Cap.218
Un nuovo gemito era sfuggito dalle labbra di Susan mentre Yu si riprendeva il suo corpo con rinnovato vigore. Erano passate due ore da quando l’aveva raggiunta a casa sua e nemmeno un’ora da quando l’aveva fatta sua sul tappeto dell’ingresso. Niente era stato mai così eccitante. Niente tranne quel momento esatto. Aveva deciso di farsi una doccia per rinfrescarsi almeno un po’. Yu era rimasto in soggiorno, ancora completamente nudo, bellissimo. L’aveva osservata raggiungere il bagno restando seduto sul divano con una sigaretta tra le labbra. A quanto sembrava però, aveva deciso di raggiungerla, sorprendendola quando lo sentì arrivarle alle spalle all’interno del vano doccia. Le sue mani erano di nuovo libere di muoversi lungo il suo corpo bagnato. I suoi baci erano prepotenti ma a lei piacevano da impazzire. Gli passò le braccia sulle spalle stringendosi a lui, facendo aderire completamente i loro corpi. Il ragazzo non attese oltre. Le sollevò velocemente una gamba per poter entrare in lei strappandole un mugolio che si perse nella sua bocca.
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Aprendo la porta, Angelica vide Shin che, senza parlare, si precipitò all’interno, lasciandola così, faccia a faccia con Strify. L’espressione sul volto del ragazzo era scura. Non l’aveva mai visto così. Nemmeno quella notte di tre mesi prima a Milano quando, sotto l’effetto di qualche bicchierino di troppo, l’aveva ferita dicendole che per lui, lei non era nessuno. Lo lasciò entrare in casa richiudendo la porta silenziosamente, raggiungendo poi l’amica. Nel soggiorno dei genitori di Aurora erano sistemati due divani posti uno di fronte all’altro, divisi da un tavolino in cristallo. Le due ragazze erano sedute su uno dei divani, i ragazzi sull’altro. Nessuno sembrava avere l’intenzione di parlare. Le due coppie si scrutavano silenziosamente. Dopo una decina di minuti di completo silenzio, Strify scosse la testa. «Ma ti rendi conto che non sapevo dove fossi finita? Mi sono così spaventato da voler chiamare tutti gli ospedali della città!!! Io e Tim siamo usciti di casa e non abbiamo visto la macchina. Ci siamo messi a camminare senza sapere dove andare. Alla fine siamo andati a casa dei tuoi genitori nella speranza che foste andate là» Angelica e Aurora si guardarono sconvolte. Non potevano essere andati là. Non era abbastanza il casino che si era creato? Dovevano per forza averci fatto entrare anche i loro genitori? In quel momento, Angelica esplose. «Proprio tu mi dici questo?? Ma ti rendi conto di come ti sei comportato? Appena siamo entrati in casa, tu e quell’altro..» sbottò riferendosi a Shin «Vi siete chiusi in camera, ci avete trattato malissimo! Non mi hai voluto spiegare che era successo e secondo te io cosa avrei dovuto fare?? Starmene lì in attesa che sua maestà si decidesse ad emergere dalla camera e a rivolgermi la parola? Stai scherzando spero!!! Non esiste Sebastian, non esiste che tu possa trattarmi in questo modo!» Il ragazzo si era zittito all’istante. Lei non aveva mai reagito così, mai. «E poi.. perché avete dovuto coinvolgere i nostri genitori???? Cristo Seb!!! Non ci sono già abbastanza problemi? Anche loro dovevate aggiungere alla lista. Ah ma questo casino ve lo risolvete da soli. Voi l’avete creato e voi lo sistemate! Adesso andiamo a casa» Shin tentò di parlare ma Aurora lo bloccò immediatamente. «Non ti azzardare. Non farlo. Non pensarlo nemmeno. A casa, io e te, faremo un bel discorsetto»
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«Scusa» mormorò alla ragazza raggomitolata nel grande letto della sua stanza. Angelica sollevò lo sguardo per incontrare il suo e scosse la testa. «No Seb. Non puoi chiedermi scusa in questo modo tutte le volte che succede qualcosa. Non è così che funziona. Non puoi sperare che con due moine tutto passi. Mi hai ferita lo sai? Da quando non parli con me? Da quando mi tieni nascoste le cose?» Strify non sapeva cosa dire. Era vero, le aveva nascosto il motivo del suo comportamento. «Sai.. mi ha chiamato Hannes oggi. Mi ha chiesto, anzi pregato, di raggiungerlo, di andare da lui» Il ragazzo rimase in silenzio, in attesa che continuasse. «Io queste cose te le dico» Strify allungò il braccio per poterle prendere la mano ma Angelica non gli diede il modo di farlo. «Voglio stare da sola per un po’» mormorò fredda come il ghiaccio. Il ragazzo annuì appena alzandosi. Le lanciò un ultimo sguardo che lei non ricambiò e poi uscì dalla stanza. Esattamente mezzo secondo dopo, qualcuno busso alla porta della camera. «Angy posso entrare?» La risposta, naturalmente, era sì. Aurora poteva. Erano insieme in quel casino. «Ehi.. tutto okay?» Angelica scosse la testa amareggiata per tutta quella situazione. «Stavo pensando che dev’essere successo qualcosa con Kristian» Aurora la guardò interrogativamente. «Insomma.. era al telefono con lui prima che decidessero di trasformarsi nei signori degli stronzi» Senza pensarci un secondo di più, incurante dell’ora, la ragazza afferrò il cellulare. Doveva capire che fosse successo.
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Non riusciva ancora a credere alle parole del padre di Sofia. Perché non gli dava nemmeno il beneficio del dubbio? Perché non poteva fidarsi del giudizio di sua figlia? Il suono del cellulare gli diede speranza. Non controllò nemmeno il display. [Sofy!] La voce all’altro capo del telefono lo irrigidì. [No, sono Angelica] Il tono della ragazza non prometteva niente di buono. [Kri che è successo oggi pomeriggio con Seb?] Il ragazzo fece finta di non capire. [Di che parli?] Aurora strappò dalle mani dell’amica il telefono. Questo era troppo anche per lei. [Non fare l’innocentino Kristian. Da quando Seb ha parlato con te al telefono qui è scoppiato il finimondo!] Il ragazzo assunse un tono saccente. [E tu che ne sai che è colpa mia?] A quel punto, Angelica riprese il telefono. [Andiamo Kri, non raccontare cazzate. Che vi siete detti?] Kiro non rispose alla domanda. [Fattelo dire da lui no? Perché stai qui a chiederlo a me? Non parlate più voi due?] Se solo lo avesse avuto a portata di mano lo avrebbe senz’altro strangolato. Dopo tutto quello che era successo, dopo che era riuscita a fargli avere una tregua col suo migliore amico, lui si stava comportando nuovamente da ragazzino arrogante. Lasciandolo senza risposta, chiuse la chiamata. Kiro rimase a fissare il cellulare stupito da quella reazione. Forse aveva esagerato ma, in fondo, se Strify se l’era presa tanto per quello che gli aveva detto al telefono, non era colpa sua.
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