andato!», esclamò il moto, raccattando la sua borsa. «Non mi abbasserò mai a far parte di un gruppo di persone con una vita talmente triste da dover diventare degli gnomi per sentirsi realizzati».

    «Elfi», precisò Tom. «Gli gnomi non sono ancora stati creati, per adesso l’unica razza disponibile è quella».

    «Quel che è!»

    «Perché mai? Potremmo andare insieme alle convention, preparare i costumi, studiare il linguaggio elfico… Ci unirebbe ancora di più».

    «No!».

    «Bill…», lo chiamò il moro.

    «Che vuoi?!», gli chiese, impaziente di andarsene.

    «Amin mela lle», gli disse, guardandolo con dolcezza.

    «Smettila!», sbraitò e aprì la porta, trovandosi di fronte Georg, che, chinato in avanti, aveva cercato di sbirciare attraverso il buco della serratura. «Ho scoperto il vostro stupido segreto», gli disse in tono sprezzante.

    «Tom!», esclamò lui, spingendo Bill nuovamente dentro la stanza. «Come hai potuto? E per quale accidenti di motivo sei nudo?!».

    «Sorvoliamo su quel particolare. L’ho fatto perché non potevo più tenerlo dentro di me», si scusò il moro. «Era un peso enorme da sopportare».

    «Hai prestato giuramento! Sai bene quali saranno le conseguenze».

    «Ne sono consapevole, ma Bill è il mio ragazzo e sono certo che loro capiranno».

    «Loro?», domandò Georg, aggrottando la fronte. Era lui che decideva chi era dentro e chi fuori, non di certo gli altri ragazzi della Compagnia.

    «I capi del Campo della Contea».

    «Il co-», si bloccò notando lo sguardo che gli aveva lanciato l’amico. Fissò Bill e poi lui, e lo vide sollevare le sopracciglia; capì che doveva stare zitto e che Tom aveva qualcosa in mente.

    «Potresti dir loro che l’ho fatto solo perché amo Bill e non voglio avere nessun segreto con lui?».

    «Ve-vedrò quel che posso fare».

    «Ti ringrazio, mio gran maestro. Amore devi sapere che Georg è il mio superiore, il gran maestro degli arcieri, e il suo nome è Amdir; il tuo potrebbe essere Calimon, oppure Farvilos. Che ne dici Ge?».

    «Sono tutti e due molto belli», convenne l’amico, anche se non aveva idea di cosa stesse parlando, e per un attimo pensò che Bill gli avesse lobotomizzato il cervello.

    «Allora, che ne dici? Diventa il mio piccolo elfo operaio».

    «Andate al diavolo voi e questo gioco da sfigati! E ti conviene tornare a essere normale, altrimenti la prossima volta mi vedrai col cannocchiale!», sbottò, chiudendosi la porta dietro le spalle con un tonfo.

    Tom aspettò qualche minuto, per essere certo che Bill non tornasse indietro, e si lasciò andare a un sospiro di sollievo. Il suo piano era andato esattamente come aveva sperato.

    «Ti prego liberami», supplicò il compagno di stanza.

    Georg gli slegò polsi e caviglie e lasciò che l’amico si rivestisse.

    «Ora mi dici di che diavolo stavi parlando?».

    «Ho dovuto inventarmi qualcosa su due piedi, mi stava letteralmente torturando!», gli disse, mostrandogli la gamba semi depilata. «Così ho usato una delle cose che Bill maggiormente odia: i giochi di ruolo. Un amico ossessionato dal Signore degli Anelli e una buona dose di fantasia mi hanno permesso di uscirne un po’ ammaccato ma ancora sulle mie gambe. Ho tirato in mezzo campi di battaglia ed elfi, e di sicuro ora non proverà più a fare domande a proposito della spilla».

    «Sei un genio!», esclamò Georg, dandogli una pacca sulla spalla. «Per un attimo ho pensato che fossi impazzito, invece il tuo era solo un piano. Sapevo che non ci avresti mai tradito».

    «Ti chiedo solo un favore… qualora tu abbia qualche altra confraternita che deve rimanere segreta, ti prego di non fare il mio nome come possibile membro, ok? Non resisterei a un’altra tortura da parte di Bill. I miei capezzoli non si riprenderanno mai più dal trauma che hanno subito».

    «Promesso», rispose l’amico, ridacchiando. «E, per la fedeltà che hai dimostrato alla CDC, ti eleggerò confratello del mese. Sei contento?».

    «Sarei più contento se avessi ancora i miei peli sulla gamba», piagnucolò Tom, passandosi un dito sul lembo di pelle liscio e ancora leggermente arrossato.

    E c’era ancora chi sosteneva che le donne fossero il sesso debole! Bisognava avere due palle quadrate per sopportare una simile angheria quasi ogni mese. Da quel giorno avrebbero avuto il suo massimo rispetto, e in più ringraziò mentalmente i suoi genitori per averlo fatto nascere uomo.



    Note finali: Devo ammettere che questo capitolo non era previsto, di fatti l'ho detto anche sulla mia pagina di Facebook perché l'ho scritto proprio all'ultimo minuto, per questo motivo non ho idea di come sia venuto XD ma l'ho fatto perché ho visto che molte di voi si aspettavano una vendetta da parte di Bill, che io all'inizio non avevo proprio previsto, infatti il vero quattordicesimo capitolo non era ricollegato a questo, ma dato il numero dei post dove ne parlavate alla fine ho deciso di provare a buttare giù qualcosa XD se fa pena chiedo venia! Per i nomi degli elfi giuro che non ho bevuto ahah ma li ho cercati su Google, e la scritta "Amin mela lle" dovrebbe significare ti amo nella lingua elfica di Tolkien (nel caso ci fosse qualche patita di Signore degli Anelli e in realtà avessi scritto solo una minchiata ri chiedo venia!)
     
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    Redda, ma che razza di tortura hai fatto subire a Tom? Ma povero...
    Piu' seriamente... Bill non mi è piaciuto per nulla.
    Va bene che ha il suo bel caratterino, ma far del male ad una persona, come a costringerlo a certe cose, per me è caduto di qualche scalino nella mia stima.
    Ti spiego...
    Lo so perfettamente che Bill è tremendo su certe cose, pero' adesso lui dovrebbe essere cambiato.
    Ogni volta che Bill lo ha torturato ''psicologicamente'' in qualche modo Tom gli è piaciuto.
    Tom ne era attratto, ed erano giochini, seppur un tantino irritanti, anche eccitanti. Per questo, in questa situazione, in cui Tom, è arrabbiato, (lo si nota da come tratteggi, i suoi pensieri, le sue reazioni,) tutto cio' che Bill gli fa subire è brutto, ( non solo per le cosette ''fisiche'', ma perché insiste malgrado il vero disagio del suo ragazzo) e non è un comportamento da persona innamorata e che ama.
    Non so se mi sono spiegata, ma in questo chappy, Bill ha esagerato. Vorrei tanto che Tom glielo facesse notare. Nella vita si ha il diritto di avere i propri spazi, senza sottostare sempre al volere e i desideri degli altri. E poi... non ha fatto altro che spingere Tom a mentirgli con il suo comportamento assillante e sospettoso. Non è che abbia risolto qualcosa.
    I guai, mi sa che cresceranno...
    grazie Redda
     
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  10. Phèdre NòDelaunay De Montrève
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    tortura fisica?
     
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    QUOTE (Phèdre NòDelaunay De Montrève @ 27/3/2012, 17:31) 
    tortura fisica?

    ma si...si fa per dire...
    E' chiaro che di ''torture'' fisiche ci sono anche ben altre...(beh...stringere i capezzoli con le mollette, provoca dolore, che poi sia piacevole o meno a seconda le persone, questo è un altro discorso :D )
    La tortura piu' che altro, è che Tom, non prova nessun piacere in tutto questo.
    I ''giochetti ''non erano di suo gradimento, insomma... anzi :D

    ps: redda, ancora adesso ho visto che ti ho lasciato un commento qui. te ne lascio un po' ovunque e non me ne accorgo neanche che ''zompetto'' tra un forum ed un altro... :D :lol:
     
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  12. Redda
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    loulou71

    Sul Bill è cambiato avrei una precisazione da fare. Non ho mai detto che Bill è cambiato o sarebbe cambiato del tutto, è praticamente impossibile, di fatti anche Tom ne è consapevole, l'unica cosa che non sapeva era cos'era capace di fare Bill in determinate situazioni, perché l'estate in cui erano stati insieme l'aveva "torturato" in ben altra maniera, e dato che in quel modo non ci era riuscito ci ha provato in un altro, che secondo lui ha funzionato anche se in verità non è così. Determinati atteggiamenti, per quanto uno possa cambiare per la persona che ama, resteranno sempre parte di quella persona, perché sono intrinseci. E comunque non gli avrebbe mai fatto veramente del male, quello assolutamente no, queste alla fin fine non si possono considerare vere torture, diciamo così, ma può avergli fatto più male perché Tom ad esempio non è di certo abituato a una ceretta, e farla la prima volta ti fa vedere i pianeti, le stelle, le galassie e via dicendo (non che le volte successive non siano dolorose xD), e per quanto riguarda le mollette ammetto che quello lo faccio sempre io con mio cognato ahahah questo mi fa sentire un po' sadica, lo ammetto. Beh Tom è arrabbiato perché chi si divertirebbe in una situazione del genere? (a parte i sadomachisti, che per loro ste cose sono il pane quotidiano). Se si è irritato è solo per questo motivo, anche perché lui preferisce le altre torture, e vallo a chiamare scemo! Beh non è detto sai? Certe coppie fanno cose del genere, ovviamente non col vero intento di far del male, e nemmeno Bill qui voleva. Ovvio che se l'avesse preso a sprangate sulla schiena sarebbe stato tutto un altro conto! Direi che una persona che ti ama non fa simili gesti, ma per come la vedo io piccole "torture" non sono nemmeno così tanto difficili da immaginare, e ti parlo per esperienza perché le ho vissute anch'io col mio ex, e le vedo con i miei amici. Oltre a questo non avrei mai permesso che Bill facesse altro, perché in quel caso sarebbe stata una tortura al fine di fargli del male, mentre così ha solo cercato di farlo confessare. Ma Tom sa bene che Bill può diventare assillante quando vuole qualcosa, direi che ormai ci è abituato XD alla fine gli ha dato ciò che voleva, una confessione, ma questo non implicava il dovergli dire obbligatoriamente la verità. Avrebbe anche potuto continuare a tenere la bocca chiusa, ma non voleva una ceretta completa XD l'ha fatto principalmente per questo motivo.
    (Spero di essermi spiegata in qualche modo, anche perché mi son persa io stessa nella risposta XD)
     
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    QUOTE (Redda @ 28/3/2012, 12:09) 
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    loulou71

    Sul Bill è cambiato avrei una precisazione da fare. Non ho mai detto che Bill è cambiato o sarebbe cambiato del tutto, è praticamente impossibile, di fatti anche Tom ne è consapevole, l'unica cosa che non sapeva era cos'era capace di fare Bill in determinate situazioni, perché l'estate in cui erano stati insieme l'aveva "torturato" in ben altra maniera, e dato che in quel modo non ci era riuscito ci ha provato in un altro, che secondo lui ha funzionato anche se in verità non è così. Determinati atteggiamenti, per quanto uno possa cambiare per la persona che ama, resteranno sempre parte di quella persona, perché sono intrinseci. E comunque non gli avrebbe mai fatto veramente del male, quello assolutamente no, queste alla fin fine non si possono considerare vere torture, diciamo così, ma può avergli fatto più male perché Tom ad esempio non è di certo abituato a una ceretta, e farla la prima volta ti fa vedere i pianeti, le stelle, le galassie e via dicendo (non che le volte successive non siano dolorose xD), e per quanto riguarda le mollette ammetto che quello lo faccio sempre io con mio cognato ahahah questo mi fa sentire un po' sadica, lo ammetto. Beh Tom è arrabbiato perché chi si divertirebbe in una situazione del genere? (a parte i sadomachisti, che per loro ste cose sono il pane quotidiano). Se si è irritato è solo per questo motivo, anche perché lui preferisce le altre torture, e vallo a chiamare scemo! Beh non è detto sai? Certe coppie fanno cose del genere, ovviamente non col vero intento di far del male, e nemmeno Bill qui voleva. Ovvio che se l'avesse preso a sprangate sulla schiena sarebbe stato tutto un altro conto! Direi che una persona che ti ama non fa simili gesti, ma per come la vedo io piccole "torture" non sono nemmeno così tanto difficili da immaginare, e ti parlo per esperienza perché le ho vissute anch'io col mio ex, e le vedo con i miei amici. Oltre a questo non avrei mai permesso che Bill facesse altro, perché in quel caso sarebbe stata una tortura al fine di fargli del male, mentre così ha solo cercato di farlo confessare. Ma Tom sa bene che Bill può diventare assillante quando vuole qualcosa, direi che ormai ci è abituato XD alla fine gli ha dato ciò che voleva, una confessione, ma questo non implicava il dovergli dire obbligatoriamente la verità. Avrebbe anche potuto continuare a tenere la bocca chiusa, ma non voleva una ceretta completa XD l'ha fatto principalmente per questo motivo.
    (Spero di essermi spiegata in qualche modo, anche perché mi son persa io stessa nella risposta XD)

    Hai spiegato benone. Il fatto che Bill non è cambiato completamente, quello non l'ho mai detto neanche io. :D
    Pero' mi ha fatto venire i nervi il suo atteggiamento. ;) Voler sapere e sottrarre a tutti i costi un informazione, quando il tuo ragazzo, non ne ha voglia...sembra una mancanza di fiducia, e questo personalmente mi infastidisce. Come ho già detto prima...cio' che a me non è piaciuto è quel suo insistere a quel modo. Nulla toglie comunque a cio' che scrivi sia ben chiaro. A me piacciono molto le tue storie e sopratutto il ''TUO'' Bill! :B): :rolleyes:
     
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  14. Redda
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    Il fatto che Bill non è cambiato completamente, quello non l'ho mai detto neanche io. :D

    Ti chiedo scusa allora XD devo aver letto male io. Il fatto che facesse venire i nervi l'avevo previsto, ma c'è chi si è soffermata sul lato "comico" del capitolo e chi invece come te, per com'è personalmente, ha reagito in modo differente proprio a quel punto, e in effetti volevo proprio vedere se qualcuna sarebbe andata oltre al semplice lato comico, e tu l'hai fatto (: Per come son fatta io gli avrei mollato una sberla (nonostante anche a me capiti di farlo ahaha è decisamente un controsenso), ma alla fine si sa che qui Tom è un po' (tanto) succube di Bill xD
     
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  15. °Ric@
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    Tom,Tom,Tom,Tom,Tom,Tom,Tom trallallà trallallà ... :agitato2:
     
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363 replies since 27/12/2011, 12:26   20464 views
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