A1, quarti G3: le stelle del Sud. Magia Ragusa, storica Campo. Flop Bologna, incompiuta Geas- Incredibile
Ragusa. O forse sì, era credibile, che potesse mandare gambe all’aria Bologna, e bisognava saperne cogliere i segnali. Ma credo sia stata una sorpresa per chiunque, almeno il modo in cui si è prodotto questo 1-2 che manda in semifinale le sicule e boccia clamorosamente le felsinee. Montagne russe, incoerenza totale tra una gara e l’altra. Sembrava che la Virtus avesse ripreso il controllo della serie, archiviando come incidente di percorso la scivolata in G1. E che Ragusa avesse esaurito la fiamma, appagata di aver fatto già più del suo dovere, o comunque senza risorse sufficienti a ripetersi. Alla faccia! Dopo 4’30” di
G3, in una Segafredo Arena ben più popolata della volta precedente (1256 spettatori), il tabellone luminescente stampava uno
0-15 da non credere.
Per le ospiti, s’intende. Juskaite e Chidom già a 11 punti in due; la Virtus inebetita. Giusto un canestrino di Zanda per rompere la calotta polare (ghiaccio è troppo poco), ma le bianconeri insistevano, anche con Thomas e una tripla di Miccoli:
2-22 dopo 8’20”, sempre più sospetto d’allucinazione collettiva. Virtus con 3/18 al tiro alla fine del 1° quarto, ma giusto perché sono entrati un paio di canestri alla fine (6-24).
Nel 2° periodo, per la verità, pareva che la situazione stesse tornando alla normalità. Non prima di altri 5’ abbondanti, in cui Ragusa controllava lo scarto (14-33). Poi ecco un parziale di 13-0 guidato da Dojkic, e il
27-33 alla pausa, con inerzia a favore, poteva essere promettente per le suddite di Zanetti.
Invece no, ancora più sconcertante: tornavano ad afflosciarsi le V nere, e invece a battere come martelli le sicule; un clamoroso contro-riallungo,
40-55 al 30’, a suon di triple (4/8 nella frazione), l’ultima di Pastrello, altra italiana “working class” come Miccoli, e come del resto anche Milazzo (seppur più talentuosa), in un contrasto ancor più stridente con la passività delle grandi firme bolognesi.
Nell’ultimo quarto si rianimava Zanda con 7 punti di fila, e sul 50-59 a 6’15” dalla fine poteva ancora materializzarsi un clamoroso recupero, se Ragusa avesse ceduto di nervi o d’energie, e se Bologna avesse avuto consistenza da vera grande squadra, che fa i coperchi oltre alle pentole. Nulla di tutto ciò, perché Ragusa riprendeva il controllo con un 2-10 che di nuovo mostrava una consistenza da neve al sole per quanto concerne le figlie di san Petronio.
Finisce dunque
57-74 tra lo shock generale. Si hanno 5 in doppia cifra per Ragusa, mirabile prova collettiva (
Juskaite 16 la top), con un brillante 10/21 da 3; mentre per la Virtus le cifre assolvono
Zanda (23 punti con 10/16 al tiro), che però è affondata come le compagne nei due parzialacci, mentre Dojkic fa 10 punti con 3/13 e le altre “big” persino peggio. Stranissima la ri-sparizione di Cox, Peters e Rupert dopo essere scomparse in G1 e riapparse in G2; un fenomeno carsico, si direbbe con sarcasmo che coach Vincent non apprezzerebbe,
anche se qualche spiegazione di come gli sia implosa la squadra tra le mani dovrebbe fornirla. Il comunicato societario sulla partita, un po' grottescamente, ha messo solo il tabellino; neanche una riga di commento, né di dichiarazioni.
- Grande
Ragusa a realizzare tutto ciò, per giunta senza
Spreafico per tutta la serie (si parla di un possibile ritorno per la semifinale). Cosa potrà fare adesso contro Schio? Probabilmente non molto (anche se sottovalutarla una seconda volta sarebbe reato); intanto però per la società è un paradosso riuscire in un’impresa così, proprio nei giorni in cui s’infittiscono le voci di un’imminente rinuncia all’A1.
Clamorosa rivincita per
Lardo, che fu cacciato dalle V nere nel mezzo della semifinale 2022 contro Venezia (che poi fu vinta da Gianolla al suo posto) e magari aveva anche qualche sassolello nelle scarpe per certi episodi dello scorso Europeo. La sua squadra ha impressionato soprattutto per la personalità, nelle due gare vinte. Ogni volta che Bologna si rianimava, arrivava la tripla-killer, la giocata difensiva, quant'altro di chirurgico per ricacciarla giù.
- Quanto a
Bologna, forse serve uno psicologo per spiegare come sia stato possibile un tracollo così dopo aver dominato a Ragusa. Ma al di là del pessimo finale, è stata una stagione in
ribasso per il progetto femminile Virtus. Dopo il primato nella scorsa regular season e la finale-scudetto persa in doppia volata con Schio, sembrava solo questione di tempo per salire l’ultimo gradino e prendersi lo scettro, cosa che nel primo trofeo stagionale (Supercoppa) in effetti è avvenuta, ma poi è tutto evaporato e il passo indietro è vistoso (nonostante il leggero miglioramento in Eurolega). Anche sul piano del coinvolgimento dell’ambiente: lo scorso anno la proprietà ripeteva a ogni pie’ sospinto quanto tenesse a vincere con le donne (al punto che gli aficionados del maschile s'erano rotti le scatole); quest’anno, l’impressione, sia pur osservando da fuori, è che si andasse avanti col pilota automatico, senza particolari entusiasmi né ambizioni.
Uscire ai quarti sia in Coppa che in campionato è un fallimento, vedremo se sarà anticamera di un rilancio o di un disimpegno.
- Il Sud felice è anche
Campobasso, che sopravvive a una battaglia fra pugili allo stremo, in G3 col
Geas, e raggiunge la prima semifinale della sua ancor giovane storia. Dopo l’incredibile epilogo di G2, con il colpo da Superenalotto di Kacerik sulla sirena, c’era da chiedersi se una delle due contendenti ne avrebbe cavato un effetto-scossa (Campobasso per entusiasmo, Sesto per reazione), rompendo così l’estenuante equilibrio che ha marchiato l’intera rivalità stagionale fra queste due compagini. Ebbene, no, entrambe sembravano ugualmente stanche, e/o rose dalla tensione. Poco prima dell’intervallo, però, il team del pastificio ha preso quel po’ di sopravvento che bastava per costringere il Geas all’ennesima rincorsa, che dopo aver dato l’impressione di potersi compiere, è sfociata invece in un esaurimento totale delle batterie e quindi nella resa.
- Il catino di Campobasso ribolle ancor più di sette giorni prima; è uno sfarfallio di bandiere e di colori, di suoni e di sapori. Mossa a sorpresa di Zanotti in avvio:
Begic (benino in G1 ma opaca in G2) in quintetto al posto di Trucco. Obiettivo, immagino, qualche punto in più dentro l’area, per non legarsi troppo a quelli di Moore, cui le molisane sembrano ormai aver trovato l’antidoto. L’idea dà frutti, con la lunga croata autrice di 8 punti nel 1° quarto, anche se l’allunguccio ospite a +5 è subito rintuzzato dalle padrone di casa (
14-15 al 10').
L'equilibrio continua per la maggior parte del 2° periodo (25-24 a -2'30"): Campobasso è più precisa al tiro ma perde troppi palloni (bel lavoro di Panzera su Quinonez, top scorer di gara-1); il Geas ne ricava quindi un vantaggio nei possessi ma non riesce a rompere il ghiaccio da 3 (0/8 a metà gara). La prima a interrompere la stitichezza generale con uno sprazzo di continuità è la squadra di casa con un 8-2 a ridosso dell'intervallo, autrici Mistinova, “core ’ngrato” Kacerik con un’entrata e Morrison con due liberi allo scadere:
33-26 al 20'.
- Nella ripresa s'aggrava la siccità degli attacchi, diventando desertica. Il parziale dell’intera seconda metà gara sarà 18-15. In 8 minuti l'Allianz cava appena 2 punti, Campobasso non fa molto meglio ma una tripla di Dedic vale il massimo vantaggio (
39-28 al 28'). Un +11 in queste condizioni vale quasi un +20. Il Geas s’aggrappa alla consapevolezza d’aver rimontato mille volte, anche quando sembrava morto e sepolto, come in gara-2. Suonano la carica Moore su rimbalzo offensivo e Panzera da 3 in quello che rimarrà l'unico bersaglio sestese dall'arco (39-33 al 30').
L’ultimo quarto è una corrida selvaggia d’errori e lotte nel fango, intervallata da sporadicissimi canestri. il Geas alza il bunker difensivo e, come già in G1 e G2, Campobasso cala di lucidità, spesso non riuscendo nemmeno ad arrivare al tiro. Le rossonere sciupano buone occasioni da 3 per tornare a contatto, ma poi, insistendo, ci riescono con due liberi di Dotto e una "scucchiaiata" (o semigancio, che è più elegante) di
Panzera dal post basso; comunque da applausi sul piano della personalità.
Sul
41-39 a -3'15" sembra nell'aria il sorpasso. Ma ecco il punto di svolta decisivo. Campobasso esce dal tunnel con una tripla di Quinonez - suo unico canestro dopo gli sfracelli in G1 e G2! - e un'entrata in "reverse" di Kunaiyi sulla linea di fondo: è il doppio colpo del k.o. perché il Geas continua a collezionare ferri dall'arco (1/22 il totale della serata, quasi drammatico lo sparalferro finale delle sestesi) e le molisane arrotondano dalla lunetta sino a un
51-41 fin troppo netto.
Si hanno, per le trionfanti, 13 punti di Morrison, 10 di Mistinova, 9 di Dedic; 7 di Trimboli; per le sconfitte, 11 di Begic (ma quasi tutti all’inizio), 11 di Panzera (anche stavolta emersa nel finale), anonime sia Gwathmey (7 con 3/8 anche se 9 rimba) e Moore (6 con 3/7), pochissimo da Trucco, Conti, Wadoux, qualcosa da Dotto ma nulla a che vedere con la super-prova in G1.
- Scatta la festa di un pubblico che non aveva mai raggiunto la semifinale di A1. Incontenibile l'esultanza di coach
Sabatelli, un po' per indole focosa, un po' perché, per uno che"è" la società, non semplicemente "allena" la società, è l'apice di una storia personale prima ancora che professionale. In passato gli saranno fischiate le orecchie per via di chi gli dava dell'inamovibile per grazia di matrimonio (ed è innegabile che essere sposato con la patròn possa dare qualche vantaggio)
ma stavolta ha fatto un lavoro straordinario. Una stagione di grande continuità, a parte una flessione a inizio 2024, da cui però Campobasso ha saputo rilanciarsi benissimo; il tutto con un roster buono ma non eccelso. Ha qualche chance contro Venezia? Difficile; c’è entusiasmo ma sono in 7 già tirate al massimo. Ma tant'è, nessuno potrà rimproverare un'uscita in semifinale.
- Il
Geas, invece, ha forse toccato il picco di condizione proprio in quell’inizio ’24 in cui ha strappato in terra molisana il biglietto per le semifinali di Coppa Italia, ma da fine marzo in avanti è parso in calando di forma (probabilmente ha pagato le fatiche spese nei primi mesi per sopperire alle assenze di Begic e Dotto), senza dimenticare l’infortunio di
Bestagno che, pur tamponato dall’innesto di Wadoux, ha lasciato un vuoto negl’ingranaggi zanottiani. Sesto (S.G.) finisce al sesto (posto), per via dell'eliminazione di Bologna che scala al quinto; ma la sostanza è quella di un obiettivo massimo, che era la semifinale, mancato solo d'un soffio.
Finisce così la carriera di
Giulia Arturi, la bandiera più longeva d'Italia, alla sua ultima apparizione a referto con la maglia che ha indossato per oltre un ventennio. Speriamo in un ripensamento per giocare in qualche categoria minore, foss’anche solo per diletto; ma la storia col Geas si chiude qui.
Edited by meursault - 4/5/2024, 12:47